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La degustazione

Montalbera produrrà solo vino vegano: “La nostra spremuta di uve”

05 Febbraio 2016
Ruch Ruch


(Ruchè)

di Michele Pizzillo

Parte da Milano il viaggio del vino vegan atteso da consumatori molto esigenti e che di sicuro incontrerà il gusto degli italiani. 

Si tratta del Ruchè di Castagnole Monferrato Docg prodotto dalla società agricola Montalbera di proprietà della famiglia Morando che vive proprio a Castagnole. A Milano, nel tempio dell’alta cucina naturale, il ristorante Joia di Pietro Leeman, il wine producer Franco Morando ha portato con sé Luca Martini, world best sommelier Ais, per guidare una degustazione di tre vini vegan che la sua cantina appena ampliata, ha deciso di produrre per soddisfare sicuramente un consumatore esigente e evoluto ma, anche, per appagare una personale voglia di continuare a fare il vino come natura comanda. Dice Morando: “Non facciamo niente di diverso, visto che seguiamo la politica produttiva di Montalbera che da sempre produce vini senza aggiunta di qualsiasi tipo di corpo estraneo come potrebbero essere le sostanze di origine animale. I nostri vini sono una spremuta d’uva”.


(Franco Morando)

La novità è che Montalbera ha deciso di schierarsi; cioè, di dichiararsi produttore vegano. E certificato. “Anche le vigne, pur non richiesto per la certificazione di vegan wine”, dice l’enologo Lino Lanfrancone. Che, aggiunge: “Qualsiasi prodotto che utilizziamo lo facciamo certificare vegano anche se nella vigna pratichiamo il sovescio per trasformare in concime le foglie, le erbe e i prodotti della potatura e le piante sono sottoposti a trinciatura”.
Interviene ancora Morando. “È una scelta che ho deciso di accentuare dopo un soggiorno in India. In quel paese ci sono 300 milioni di vegani e negli Stati Uniti i consumatori di questo tipo di cucina crescono ad una media dell’8% all’anno”.


(Il gong)

Tre i vini vegani che Montalbera ha presentato a Milano, due Ruchè di Castagnole Monferrato Docg del 2014, La Tradizione e Laccento; e la Barbera d’Asti superiore Doc Nuda 2012. Tre rossi caratterizzati da una purezza straordinaria e che, secondo Luca Martini, possono essere degustati a qualsiasi temperatura. Una conferma l’abbiamo avuta nel corso della degustazione con i vini abbinati a tre piatti proposti di Leeman: La vita in forma (uovo apparente di barbabietola biodinamica, terrina di romanesco e broccoletti, salsa alla francese di castagne, nocciole e zafferano); L’ombelico del mondo (risotto mantecato all’orientale, con zenzero, shitaké, paprica di peperoni italiani, spicchio di carciofo e riso Venere energicamente arrostiti, conditi con la salsa di miso) chiaro omaggio al cantante Jovanotti; Gong (spuma vaporosa di latte, vermicelli di castagne, brownies alla nocciola, crema inglese al tiglio, salsa di lampone e composta di mirtilli), accompagnato anche dal suono del gong.

“Con La Tradizione Morando ha voluto sottolineare il legame alla terra – spiega Martini -. È un vino unico, come tutti i Ruchè di Montalbera, caratterizzati da un concentrato di sentori che vanno dalla rosa canina alla dolcezza dei frutti rossi e di varie spezie e in bocca risulta asciutto, armonico, morbido e con una buona persistenza aromatica”.
Laccento “lo definirei dolce e sensuale – sottolinea Martini – con la sua grandissima pulizia dove le note di frutti rossi, tutti, si fondono al punto da arrivare ad una delicatezza e dolcezza sublimi”. In pratica, uno dei migliori rossi italiani che va collocato nella teca dei capolavori dell’arte viticola ed enologica del nostro Paese.


(Luca Martini)

E, poi, le 1.000 bottiglie di Nuda 2012, una Barbera d’Asti superiore Docg – sarà replicata la vendemmia 2013, in totale 2.000 bottiglie, e poi bisognerà attendere il 2015 – chiamata “Nuda perché il cantiniere – racconta Morando – dalle 4 barrique selezionate da Luca, prelevò un campione e porgendomelo disse: ecco la sua Barbera nuda come natura l’ha fatta”. Una superbarbera che si presenta con un olfatto smagliante e un’esplosione di note fruttate tra mirtillo, mora, confetture e un tripudio di floreale. Un vino pieno e morbido, con una freschezza e morbidezza che rende memorabile il sorso.
A questo punto è il caso di spendere due parole sull’azienda della famiglia Morando che con i suoi 175 ettari di proprietà potrebbe essere una sorta di latifondo in una regione come il Piemonte dove è difficile trovare proprietà di vigneti estesi su 160 ettari in un’unica continuità territoriale. Sul Ruchè, una piccola area viticola del Monferrato astigiano riconosciuto a doc nel 1987 e a docg nel 2010, i Morando sono sicuramente i proprietari della vigna più grande, 82 ettari; e di questo storico vitigno autoctono che pare sia stato portato dalla Borgogna dai monaci che facevano la spola con il Piemonte, ne sono i portabandiera. Un vitigno che una volta veniva utilizzato per la produzione del vino per il consumo famigliare ma anche vino delle grandi occasioni, visto che veniva offerto alle persone più care.


(Nuda)

Adesso i Morando ne hanno fatto il primo vegan wine che parte alla conquista dell’Italia e del mondo. Affiancato da altre tipologie di vini tipici del Piemonte. A Montalbera, infatti, fanno capo due nuclei vitati. 160 ettari a Castagnole Monferrato, divisi tra 82 a Ruchè docg, 38 a Grigolino d’Asti doc (quello che piace a Papa Francesco, che indirettamente ne aiuta la vendita), 28 a Barbera d’Asti docg, 8 Barbera del Monferrato doc, 6 a Viogner, 4 a Nebbiolo da Barolo e 3 per il Barbaresco. Mentre il vigneto di  Castagnole Tinella è coltivato a Moscato d’Asti doc. E, perciò, oltre a Ruchè e Barbera d’Asti e del Monferrato, produce anche Barolo, da quest’anno pure Barbaresco, Grignolino d’Asti, gli spumanti Roseus brut e Leykos extra dry e il bianco Calypsos ottenuto da Viognes in purezza.