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L'intervista

Il debutto di Terre del Veio, parla Daniele Lizza: “Doc Roma? No e vi spiego perché”

12 Maggio 2017
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L'intervista al responsabile marketing del nuovo progetto che prevede la produzione di sette nuove etichette nel Lazio. E racconta anche la sua passata esperienza all'azienda Gelso della Valchetta

di Fabiola Pulieri

Dopo oltre un anno di lavoro, progettazione, proposte, studio, contatti, ricerca e attenzione al minimo dettaglio, è partito finalmente il conto alla rovescia per la commercializzazione di un progetto giovane, interessante e rivoluzionario: i vini di Terre del Veio. 

Sette etichette (3 rossi, 3 bianchi e 1 moscato) che da lunedì 15 maggio saranno ufficialmente sul mercato italiano ed estero. A raccontarcelo è Daniele Lizza, 36 anni, giovanissimo ed entusiasta responsabile marketing del progetto.

Come è nato questo progetto “Terre del Veio”?
“Un anno e mezzo fa, a Roma, zona nord, sono capitato per caso in un terreno con un'azienda agricola e vitivinicola che produceva vino, ma non lo aveva mai veramente valorizzato. Mi sono innamorato immediatamente del luogo e si è creata da subito una grande empatia con il proprietario, Paolo David, che da oltre vent'anni si occupava dell'azienda proseguendo il lavoro che altri venticinque anni prima aveva iniziato il suocero. L'idea è stata folgorante: terreno vulcanico, vitigni autoctoni, piante di mezzo secolo, tanta storia e tanto entusiasmo. Era la ricetta perfetta per un vino dalle grandi potenzialità che fosse in grado di raccontare ed esprimere l'essenza di un territorio”. 

E cosa ha deciso di fare? Chi ha coinvolto?
Dalla teoria alla realizzazione concreta sono passati tanti mesi, ma quel vino dovevamo provare ad imbottigliarlo e a seguirne la crescita. Ci siamo uniti in un progetto comune e ci siamo avvalsi di nuove collaborazioni. L'enologo che sta curando il progetto e seguendo l'esecuzione è Lorenzo Costantini, attento conoscitore del territorio e dei vitigni laziali. Le vigne invece ha continuato a lavorarle, come ha sempre fatto, Paolo David, che non ha mai usato prodotti chimici o mezzi meccanici e ancora oggi usa le mani e la zappa. E' stato un lavoro di riprogrammazione e di studio certosino, che ha richiesto molti mesi e molta attenzione anche per via della burocrazia, essendo la zona legata a vincoli paesaggistici e archeologici. Siamo all’interno del Parco di Veio, poco lontano dal ritrovamento del più antico luogo di sepoltura etrusco dipinto “Leoni Ruggenti” risalente al 700 a.c.. 

Quanto è grande l'azienda?
“L'azienda è 14 ettari, sorge su terreno in parte argilloso, in parte vulcanico, siamo a Roma nord non troppo distanti da Martignano. Oltre al vino si producono ortaggi, olio e frutta. Ci sono le arnie e una nutrita colonia di api e tra i vitigni cinquantenari ci sono piante di Bombino, uva bianca tanto usata ma anche tanto sottovalutata, che ha invece molte potenzialità, e di Violone, uva rosso rubino molto diffusa nel viterbese”.

Lunedì prossimo finalmente la commercializzazione, perché c'è voluto così tanto?
“Innanzitutto questo progetto è completamente nuovo rispetto al passato. E' stata intenzione comune quella di valorizzare il vino, le sue potenzialità e il territorio straordinario in cui si sviluppa. Era importante ripartire da zero e ricreare qualcosa che fosse davvero un nuovo inizio, l'enologo ha dovuto studiare e fare in modo di esaltare le potenzialità dei vitigni. Tutto, perché fosse fatto bene, ha richiesto tempo, basti pensare che tra permessi, disegni e approvazioni, ci sono voluti sei mesi solo per avere le etichette. Tra l'altro l'importanza di queste ultime è legata a doppio filo al vino stesso, perché ne sono espressione totale: il territorio, la storia, l'azienda e il vitigno. In una delle etichette, per esempio, sono presenti i “Leoni Ruggenti” e ognuna di esse è una sorta di libro che si sfoglia, racconta la storia e valorizza i luoghi di appartenenza del vino”. 

