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Il personaggio

Il mondo sconosciuto dei fermentati. Lorenzo Ruta: “Pronto a stupire con nuovi sapori”

29 Novembre 2021
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di Giorgio Vaiana, Modica

Lorenzo Ruta, chef del ristorante Taverna Migliore a Modica in provincia di Ragusa, ha un arduo compito. Quello di guidarci ad esplorare nuovi sapori: i fermentati.

E se, come noi, eravate scettici e pensavate che i fermentati sapessero tutti un po’ di cetriolino, beh, c’è tempo per ricredervi. Com’è successo a noi. Ruta ha voluto organizzare una giornata dedicata a questo mondo, quello dei fermentati che, pian piano sta sempre prendendo campo. Non più solo nelle cucine del Nord Europa. O in quelle australiane. Fu, infatti, lo chef Josh Niland al Saint Peter di Sidney a stupire il mondo intero: lui frollava il pesce. Una cosa normale per la carne. Ma lo chef l’applicava al pesce. E stiamo parlando di un episodio avvenuto cinque anni fa. Ruta, come tutti i suoi colleghi, si trovava “bloccato” a causa della pandemia. Siamo a marzo del 2020. Non riesce a stare con le mani in mano e con Accursio Craparo, chef una stella Michelin a Modica, decide di organizzare un corso per fermentati riservato agli chef. Cinque giorni di full immersion tra frollature, ph, umidità e batteri. A tenere le lezioni, un vero guru dell’arte della fermentazione, Carlo Nesler, nato e cresciuto a Bolzano, creatore di CibOfficina e che insegna ai cuochi le corrette procedure da tenere per fermentare nella maniera corretta ed evitare non solo che il cibo fermentato vada a male, ma anche che sia salubre e quindi non pericoloso per il cliente. “Non si scherza con queste cose – spiega lo chef in una masterclass tenuta nel suo locale per pochissimi giornalisti – Io faccio analisi su analisi tutti i gioni sui miei prodotti, che riultano sempre salubri e atti al consumo. In attesa di inaugurare una sala dedicata, con temperatura e umidità controllati ed esami in real time, questa è l’unica scelta che ho per portare a tavola cibi perfetti”.

Dopo le lezioni, però, per Ruta è il momento di passare alla pratica. “Ho iniziato con le verdure – racconta – ma la parte più divertente è stata la realizzazione delle spore, del koji, con l’applicazione nelle carni e nel pesce”. Un “sugo”, possiamo definirlo che viene disidratato e poi frullato. Si ottiene una polvere dal colore verde che poi viene applicato alla carne e al pesce. “La pulizia delle carni e del pesce deve essere super accurata – dice Ruta – Anche un minimo errore può fare andare a male l’intero pesce o tocco di carne”. Lampuga, cernia, ricciola sono i pesci più usati: “Servono pesci di grose dimensioni – dice – e che abbiano lottato a lungo prima di finire sulle barche. A noi servono pesci che abbiano i muscoli contratti. Abbiamo fatto decine e decine di esperimenti, prima di comprendere alcuni errori che facevamo. Adesso, però, siamo arrivati a dei buoni risultati”. Il pesce viene frollato per una ventina di giorni. “Al massimo ci siamo spinti fino a 33 giorni – dice lo chef – Ma siamo andati davvero troppo avanti ed era rimasto davvero poco da consumare”. Il pesce frollato perde naturalmente molto peso. Anche il 30 per cento. Maiale, agnello e manzo, invece, sono le carni sottoposte a fermentazione. Il risultato? Davvero indescrivibile. Ma non stiamo parlando di profumi che, per i pesci sono quasi neutri e per le carni, invece, ricordano quello dei salumi. La differenza sta nelle consistenze e nei sapori poi nei piatti. “Per non parlare, poi, dei benefici a livello nutrizionale e salutistico degli alimenti trasformati – spiega lo chef – Quello che desidero come chef è cucinare non solo per passione, ma anche in qualità di professionista capace di creare piatti che tengano conto del fattore etico della salubrità e del benessere del cliente. La filosofia resta quella di sempre: avere tra le mani un prodotto, trasformarlo senza stravolgerlo e, grazie all’applicazione di alcune tecniche, esaltarne sempre di più il sapore, il colore e il profumo. Con le fermentazioni tutto questo è possibile e viene accentuato in modo importante. La finalità è essere sempre più sostenibile, sempre più legato al territorio e alle materie prime”. Le fermentazioni non sono poi così distanti dalle tecniche contadine di conservazione dei cibi: basti pensare a quella sotto-sale. “Non stiamo facendo altro che affinare queste tecniche e poi estenderle ad altri prodotti – dice Ruta – ma mantenendo un filo di continuità con la tradizione”.

(L’antipasto all’italiana)

Poi, come detto, una cena per provare i fermentati. Si parte con un antipasto all’italiana: geniale il mini-burrito con spuma di mortadella, il panino fritto con carne di maiale fermentata, la finta oliva all’ascolana e un assaggio di verdure. Si prosegue con il cuore di lattuga arrosto, con agnello e coniglio fermentati e miso di fichi e il piatto più buono della serata, a nostro giudizio: il Pesce “maturo”… ma crudo. Un piatto che serve a comprendere quante possibilità ci siano nelle frollature del pesce e l’universo dei sapori ancora da scoprire e da far scoprire ai clienti che ancora ci sono. Spaghetti con fondo di pesce maturo come primo e petto di germano arrosto, con salsa di kōji e cioccolato bean to bar dell’Antica Dolceria Bonajuto come secondo. In abbinamento i vini della cantina Marilina di Noto. Un viaggio nei fermentati va fatto almeno una volta. Intanto lo chef Ruta, nella sua Taverna Migliore, inserisce qualche piatto nei suoi menu degustazione. Per stupire il cliente e per fargli provare queste novità. Ma sta già immaginando un menu-degustazione tutto dedicato ai fermentati. Funzionarà? “Chi ha provato questi piatti me li chiede spesso – conclude lo chef – Penso che siamo solo all’inizio, ma la strada mi sembra quella corretta”.