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L'intervista

Graziana Grassini, la “regina” del Graticciaia: “Tachis, il mio lavoro e la Puglia del futuro”

13 Giugno 2017
Graziana_Grassini Graziana_Grassini


(Graziana Grassini)

di Annalucia Galeone

“Nei miei vini ci sono il mio sapere, la mia esperienza, la mia curiosità e la mia caparbietà che mi spingono a fare sempre di meglio, a studiare, ad essere sempre, non al passo con i tempi, ma se è possibile, un passo avanti”. 

Ad affermarlo è Graziana Grassini l'enologa italiana più apprezzata e conosciuta al mondo. E' consapevole di avere tantissime responsabilità, ma la passione per la sua professione, le fa superare qualsiasi timore e difficoltà. Una “self-made woman”, una donna che si è fatta da sola, titolare di due laboratori di analisi chimiche e microbiologiche autorizzati dal Ministero delle Politiche Agricole al rilascio delle certificazioni dei vini destinati all’estero e dal Ministero della Sanità ai fini dell’autocontrollo alimentare e consulente di importanti aziende toscane, umbre, siciliane e pugliesi. Fortemente determinata, senza alcun indugio ha preso in mano testimoni prestigiosi e scottanti sostituendo due grandi figure: il compianto Giacomo Tachis al fianco del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta e Severino Garofano.

“Nel 1997 ebbi la fortuna di assaggiare il Graticciaia ad una cena organizzata in occasione del Vinitaly dall'importatore americano che commercializzava anche il vino di un'azienda mia assistita – racconta – Manifestai ad alta voce l'apprezzamento per quel vino, dal profumo così complesso ed intrigante, dal sapore ricco e profondo e questo incuriosì l'ex direttore dell'azienda Donato Lazzari che mi avvicinò per conoscermi. Il giorno dopo feci visita allo stand e conobbi le proprietarie, Teresa e Vittoria Vallone. Fin da subito ci trovammo in sintonia. Rimasi folgorata dalle foto degli alberelli, ricordo ancora il grande album che le conteneva. Tanta era la curiosità che in estate andai a visitare l'azienda. Poi il silenzio durato dieci anni. A giugno 2007 fui invitata a ritornare; qualcosa stava cambiando. Severino Garofano voleva dedicarsi completamente alla sua cantina, così, di comune accordo con la proprietà, decise di ritirarsi. La vendemmia 2007 ha segnato il passaggio. Si temeva un cambiamento nello stile, sapevo di essere sotto i riflettori dei critici, degli appassionati e dell'azienda stessa. Conoscevo bene le caratteristiche e facendo molto attenzione ai minimi particolari, senza lasciare nulla al caso e tenendo in considerazione l'esperienza maturata dal personale della cantina e dei vigneti, ho potuto preservare le caratteristiche organolettiche del Graticciaia”. 

Il ricordo del Maestro Tachis non l'abbandona mai. “Il vino si fa in vigna, noi enologi lo possiamo solo sciupare – rammenta la Grassini – E' la vite, il terreno, il microclima che fanno la differenza. In cantina è sufficiente essere preparati, avere la giusta tecnologia per far esprimere al meglio ciò che l'uva porta in sé. La Puglia è una grandissima realtà enoica, grazie alle caratteristiche legate al clima, al tipo di suolo, alla vocazione, ai vitigni autoctoni di cui è dotata e grazie soprattutto ai viticoltori che ci hanno creduto e l'hanno saputa valorizzare. Agricole Vallone è uno di questi”.

Di recente sono stati presentati i due nuovi vini di Agricole Vallone: Susumaniello Rosé Tenuta Serranova e il rosso Ottavianello di Ostuni. Il rosato di ispirazione francese, soprattutto per il colore tenue, è diverso dai rosati pugliesi tradizionali. Al profumo ed al sapore, il Susumaniello è un'esplosione di freschezza, ricco di note floreali, fruttate ed eleganti. Si accompagna ad antipasti e primi in genere, pesce in umido, bollito, carni bianche, formaggi molli e semistagionati. L'Ottavianello di Ostuni segue lo stile suggerito dal disciplinare pensato per un vino immediato, fresco e facile da bere. Ottimo come aperitivo e con piatti a base di pesce, crostacei e molluschi. 

Quali vini ama degustare?
“Non ho preferenze relativamente ai vini delle aziende a cui faccio consulenza, sono tutti come dei figli. Amo i vini che parlano di sé, della loro storia, che con il loro modo di essere si rendono riconoscibili sia per la loro provenienza, cioè per il territorio a cui appartengono, sia per la loro genetica, cioè per il vitigno che rappresentano”.

Quale sarà il vino del domani?
“Al momento non vedo cambiamenti rispetto all'affermazione di vini eleganti e bevibili. Probabilmente, alla luce del fatto che si sta cavalcando l'onda dei prodotti biologici e sostenibili, intravedo la possibilità che le nuove generazioni diano spazio ai vini più vicini alla natuarilità e alla semplicità”.