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La degustazione

Joško Gravner il visionario: a Roma una verticale d’altri tempi con il suo Rosso Breg

27 Ottobre 2021
Josko_arrivo__anfore_foto_Maurizio_Frullani Josko_arrivo__anfore_foto_Maurizio_Frullani

di Marco Sciarrini

È sempre con piacere, quando i produttori organizzano delle verticali che ritornano indietro nel tempo, ma diventa un onore quando si è chiamati a fare una cronaca per quei mostri sacri dell’enologia nostrana.

Così quando abbiamo ricevuto l’invito di degustare una verticale di Gravner la risposta è stata “arrivo subito”. Peché in effetti non capita spesso di fare delle verticali dei vini di Joško. La degustazione, è stata la prima verticale in assoluto del Rosso Breg, ed ha visto la presenza della figlia di Joško Gravner, Mateja, e la conduzione dell’evento dall’esperto giornalista Fabio Turchetti nella location di Sviluppo Horeca a Roma. La verticale ha visto le etichette delle annate 2003, 2004, 2005, 2006, 2007. Si parla di rosso Breg e si pensa al Pignolo di Gravner, un vitigno autoctono che dà poche certezze, ma grandi soddisfazioni. arriva sul mercato con l’annata 2007, dopo 5 anni di botte e 9 di bottiglia. Nasce da uve pignolo fermentate sulle bucce in anfora interrata in tini di legno fino all’annata 2005 e con lieviti indigeni e senza alcun controllo della temperatura. Imbottigliato con luna calante senza chiarifica né filtrazione, è un vino ricco di tannini, che non ha fretta. Joško Gravner ha scelto il pignolo per i vini da bacca rossa e tutti i nuovi impianti sono stati realizzati con questa varietà. Gravner ha deciso di dedicarsi infatti esclusivamente alla valorizzazione degli autoctoni. Un’idea che risale ai primi anni ’80, complice anche l’incontro con Luigi Veronelli che lo appoggia in questa sua scelta. In questo percorso Joško sente la necessità di affiancare alla ribolla un vitigno a bacca rossa e inizia la sua ricerca. Per due anni assaggia i vini da vitigni autoctoni di altri produttori, ma capisce che la strada da intraprendere è diversa, perché il vino è l’interpretazione del vitigno. Torna quindi alla fonte e assaggia direttamente le uve innamorandosi del pignolo e, grazie al produttore Girolamo Dorigo, pianta la prima vigna negli anni ’90. Il pignolo è un vitigno antico, presente in Friuli da moltissimi anni, le prime notizie scritte risalgono già al XIV secolo e testimoniano una diffusione a macchia sulle colline di Rosazzo. Nella zona di produzione di Oslavia non è però riconosciuto né dalla Doc né dalla Igt e Joško deve imbottigliarlo come vino da tavola. Il primo vino esce nel 2003, senza annata e senza indicazione del vitigno.

(Josko Gravner tra le sue anfore)

“Il pignolo è un genio viziato – sottolinea Joško Gravner – un vitigno difficile, con pochissime certezze e ancora meno punti fermi. Una varietà che soffre il vento, che lignifica molto velocemente rendendo impegnativi i lavori in vigna, ma soprattutto che è stata poco considerata in passato, quindi poco propagata, e per questo presenta una grandissima variabilità anche tra piante dello stesso vigneto”. Negli anni la superficie a pignolo nei vigneti Gravner è aumentata e oggi le viti sono 12.000, con una produzione molto variabile nelle diverse annate, oscillando da 1.200 a 3.000 bottiglie. I vini di Joško Gravner, ufficialmente Francesco poiché all’epoca la legge non permetteva di dare nomi stranieri ai figli, nemmeno a quelli della minoranza slovena in Italia, nascono ad Oslavia, a cavallo tra il Collio goriziano e la slovena Brda, terre che sono state teatro di grandi contese, terre di confine che tanto hanno dato e tanto hanno tolto, dove ora la vita si sviluppa con serena convivenza. Gli anni ’90 sono stati un periodo in cui sugli allori erano i vitigni internazionali, Gravner decise di virare negli anni 2000 sui vitigni autoctoni, il pignolo e la ribolla, andando controcorrente per le scelte di tutti gli altri, controcorrente come la decisione di abbandonare la vinificazione in acciaio per dedicarsi a sperimentare la fermentazione con lunga macerazione, arrivando all’uso delle grandi anfore in terracotta interrate, come nella tradizione della zona di Kakheti, nel Caucaso, risalente a migliaia di anni fa. Un ritorno al passato con un metodo antico ed ancestrale che avvicina il contatto con la terra e l’equilibrio con il ciclo della vita. È la regola del 7 che Joško introduce nei suoi metodi, il cambiamento biologico dell’essere umano avviene con i cicli di 7 anni ciascuno, allo stesso modo i vini necessitano di un invecchiamento di 7 anni, uno in anfora e sei in botti grandi.

