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Il personaggio

“Sono Flavio Sacco, il fermentatore”

01 Dicembre 2022
Flavio Sacco Flavio Sacco

di Clara Minissale

Il mondo dei batteri per lui non ha segreti.

Un po’ per la naturale inclinazione che gli deriva dalla sua formazione di biologo, un po’ perché negli anni ha imparato ad apprezzare il lavoro che questi microrganismi svolgono per la vita di ogni essere umano. Flavio Sacco crede fermamente che i microbi siano una parte necessaria e bella della vita di tutti i giorni, fondamentali per una sana e corretta alimentazione, oggetto di studio costante, protagonisti principali del suo lavoro: il fermentatore. Classe 1982, nato a Il Cairo, in Egitto, dove la sua famiglia giramondo si trovava per lavoro, Sacco oggi vive e lavora a Pieve di Cento, in provincia di Bologna, dove ha fondato Life, Laboratorio italiano fermentati e la Fermenters Academy. La prima è l’azienda produttrice di una linea di verdure biologiche fermentate naturalmente dai batteri lattici. “La fermentazione naturale, sapientemente controllata da biologi fermentatori, rende possibile la conservazione delle verdure, amplificano il sapore e rendendole piacevolmente acide, più delicate di un sottaceto e migliorandone notevolmente le proprietà, grazie alla grande quantità di fermenti vivi presenti”, spiegano nel sito. La Fermenters Academy, invece, è la prima scuola di fermentazione on line che aiuta a superare le paure dei microrganismi e i tentativi falliti, imparando tutti i segreti delle fermentazioni.

“Ho sempre lavorato nel mondo della ristorazione – racconta Sacco – e il cibo è sempre stato la mia grande passione. Dopo gli studi in biologia ho iniziato però a guardare le cose in maniera un po’ diversa. Per il lavoro di mio papà all’Eni ho viaggiato molto, incontrando sulla mia strada alimenti fermentati senza averne consapevolezza. La materia mi ha appassionato moltissimo ma nel 2015, quando ho iniziato a formarmi, in Italia c’era pochissimo su questo tema e così ho iniziato io a divulgarlo. Nel 2018 è diventato un lavoro a tutti gli effetti con l’organizzazione del mio primo corso, al quale ho lavorato per circa un anno”. L’argomento ha suscitato subito un grosso interesse e da allora Flavio non si è più fermato. Nel 2019 ha iniziato a lavorare sulla produzione e distribuzione di alimenti fermentati, portando avanti parallelamente l’impegno universitario in gestione e tutela ambientale. Un intreccio virtuoso che ha come unico obiettivo la tutela della biodiversità. “Lavorare sulle fermentazioni spontanee – spiega Sacco – permette di avere un alto tasso di microorganismi, un ecosistema in miniatura che è un cardine della gastronomia. Un alimento fermentato non è altro che un alimento trasformato dai microrganismi come il pane, formaggi e salumi, vino e birra con i quali abbiamo a che fare ogni giorno. Anche fare in casa le olive in salamoia è fare una fermentazione, ma a questo nessuno pensa perché è un procedimento ormai consolidato. Ciò che ci sta a cuore è cambiare il paradigma dell’alimentazione sana e salutare, riportare in auge alimenti fermentati ricchi di microrganismi importanti per la nostra salute. Ribilanciare anche la deriva igienista nata con l’industrializzazione degli alimenti. Senza considerare il fatto che le fermentazioni consentono di conservare cibi senza spendere cifre importanti sulle materie prime”.

E se è vero che gusto e commestibilità sono questioni meramente culturali, è vero anche che possono essere educati attraverso lo studio e la conoscenza. “Noi stiamo esplorando tanto – ammette Sacco, noto sui social come fermentalista – e se su base vegetale non ci sono difficoltà, sul cibo animale ci sono più limitazioni e qualche parametro in più da tenere presente. Oggi il nostro mercato di riferimento è principalmente quello bio che è più ricettivo rispetto alle tematiche della fermentazione. Quello che posso dire con certezza è che è un mercato che si sta evolvendo velocemente e che, in un paio di anni al massimo, vedremo prodotti fermentati anche nella grande distribuzione”. Intanto, tra i clienti principali di Flavio, ci sono gli chef, molto interessati ad imparare le tecniche di fermentazione da poter applicare poi ai loro piatti. Ma non solo. “Le fermentazioni danno anche la possibilità di ridurre gli scarti dei vegetali e per le carni, consentono di poter sviluppare enzimi che rendono più morbide parti che normalmente non vengono consumate per la loro consistenza, permettendo così di poter utilizzare gran parte dell’animale, riducendone gli abbattimenti”. Anche il mondo dei gelati e quello del caffè sono parecchio interessati al lavoro dei microrganismi per sperimentare nuove frontiere del gusto. “La nostra sfida più grande, adesso – conclude Sacco – è quella di fare passare tutte queste informazioni perché si capisca che fermentare è dare nuova vita”.