Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Calabria vs vini di reputazione, un match interessante

17 Giugno 2013
bicchieri bicchieri

Forse dai pregiudizi non ci si può affrancare, del resto sono i filtri con cui ci ritroviamo inconsapevolmente a guardare il mondo e quindi anche il vino.

Sono poi quelle leve di cui abusa da sempre il marketing e che potremmo definire quasi “il motore del mercato”. Parlando di vino non sono pochi poi i casi di successo costruiti cavalcando proprio tali condizionamenti. Ma in tempi in cui si gioca tutto sui mercati internazionali la partita la si può vincere anche in altro modo: appellandosi all'inesorabile obiettività del palato, perché è lui che decreta alla fine ciò che è buono, che piace, è lui che accende la luce nella stanza, che toglie il velo, che alla fine può rivelare al consumatore la grandezza di un territorio, anche se questo non appartiene alla famiglia dei blasonati.

Grazie a questo giudice scopriamo così che un Mantonico in purezza del lametino può battere di gran lunga un Grand Vin De Bourgogne, o ancora che un blend di Calabrese Nero e Nocera arriva a staccare uno Chateauneuf du Pape. Sono solo due esempi di confronti svelati al blind tasting tenutosi a Borgo Saverona a Cirò Marina e organizzato da Euvite, il consorzio fondato nel 2008 da cinque rinomate e storiche cantine calabesi Librandi, Statti, Serracavallo, Poderi Marini e Azienda Agricola Malaspina, per dimostrare il potenziale di una regione del vino a torto considerata fanalino di coda della produzione nazionale. L'iniziativa, a cui hanno presenziato i produttori e gli enologi, ha messo a confronto alcune delle loro etichette con vini di grande reputazione tra cui, oltre ai francesi, anche il Barolo e l'Amarone. Eleganza, finezza, bevibilità, terroir, ecco il corredo con cui la Calabria si è  presentata ad un parterre di giornalisti e critici esperti, diversa appunto da come ce la siamo sempre immaginata.  Dobbiamo ammetterlo, la Calabria difficilmente la vediamo occupare un posto nella top ten delle regioni del vino. La degustazione ha visto protagonisti una serie di abbinamenti arditi, o addirittura alcuni potrebbero dire profani, ma l'associazione al vino ospite non è stata pensata al fine di equiparare tipologia di vino, o tradizione vinicola, o territorio. Impensabile. L'intento è stato quello di presentare un'offerta enologica che non deve temere confronti. Obiettivo raggiunto. In fondo il consumatore si ritrova a scegliere dinnanzi ad una complessa offerta, ad orientarsi nel mare magnum dove accanto alle icone del vino vi sono etichette di tutti i tipi. E la Calabria può benissimo ricompensare, non deludere, la scelta. Ed ecco il cavillo su cui la regione deve puntare, su cui costruire la propria battaglia per conquistare la fiducia del consumatore: la qualità della propria produzione, partendo proprio con lo scardinare i pregiudizi. 

Non più terra di vini da taglio o grossolani, da super estrazioni, corpulenti. Di passi da gigante ne ha fatti alla luce delle performance al calice dei Magliocco Dolce, Gaglioppo, Mantonico, Nero Calabrese degustati in questa occasione. La rinascita della Calabria sta avvenendo in sordina rispetto al tam tam mediatico che interessa determinati territori viticoli. C'è un comparto che da tempo si è rimboccato le maniche per riscoprire la propria identità territoriale. Addirittura scegliendo di migliorarsi con il supporto della ricerca. Una strategia illuminata all'estremo lembo sud del Paese, alla periferia del teatro enologico, che vede il suo esempio migliore nel progetto di recupero delle varietà autoctone attraverso il coinvolgimento del Cnr con l'Unità di Grugliasco dell'Istituto di Virologia vegetale e del laboratorio Enosis Meraviglia di Fubine. In tutto questo lasso di tempo sono stati raggiunti importanti traguardi: il recupero di oltre cento varietà autoctone, e la selezione clonale di varietà locali con l'individuazione di Magliocco Dolce e Gaglioppo da iscrivere, per la prima volta, nel Registro nazionale delle varietà di vite, frutto di uno studio che ha riguardato la sanità virologica, le caratteristiche quali-quantitative della produzione, le proprietà chimiche e sensoriali del vino.