(La sala degustazione)

Il 2015 è l’hanno nel quale Joško si avvicina alla biodinamica, introducendo il calendario delle lune secondo l’interpretazione di Maria Thun, basato sulle fasi lunari e sulle posizioni dei pianeti in vigna ed in cantina. Vedere altre realtà cercare insegnamenti anche in varie parti del mondo è sempre istruttivo per tutti, ma in particolare per Joško, quando di ritorno dai suoi viaggi capisce quale strada deve prendere, nel 1987 Gravner si reca in California, alla scoperta dell’avanguardia, ma quello che trova però non lo soddisfa, tanto da dire “ho capito quello che non devo fare”, vocando tutto il suo impegno invece con un nuovo percorso, lontano dagli strumenti e dal modo moderno di fare il vino, e alla ricerca della salvaguardia della terra e della genuinità del prodotto. Il secondo viaggio, questa volta positivo lo effettua nel 2000 nel Caucaso, dopo la lettura della Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio e all’interesse per la fermentazione sulle bucce. Nel Caucaso, dove il vino è nato e dove si utilizzano le anfore in terracotta che ha già iniziato ad usare nel 1997. La strada vecchia è la sua strada nuova, qui conferma che direzione vuole prendere per realizzare i suoi vini. Joško d’ora in avanti si dedicherà solo alla vinificazione con grandi anfore in terracotta interrate importate direttamente dalla zona dei Kakheti e nel 2001 realizza la prima annata fermentata in anfora. Oggi la cantina ospita 47 anfore, di capacità dai 1.300 ai 2.400 litri, interrate e lasciate cullare nella terra. Il 2012 segna l’ultimo grande cambiamento nella filosofia dell’Azienda, infatti, si prende la decisione concentrarsi solo sui vitigni del territorio Joško espianta tutte le varietà a bacca bianca mantenendo solo il vitigno autoctono, la ribolla gialla. “Se si possiede qualcosa di eccezionale, sostiene Joško, vale la pena di concentrarsi solo su quello”. Oggi l’azienda Gravner, o per meglio dire l’azienda familiare con la figlia Mateja, che si occupa della parte commerciale e della comunicazione dell’azienda, Gregor, figlio di Mateja, da un paio d’anni affianca il nonno nel lavoro in vigna e in cantina, e poi la regina della casa Marija, moglie, mamma e nonna. L’azienda si compone di tre vigneti: Runk a Oslavia, Hum e Dedno in Slovenia, a meno di 3 chilometri dalla cantina. Gli ettari vitati sono 15, quasi interamente dedicati a ribolla e pignolo. Nei vigneti di maggiori dimensioni Joško ha creato alcuni stagni, cercando di ripristinare quell’equilibrio naturale che le coltivazioni intensive e le monocolture distruggono. Grazie all’acqua arrivano nel vigneto piante, insetti e animali a cui è stato sottratto spazio vitale, fondamentali per una buona salute dell’ambiente. Sulle terrazze dei vigneti hanno trovato spazio diversi alberi: olivi, cipressi, meli selvatici, ornelli, sorbi. Sono importanti perché forniscono riparo a molti animali e supportano i nidi artificiali che sono stati appesi per ospitare diverse specie di uccelli. Nel 2010 sono state piantate le prime viti di Ribolla, innestate nel 2017. Le prime produzioni arriveranno tre il 2024 e il 2025. Il progetto prevede anche tre stagni e un importante lavoro di architettura del paesaggio a completamento dei vigneti, per realizzare un vero e proprio giardino vitato che non comprenda solo viti, coerentemente alla filosofia del produttore goriziano. Un motto di Joško oramai diventato un cult è: “Io faccio il vino per me, quello che piace a me, tutto quello che rimane e non bevo, lo vendo”, e qui racchiusa tutta la filosofia il suo essere controcorrente e non globalizzato.

