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L'intervista

Loison, l’uomo che ha portato il panettone in Oceania. “La sfida? Destagionalizzarlo”

18 Dicembre 2020

di Maristella Vita

Gli manca la barba, ma forse le physique du rôle di Babbo Natale potrebbe anche confacergli.

In questi giorni concitati per uno come lui diventato grande producendo panettoni, fare battute sul Natale è facile, anzi no. Quella più ricorrente è, Dario, come vedi il rosso, ovvero il colore principe del Natale? Ma quest’anno dire rosso equivale a lockdown, e per tutti i pasticceri, quindi anche per Dario Loison, che questo novembre al Merano Wine Festival ha visto premiati con i Wine Hunter Award Gold (seconda vittoria consecutiva) il suo Panettone Agrumato e il Pandoro al Caramello salato, è sinonimo di “problemi”, come per tutti noi del resto. E lui spegne il sorriso sulla sua faccia simpatica.

Che Natale sarà quindi questo 2020? Come si potrà rispettare la tradizione?
“Una cosa (forse) è certa: che si rimarrà in casa e quindi si cercherà di creare il clima della festa tra le quattro mura amiche. Anche a tavola. Ed uno degli elementi che fa Natale è il panettone, dolce che in questi anni è diventato veramente nazionale. Anzi internazionale”.

Già, il panettone è ormai conosciuto in tutto il mondo…
“Si, specie quello artigianale di qualità. Sono molti coloro che hanno migliorato in questi anni questo prodotto italiano. Il panettone è ormai un cult, è l’elemento che fa la festa, anche se a me piacerebbe destagionalizzarlo. Da tempo lavoro su abbinamenti dolce-salato in cucina con il panettone protagonista. È un ottimo modo ad esempio per utilizzare le rimanenze di questi giorni”.

Il pasticciere di Costabissara esporta in quasi 60 nazioni fino in Nuova Caledonia (Oceania)…
“Il panettone è cresciuto assieme al Made in Italy, uno stile cercato in tutto il mondo, anche per la cucina. L’abbinamento di questo pane dolce poi con le nostre eccellenze di qualità, lo rende unico e irresistibile. Le possibilità sono infinite: dal Chinotto di Savona (Presidio Slow Food), allo Sciroppo di Rose liguri (Presidio Slow Food), dal Mandarino tardivo di Ciaculli (Presidio Slow Food) alla Liquirizia di Sibari o il Fico della Calabria e le Mandorle di Bari e di Avola”.

E come vede il futuro del settore?
Con la qualità e la passione non ci sono problemi di futuro. Guardi, se c’è un premio a cui tengo molto è quello ricevuto dall’Istituto Filippin, riservato agli ex allievi, con motivazione: “Per aver saputo mantenere… uno sguardo sempre rivolto ai giovani ed alla loro crescita, sia personale che professionale. Nella nostra realtà produttiva, oltre a mia moglie Sonia che cura tutta la parte “sartoriale” di panettoni, anche la confezione, l’occhio, vuole la sua parte, opera anche mio figlio Edoardo, la nostra quarta generazione Loison.”

Solo panettoni?
No di certo, e poi noi veneti abbiamo anche il Pandoro…