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Il caso

Se il Tartufo Bianco d’Alba viene dalla Croazia

16 Gennaio 2018
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Ero nervoso quel pomeriggio. Tanto. Era la prima volta che sarebbe venuta a casa mia. Oddio, avrò fatto bene le pulizie? Si accorgerà che c'è una lieve crepa nello sportello della credenza? E cosa le preparo da mangiare? 

Devo stupirla… Preparo un risotto. No, ma nemmeno per idea. E se sbaglio cottura? E se viene scotto? E se non lo faccio “all'onda”? Meglio la pasta. Sì, scelgo la pasta. Ma cosa? Pesce… Crostacei. Gamberi: già visti. Scampi: idem. Capesante: rischio. Frutti di mare: mi sa di trattoria di serie B. Ho capito cambio menu: scelgo il tartufo. D'altronde io adoro il tartufo. Sì, ok è deciso: tagliolini al tartufo bianco d'Alba. Ora devo solo trovare il tartufo bianco. Qualche telefonata. E' difficile. Ce n'è poco e costa tanto. Molto. Anche 500 euro per cento grammi. Non fa niente. Potrebbe essere la donna della mia vita: me ne servono 30 grammi. 150 euro. Non fare il tirchio come al tuo solito. I soldi vanno e vengono. Sì, ok lo prenoto. Passo più tardi. Devo prelevare al bancomat. Prima di andare controllo la mail. Poi un giro per i giornali online. Leggo anche la stampa estera. Un “vizio” che mi porto dietro da tanti anni. Capito nel sito della Bbc. Vengo attirato dalla parola “truffle” che vuol dire tartufo. Cavolo, un segno del destino. “La verità sui tartufi bianchi italiani”. Si intitola così. Guardo il video. Il servizio è di un collega: si chiama David Farley. La tocca piano: la maggior parte dei tartufi bianchi d'Alba provengono dall'Istria in Croazia. Non ci credo, dico. Ma continuo a leggere. E bla bla bla, lo dice Tizio, lo segue Sempronio. Poi arriva uno dei commercianti più importanti di tartufi della zona, tale Giancarlo Zigante che ha trovato un tartufo da 1,3 chili. Tartufo che è entrato nel libro dei record come “Tartufo bianco più grande della storia di Alba”. Peccato che sia stato ritrovato a centinaia e centinaia di chilometri di distanza. O santo cielo, mi dico. Allora c'è la classica truffa all'italiana.

La Bbc spiega la storia. Ai croati il tartufo non piaceva: fa puzza e viene dato in pasto ai maiali. Qualcuno però si accorge che si possono fare affari di un certo tipo e inizia una commercializzazione. D'altronde in Croazia si comprano tipo a 1 e si rivendono a 100. Un affare. E poi dei “poveri” italiani che sborsano anche 500 euro per un etto, chissenefrega. Replica Mauro Carbone, direttore del centro studi tartufo: “Non c'è nulla di nuovo”. Ma come, mi chiedo? Compro un tartufo d'Alba credendo che sia italiano, e invece viene dall'ex Jugoslavia? Niente di razzista, per carità. Ma io quel tartufo lo sto comprando a 500 euro all'etto. Carbone dice che “Tartufo Bianco d'Alba” non vuol dire che quel tartufo è piemontese, ma che quello è un tartufo Tuber Magnatum Pico. Non mi ha convinto, in realtà. Riemerge il classico problema dei tartufi: la mancanza di tracciabilità. La Croazia è il centro maggiore di commercializzazione dei tartufi. Che poi arrivano anche in Italia e vengono venduti, negli anni come questo dove ce ne sono pochi, anche a 500 euro l'etto. Mi cade un mito. Non ho più voglia di tagliolini al tartufo bianco d'Alba. Chiamo il mio negoziante di fiducia. Disdico il tartufo. Stasera la mia lei dovrà accontentarsi di spaghetti aglio, olio e peperoncino. 

G.V.