(La verticale)

La degustazione è iniziata con:

Rosso Breg 2003
Fermentato sulle bucce in tini di legno fino al 2005, con lieviti indigeni e senza alcun controllo della temperatura, affinamento in botti di rovere per 5 anni e in bottiglia per almeno 5 anni. Annata molto calda, con pochissime piogge dall’inizio di marzo a tutto dicembre, frutto di due vigneti uno della metà degli anni Novanta l’altro quattro anni dopo, alcolicità presente con frutto ben espresso con il roteare del bicchiere si percepisce un ricordo “nebioleggiante” con sensazioni di viola e piccoli frutti, sensazioni di surmaturazione e nota resinosa balsamica, al palato grande sapidità tannino di grande pulizia, con freschezza balsamica finale.

Rosso Breg 2004
Annata uscita nel 2016, si tratta di un’annata equilibrata rispetto alla 2003, con primavera ed estate equilibrate. Al naso sensazioni di frutta sotto spirito sensazioni cioccolatose e balsamiche, al palato snello teso con note di genziana, carrubba, tensione tannica che ancora si percepisce con un’affascinante avvolgenza sapida balsamica.

Rosso Breg 2005
Annata uscita dopo 13 anni, imbottigliato nel 2010 messo in commercio nel 2016, ultima annata che ha fatto il passaggio in legno. Annata molto equilibrata, con precipitazioni moderate durante tutti i mesi estivi; le piogge autunnali hanno permesso uno sviluppo ottimale di botrite. Al naso dolce impatto frutto scuro maturo con il supporto alcolico che si fa apprezzare, carrubba tamarindo, ma anche tabacco chiodi di garofano e cannella. al palato tessitura della struttura molto fine, armonia tra naso e bocca con corrispondenza gusto olfattivo, corredo sapido, il cavo orale risulta di una bella pulizia, rispetto ai precedenti più frutto che balsamicità.

Rosso Breg 2006
Una nota curiosa riferita alla bottiglia, prima dell’arrivo dei giornalisti nell’aprire la bottiglia si è notato un problema al naso, immediatamente l’Azienda si è messa in moto per cercare qualche cliente che aveva acquistato la bottiglia in zona, e la ricerca è andata a buon fine, la bottiglia è stata reperita al Circeo e grazie alla staffetta di Sviluppo Horeca in poco tempo è arrivata. L’annata è la prima che prevedeva il passaggio in anfora, imbottigliata solo in formato Magnum 700 bottiglie. Messa in commercio dopo 14 anni, annata da manuale, asciutta, con uve molto belle e sane senza botrite. Si nota subito ad una esuberanza alcolica che man mano che decanta va via via affievolendosi, già al naso le sensazioni zuccherine sono evidenti accompagnate da affascinanti sensazioni balsamiche, al palato si presenta con sensazioni gliceriche, con una buona acidità ed un prolungato finale su note balsamiche.

Rosso Breg 2007
Non ancora in commercio, uscita dopo 14 anni. Annata ben equilibrata, ottima maturazione bella annata. Naso ricco e pieno materico, ematico ferroso, al palato i tannini prendono il loro spazio, il profilo tannico in anfora ha necessità di più tempo, anche se già setoso, che fa immaginare una prospettiva di bella evoluzione.