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L'intervista

Corfilac, Giuseppe Licitra ritorna presidente. “I formaggi siciliani? Grande futuro, ma…”

22 Gennaio 2021
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Giuseppe Licitra è tornato. È tornato al Corfilac di Ragusa. È tornato a fare il presidente del consorzio di ricerca per la filiera lattiero casearia.

Una lunga definizione per un ente voluto, finanziato e controllato dalla Regione siciliana che ha svolto e svolge una importante funzione al servizio del comparto del latte e dei formaggi. Licitra, che è anche docente universitario a Catania, è stato presidente del Corfilac dal 1997 al 2013. E adesso ha avuto un mandato fino alla fine del 2024. Per usare un eufemismo diciamo che l’abnegazione per il suo ruolo al Corfilac ha catalputato Licitra in un percorso tortuoso in questi anni recenti. Lui, intervistato al telefono subito dopo la sua nomina, si schermisce. E spiega che vuole parlare solo ricorrendo a verbi declinati al futuro. Al massimo, al tempo presente. Niente passato. Si guarda avanti. Licitra ritrova un consorzio con una trentina di dipendenti, con un lavoro di certificazione (il via libera alla marchiatura, per intenderci) collaudato sui formaggi Dop quali il Pecorino Siciliano, il Ragusano e, new entry, il Piacentinu che prima veniva certificato dall’Istituto Zooprofilattico Siciliano. Nel cda assieme a Licitra c’è Ignazio Nicastro, in rappresentanza del comune di Ragusa (è il vice presidente) e poi Cherubino Leonardi in rappresentanza dell’università di Catania, docente all’ateneo etneo ed esperto di orticoltura. Il Corfilac ora dovrà gestire anche l’Asca, altro ente regionale sorto ad Ispica oltre una dozzina di anni fa e deputato a svolgere la certificazioni e le analisi su ortaggi e frutta. Ma bisognerà trovare le risorse. È un capitolo tutto da scrivere. Qui ci è invece utile capire come stanno i formaggi siciliani. Quali criticità e quali prospettive, soprattutto. Licitra potrà tracciare la linea.

(La sede del Corfilac)

La nostra sensazione è quella di una filiera, quella del latte e dei formaggi siciliani, che sconta una certa arretratezza, una scarsissima propensione all’export in un momento in cui l’attenzione al cibo italiano é molto alta, una incapacità di fondo ad aggregarsi. Altro che fare sistema. Ma Licitra resta ottimista. E rilancia. “Tra i miei obiettivi – dice – c’è quella di lavorare per ottenere il marchio Dop per il Maiorchino (formaggio prodotto nella zona di Novara di Sicilia, ndr), per il Caciocavallo Palermitano e per la ricotta di pecora, quest’ultima un unicum che meriterebbe grande rispetto per storia, tradizione, tecniche di produzione e ricadute economiche”. Continua il presidente del Corfilac: “Le certificazioni sono fondamentali. Ma vanno seguite. Danno valore a un territorio e alla sua storia ed è importante perché i mercati te la riconoscono circa il 25 per cento in più nel valore medio. Ma se la Dop è lasciata a sé stessa non serve a nulla. La Dop è un punto di inizio. Va aiutata e sostenuta“.

L’analisi di Licitra si sposta su tutta la filiera casearia. “Il comparto in Sicilia sta bene, ma stenta ad aumentare la produzione. I valori di mercato sono buoni. Nella Gdo i prezzi sono meno remunerativi. Tuttavia ci si difende. L’export occupa una porzione troppo piccola, non c’è organizzazione nell’offerta. I prossimi due anni saranno fondamentali“. Sulle Dop il discorso è un po’ meno fosco. “Si stanno mantenendo le posizioni acquisite. C’è un futuro, sì. Ma sono fondamentali qualità e certificazione. Se un negozio inglese vuole il formaggio, lo chiede certificato e di alta qualità”. Il discorso si sposta sul concetto di alta qualità. Licitra conosce bene cosa è necessario. “È necessario partire dal rispetto della biodiversità. Animali liberi, al pascolo, attrezzature in legno, processi di caseificazione attenti e accurati, occhio ai processi biologici e niente appiattimenti. Latte e stagionature sono le cose più delicate”. Ed è certo che l’individualismo dei siciliani non aiuta a migliorarsi. Per esempio basti pensare a quanto viene fatto al nord con il Parmigiano Reggiano dove, ricorda Licitra, “le stagionature collettive razionalizzano i processi e riducono i rischi di difetti”. E qui torna il Corfilac. “La ricerca, l’assistenza tecnica, i servizi al comparto caseario sono i nostri obiettivi. Voglio offrire il mio know how al servizio della Sicilia casearia. I miei programmi? Riportare il Corfilac a centro di ricerca internazionale; a sviluppare attività di ricerca e assistenza ai casari siciliani; e poi, se le istituzioni sono d’accordo, avviare tanta formazione soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Siamo al centro del Mediterraneo, non dimentichiamolo”. E conclude: “Io al formaggio ci credo. Con la crisi del latte i cui consumi sono in calo sensibile, la trasformazione è una valida opportunità. E possiamo coinvolgere le nuove generazioni se gli si offre una opportunità economica. Io ci credo”.

F.C.