Donato Lanati mentre presenta il progetto sulla selezione clonale

“Il vero cittadino del mondo è colui che ha una carta d'identità forte. Bisogna che sia autoctono –  ha dichiarato Donato Lanati, enologo di grande fama e fondatore di Enosis, in occasione del blind tasting durante il quale ha presentato i risultati del progetto sul patrimonio varietale calabrese -. La Calabria adesso può affrontare i mercati. Ma per fare questo si deve pensare che i valori del bello e del buono variano da cultura a cultura e allora il vino buono è quello che ha armonia dentro, che ha un grande equilibrio, questi sono indici di qualità. E la qualità viaggia attraverso le molecole. Per farla ci vogliono le conoscenze. Gran parte  vengono dalla tradizione ma poi è necessario il supporto della ricerca”. 

I cloni sono stati messi a dimora nel 2008, ben 80 cultivar, in un campo sperimentale nella tenuta di Librandi di Rosaneti di Rocca di Neto a Crotone. Oggetto di approfondimento sono state le varietà tradizionali più diffuse come Gaglioppo, Greco Bianco, Pecorello, quelle autoctone altrettanto di grande potenziale enologico quali il Magliocco Dolce, lo Iuvarello e il Castiglione e varietà che hanno una valenza storica come il Pedilongo, il Toccarino, e l'Uva rùggia.

Il progetto porta dentro il cambiamento di una mentalità orientata al “fare sistema”, non di facile presa all'interno della sovrastruttura culturale del Sud Italia. E infatti Euvite rappresenta il primo , e unico caso  fino ad ora, in Calabria di aziende che si sono unite per una medesima condivisione di valori e prospettive di mercato, tutte con  la consapevolezza di riscattare l'autenticità territoriale del proprio patrimonio. Il blind tasting è stato il primo passo di un lungo percorso di comunicazione che vuole arrivare ai mercati, ha portato cinque espressioni di territori che fanno eccellenza e che da sempre ospitano la tradizione vinicola: da Cirò, dove ha sede Librandi, al reggino dove vi sono i vigneti di Malaspina, dall'agro di Lamezia che vanta una realtà come quella di Statti, alla provincia di Cosenza rappresentata da Poderi Marini e Serracavallo. Un mosaico viticolo che abbraccia micromondi diversissimi, le colline della valle del Crati, della pre Sila, le pendici dell'Apromonte del territorio incontaminato di Palizzi, i fazzoletti di Cirò che guardano lo Ionio, il Golfo di Santa Eufemia. Il gioco che ha azzardato paragoni tra territori lontanissimi, non solo in termini geografici, ha dato molto da pensare. 

Si è partiti con il Mantonico di Statti confrontato con il vino prodotto a sud di Beaune da Seguin-Manuel, il Viré Clessé. E qui mentre il palato riconosceva il migliore sotto tutti i punti di vista, il pregiudizio esercitava il suo potere decretando quello più fine, elegante, fresco e di grande bevibilità come francese, peccato che questo fosse proprio il calabrese. La seconda coppia ha visto confrontarsi un altro Mantonico, l'Efeso di Librandi con il Drouhin – Corton Charlemagne. C'è poi stato un testa a testa tra rosati: Il Don Filì Igt della Valle del Crati di Serracavallo con un Côtes de Provence,  lo Chateau La Tour De l'Eveque Pétale De Rose. A seguire Il Duca San Felice 2010 di Librandi con il Morey Saint Denis cru Les Chenevery 2010 di Domaine Alain Jeanniard. Spiazzante il binomio Palizzi di Malaspina – Chateauneuf du Pape Rouge La Roquete 2010. Tenuto conto delle dovute differenze, il paragone lo si è voluto  giocare solo su finezza del bouquet, struttura tannica che entrambi i vini esprimono. Si è ricontrata una certa assonanza anche tra il Basileus di Poderi Marini 2010 e il Barolo di Vajra del 2008. Potrebbe far ridere il paragonare il Magliocco Dolce al Nebbiolo, ma si possono fare grandi scoperte accettando queste sfide. Parliamo di due vini ovviamente non equiparabili, il vino calabrese ha dimostrato che può raggiungere la stessa potenza ed eleganza del Nebbiolo. Partendo proprio, per esempio, dall'ingresso in bocca, medesimo per entrambi. Altro abbinamento tra due rossi, quello tra il Gaglioppo Batasarro di Statti e Les Mures 2006 di  Chateau de Roqueford, un confronto interessante quello tra il Vigna Savuco Serracavallo Valle del Crati rosso e l'Amarone della Casa dei Bepi 2007.

Manuela Laiacona