Questi vini faranno parte della Doc Roma?
“No, non ne faremo parte per scelta. Ci sembra giusto lasciare che questi vini siano legati al Parco di Veio e non solo alla città di Roma. E' vero che all'estero è più facile identificare la provenienza con il nome di una delle città più belle del mondo, ma ne trova giovamento chi non ha un territorio da valorizzare. Nel nostro caso ciò che vogliamo sia più evidente è il territorio unico e ricco di storia, dai tempi degli Etruschi, che è la zona del Parco di Veio. Tra l'altro i nostri vini, proprio grazie alla collaborazione con la Sovrintendenza ai beni culturali e archeologici, saranno esposti in tutti i musei del mondo in cui sono presenti opere etrusche e questo ci rende davvero orgogliosi e felici di valorizzare il nostro territorio attraverso il vino e di portarlo in giro per il mondo e farlo conoscere insieme alla nostra storia”. 

Il lancio sul mercato è quindi internazionale e non solo italiano?
“Sì, nell'ultimo anno mi sono dedicato personalmente alla commercializzazione fatta sulla base di una prevendita, in Italia e all'estero. Abbiamo clienti già in Australia e Belgio, ma anche in America del Sud e Stati Uniti. In Italia il nostro primo mercato è nel Lazio e a Roma, molte enoteche e ristoranti. Ho giocato in casa”.

Ma i romani, che sono tra i primi bevitori di vino in Italia, che cosa bevono?
“Bella domanda. Innanzitutto partiamo dal fatto che mentre gli stranieri sono più esigenti in fatto di bere e sono più informati, studiano, si documentano su vitigni, vini, territori ed etichette, gli italiani peccano un po' di presunzione e spesso non sanno realmente cosa bevono, ma ultimamente sono cambiati. In tantissimi ristoranti comincia ad essere sempre più presente un'ottima carta dei vini, ricca e divisa per regioni e territori regionali. A questo proposito i vini laziali stanno prendendo sempre più piede perché stanno crescendo, migliorano di anno in anno sia nella scelta che nella qualità e stanno cominciando a insinuarsi seriamente nel mercato internazionale. Questo non può che farmi felice, visto il lavoro che faccio”.

A proposito del suo lavoro, è giovanissimo, ma hai già tante esperienze come responsabile commerciale, tra cui quella dell'azienda Gelso della Valchetta giusto?
“Sì, quella per l'azienda Gelso della Valchetta è stata una bellissima esperienza terminata da poco che mi ha dato grandi soddisfazioni personali e professionali. Sono legato alla famiglia Caldani come fosse la mia. Abbiamo fatto un bellissimo percorso insieme e siamo arrivati a raddoppiare i target di produzione previsti, anche se per me ad un certo unto è arrivato il momento di un percorso nuovo”.

Previsioni e obiettivi per questo “percorso nuovo” etichettato Terre del Veio?
“Siamo partiti quest'anno, quello che io chiamo “anno zero”, con sette etichette, di cui 3 bianchi, 3 rossi e un moscato vinificato secco, di cui abbiamo fatto 3.600 bottiglie, per un totale di circa 35.000/40.000 bottiglie e l'obiettivo è arrivare, nei prossimi cinque anni, a 70.000/80.000 bottiglie cioè raddoppiare! Un obiettivo ambizioso? Forse, ma in questo caso le potenzialità ci sono tutte e noi abbiamo intenzione di sfruttarle al massimo”.