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L'intervista

Oscar Farinetti: col 2022 fuori da un bunker. Nel mio futuro? Sempre più vino, e sull’Italia…

02 Gennaio 2023
Oscar Farinetti - ph Vincenzo Ganci Oscar Farinetti - ph Vincenzo Ganci

Per Oscar Farinetti, il baffo più famoso dell’imprenditoria di successo made in Italy, il 2022 è “l’anno dell’uscita dal bunker”.

Quasi un dantesco uscire a rivedere le stelle dopo un lungo viaggio senza respiro lungo l’itinerario dell’incertezza. Lui, principe degli ottimisti, piemontese di Alba, è un tipo pragmatico. Gli piace parlare, gli piace piacere, ma a un certo punto testa bassa e pugni serrati quando c’è da lavorare, quando c’è da andare. “Siamo venuti fuori e dobbiamo fare robe nuove. Quando stai un anno e mezzo in un bunker trovi tutto nuovo, quello che c’era non c’è più, è tutto vecchio”.

Anche per questo la sua famiglia ha venduto la maggioranza di Eataly (la catena di cibi d’alta gamma)?
“In realtà forse anche perché è giusto cambiare. Ma in questo casi restiamo col 22% delle quote dentro, mio figlio fa il presidente, abbiamo trovato un amministratore delegato (Andrea Cipolloni, ndr) molto bravo. Ora c’è una liquidità enorme con cui la società può fare grandi cose. Siamo molto contenti”.

E lei cosa farà?
“La famiglia ha un indirizzo preciso: il vino. Undici cantine, produciamo 11 milioni di bottiglie, tutto biologico, 140 milioni di fatturato. Ma vogliamo crescere. Abbiamo investito dal Piemonte al Friuli, dalla Toscana alla Sicilia, Etna in particolare”.

Non teme che questa storia del vino prima o poi possa riservare brutte sorprese?
“Il mercato di rossi e bianchi nel mondo vale 70 miliardi. Un fatturato piccolo tutto sommato. Tenga conto che la Coca Cola da sola fa 110 miliardi e la birra 500. Ma, c’è un ma. Il vino resta al momento fuori dalle tavole di quattro quinti del mondo. Gli arabi non lo bevono, in Africa nemmeno, molti paesi dell’Asia sono residuali. Stanno iniziando, però. Se questo è vero, se cioè il vino è destinato a diffondersi, l’Italia, essendo il secondo produttore al mondo per valore, farà i soldi”.

Come prepararsi a questa sfida enorme?
“L’identità l’Italia deve prenderla dal suo straordinario territorio. Il futuro è sui grandi vini di qualità, premium e soprattutto biologici. Abbiamo 1.200 vitigni, la Francia 300. Solo la Sicilia, da questo punto di vista, è un continente”.

Lei ha allargato il concetto anche all’agricoltura che potrebbe aumentare sensibilmente fatturato ed esportazioni.
“L’agricoltura italiana è quella più in forma del mondo. Del resto abbiamo una tradizione millenaria, abbiamo inventato l’aratro, il mulino, i sistemi di irrigazione tanto per dire. La filiera dell’ortofrutta non ha rivali dai peperoni di Carmagnola al pomodorino di Pachino. Il nostro grano duro è strepitoso, il migliore che ci sia sulla faccia della terra. Sull’olio d’oliva, poi, non abbiamo rivali. Abbiamo, cioè, fronti sui quali puntare e pieni di futuro”.

Cosa bisogna fare per spingere in questo senso?
“Penso che l’Italia bisogna fosse dichiarata tutta bio. Sarebbe uno spot enorme nel mondo se il governo annunciasse che in tre anni la nostra agricoltura diventa tutta biologica. A livello di marketing ci farebbe raddoppiare le vendite”.

Come giudica il governo Meloni? Il fatto che ci sia una donna alla guida lo giudica un vantaggio?
“Donna, uomo… non è così importante. Importante che sia brava. Abbiamo fatto cinquecento miliardi di euro di esportazioni speriamo che l’Italia non faccia l’errore di diventare sovranista. Siano nati per esportare bellezza, non per chiuderci. Il governo mi pare mediocre, come i precedenti. Si fanno manovre in deficit e questo non va bene, aggrava i nostri problemi”.

Come giudica la politica italiana?
“La garanzia sono gli 8mila sindaci bravi e tenaci. Invece, la politica romana è terrificante. Non fanno politica, fanno la propaganda. Abbiamo una legge elettorale antidemocratica e l’Italia sta muta. Si eleggono tra loro e i cittadini non dicono nulla, non protestano. Del resto siamo quelli che si sono cuccati 20 anni di Mussolini, nel ’38 le leggi razziali”.

Eppure, parlamentari e altissimi esponenti delle istituzioni, in questi giorni hanno festeggiato l’anniversario di fondazione del Movimento sociale italiano. Lei è figlio di un partigiano, che giudizio dà di questa cosa?
“Mi sembra orrenda. Del resto, questa Italia è inferiore a di quella dei nostri padri che hanno fatto la resistenza”.

G.M.