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L'intervista

Vito Catania, Gulfi e il Cerasuolo: “Puntiamo solo su vini che non passamo mai di moda”

10 Febbraio 2017
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(Vito Catania)

Dalla Sicilia alla Francia andata e ritorno. Per Vito Catania uve, vini e terreni hanno fatto sempre parte della sua vita.

Ormai sono trascorsi 22 anni da quando Vito ha ereditato dal padre Raffaele le terre di famiglia. La rivoluzione di Gulfi parte da qui, dall'inizio del lavoro di Vito Catania che intuisce le potenzialità di quella zona in piena Docg e di come Gulfi possa diventare il riferimento, non solo siciliano, per certi vini di classe, eleganza ed unicità. La storia della famiglia Catania è una di quelle comuni a molti siciliani. Dopo la Grande Guerra la famiglia Catania cerca fortune all'estero, a Parigi per la precisione. I terreni acquistati dal padre Raffaele a Chiaramonte servono per dare un sostentamento alla famiglia al suo ritorno in Sicilia. In Francia la famiglia Catania rimane 15 anni. Qui Vito capì che per fare un grande vino bisogna rispettare i dettami francesi, preferendo l'eleganza alla potenza.

Oggi Catania fa la spola tra Chiaramonte e la Lombardia. “Ma la Sicilia mi manca ogni istante”, dice. Nella nostra chiacchierata si intuisce la passione che la famiglia Catania continua a mettere in quelle vigne, curate con tanto amore e sacrifici. “Ci siamo detti sin da subito che avremmo fatto fare a Madre Natura”. E così niente chimica, niente irrigazioni di soccorso, insomma niente che potesse turbare la naturale evoluzione della pianta. Le rese sono bassissime. Fino ad un massimo di 600 grammi per pianta. Enologo è uno dei migliori: Salvo Foti che ha deciso di sposare la causa Gulfi. Ma soprattutto ha virato sulla vite ad alberello: “Per me è l'essenza della vitivinicoltura siciliana – dice Catania – Certo, è difficile da mantenere, è esageratamente costoso, ma i risultati, in bottiglia si vedono. L'alberello, in un clima così estremo, permette di ottenere vini complessi ma di una finezza incredibile. Lo dico sempre ai miei colleghi: puntate sull'alberello”. E Gulfi lo ha fatto: nei suoi vigneti ci sono 500 mila piedi di vigna per una produzione di 220 mila bottiglie. La metà di queste lascia l'Italia. Il fatturato dello scorso anno si è attestato intorno a 1,6 milioni di euro.

Occhi sempre proiettati al futuro per Catania che dice: “Lo sa qual è il nostro problema? Quello che vorremmo ottenere risultati immediatamente, in pochissimo tempo. Invece non è così. Figurarsi in agricoltura. Bisogna pensare al futuro, attendere i risultati nel lungo termine. Quello che abbiamo deciso noi. Oggi lo possiamo dire a distanza di anni: i clienti ci riconoscono il fatto che i nostri vini sono diversi. La cosa ci fa davvero piacere”. Catania è un fiume in piena: “Il vino siciliano sta bene, ma solo quando rispettiamo la tipicità, la cultura dei territori, le sue radici profonde – dice Catania – Il vino siciliano non ha mai goduto di fama internazionale. Ci stavamo nella nostra bella Isola, vendevamo i vini sfusi e non avevamo intenzione di viaggiare per far conoscere le nostre produzioni. Oggi si è capito che bisogna viaggiare per venderlo, ma questo ritardo ci ha fatto perdere terreno dai nostri competitor. E non tutti purtroppo possono permettersi viaggi costosi”. Insomma la promozione dei vini è fondamentale, “anche se significa che bisogna investire dei soldi. E tanti. E non tutti sono disposti a farlo. Perché, e torniamo al discorso di poco fa, tutti vogliono otttenere risultati positivi immediati”: Le fiere sono un buon modo per sponsorizzare i propri vini? “Certo – dice Catania – Dal Prowein al Vinitaly hai occasioni incredibili, perché sono i clienti che vengono da te e non viceversa”.

Poi un suggerimento ai “colleghi” dell'unica Docg siciliana: “Il Cerasuolo sta benissimo, ma dovremmo essere di più, fare squadra. E' un vino che appassiona tutti, facile da bere. Lo dico da tempo: bisogna puntare tutto su questo territorio”. Se l'aeroporto di Comiso ha dato la spinta al turismo della zona (“speriamo che lo lascino aperto”, dice Catania), manca quel pizzico di sana follia per far “decollare” definitivamente la zona. “Qui i turisti rimangono incantati dalle bellezze monunentali e ambientali – dice – Puntare sull'enoturismo è la scelta giusta”. E lui lo ha fatto. Perché da Gulfi, oltre la cantina, si trova un ristorante e un relais. Ma la passione per i vini non si è fermata e Catania ha investito sull'Etna: “Stiamo parlando di altro rispetto al Cerasuolo – dice – Vini molto raffinati, certo, ma difficilissimi da bere. Se dovessi offrire un calice di Etna Rosso o un calice di Cerasuolo alla cieca a dei clienti, sono sicuro che gradirebbero di più quest'ultimo. Due territori diversi”.

Insomma a Vito Catania il Cerasuolo piace tanto, anche se comincia ad avvertire la stanchezza di un progetto che gli è costato tanta fatica: “I miei progetti futuri? Direi con un battuta “muoviti, ma stando fermo” – dice Catania – Dopo un po' ci si stanca e ci si deve fermare per ricaricare le energie”. Chiusura con un simpatico gioco, quello di definire con un solo aggettivo i 4 cru di casa Gulfi: “Premessa, amo tutti i miei vini. E ognuno ha il suo carattere. NeroMaccarj è animalesco; NeroBufaleffj potente ed elegante; NeroBaronj mansueto; NeroSanlorè aristocratico”.

G.V.