Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
La degustazione

Il nostro viaggio nella Doc San Severo, tra grandi assaggi e cantine storiche

27 Novembre 2023
La cantina sotteranea di D'Arapri La cantina sotteranea di D'Arapri

Sorta tra i resti dell’antica Daunia, San Severo – che vede il primo affaccio al Mediterraneo con Marina di Lesina a una trentina di chilometri – è una delle province più popolose delle Puglia foggiana con Manfredonia e Cerignola a seguire. Di storico qui, dopo il catastrofico terremoto del 1627, è rimasto davvero ben poco. Ma è quel tanto che sa lasciare agli occhi del visitatore scorci di una storica bellezza tra edifici signorili, fregi in pietra e chiese che, saltando dal rococò al barocco, riflettono sulle facciate il bianco delle caratteristiche chianche in pietra locale che lastricano le strade del piccolo abitato cittadino. Quanto è rimasto è oggi simbolo di resistenza culturale e di tale se ne fa portatrice l’associazione Gal Daunia rurale, esempio virtuoso di come valorizzare un patrimonio di un territorio recuperando il passato, in modo da fruirne in chiave turistica.

In primis c’è allora da custodire alacremente quel senso culturale da riconoscere all’agricoltura pugliese, che dall’olivo, al grano arso, passa, poi, per il vino: con la Doc San Severo a rappresentare il più grande bagaglio della tradizione di questa terra. Nata nel 1968, la denominazione oltre a comprendere l’omonimo comune, estende il suo areale di produzione anche ai territori di San Paolo di Civitate, Torremaggiore e parte dei territori dei comuni di Apricena, Lucera, Poggio Imperiale e Lesina. In queste terre a spiccare per personalità e indubbia territorialità è, fuor dubbio, il Bombino Bianco, autoctono per eccellenza della Capitanata di Puglia. La conferma è arrivata con la kermesse “Doc Sansevero” organizzata da Pugliaidea di Ester Fracasso che tra visite e degustazioni nelle aziende aderenti al progetto pare aver dimostrato che l’alfiere del successo, per questa parte delle Puglia, sembri passare proprio da due capisaldi: il Bombino Bianco e la sua spumantizzazione.

D’ Alfonso del Sordo

Sulla strada statale Garganica prima di arrivare al mare delle isole Tremiti, è l’azienda D’Alfonso del Sordo la deviazione necessaria. La prima bollicina, metodo Martinotti, è, infatti, un primato tutto suo. E così all’ingresso della cantina, a ricordare gli albori, aleggia la vecchia insegna un tempo affissa nel centro storico di San Severo. Erano gli anni di creazione e sperimentazione dell’illustre enologo irpino Severino Garofano che, dal 1957, contribuì in maniera decisiva e indelebile al rinascimento del vino pugliese, scrollandogli l’appellativo di “serbatoio del sud” e concedendogli miglior vita come “culla del vino” del meridione. Quella stessa eredità Garofano l’ha lasciata anche alla cantina del Sordo, realizzando per loro la fortunata etichetta del “Catapanus” da Bombino bianco in purezza. “Ancora oggi è il nostro prodotto di punta – osserva Gianfelice d’Alfonso del Sordo, quarta generazione – e la mia più grande soddisfazione è di essere riuscito a non perdere quello che mio padre e mio nonno avevano costruito. La moda ritorna”, dice scherzosamente mostrando con il sorriso i suoi vigneti (oggi arrivati a 120 ettari) quasi tutti, ancora, allevati secondo il tipico sistema di allevamento locale, a tendone pugliese.

Catapanus 2022 – Puglia igp bianco
Era il delegato provinciale dell’imperatore il Catapanus, a lui spettava il governo militare e civile dell’intero meridione durante l’era bizantina. Figura di rilievo dunque, tanto quanto il valore attributo da del Sordo al suo Bombino bianco. E la 2022, che si è mostrata un’annata eccellente, ricorda la freschezza di fiori gialli mentre equilibrio e struttura si assestano su un finale di decisa convinzione sapida.

Ariano

“Vogliamo dimostrare che questa parte della Puglia sa offrire forme di spumantizzazione di qualità. E per dimostrarlo non per forza dobbiamo vivere di confronti con le zone spumantistiche del nord Italia o delle Francia”, osserva Manuela Ariano che, insieme a sua sorella Federica, rappresenta oggi una seconda generazione tutta al femminile. Una gestione di 15 ettari tra vigneti e uliveti lungo la strada statale che va verso Castel Fiorentino, meglio noto come luogo di ultimo sospiro di Federico II di Svevia. “Nel ‘97 abbiamo iniziato un’attività di completa riconversione in biologico delle nostri viti. E’ un approccio etico e ragionato in vigna. In cantina, invece, utilizziamo lieviti neutri. In questo modo riusciamo ad ottenere prodotti riconoscibili senza mai mancare il nostro obiettivo: fare vino buono”. Una riflessione, questa, che sembrerebbe far calmare anche un po’ gli animi sulla preponderante tendenza di equiparare costantemente il biologico con le fermentazioni da lieviti indigeni “Il punto sul quale ci sembra più giusto porre l’accento è, invece, l’utilizzo della solforosa. Prima il disciplinare del biologico prevedeva un utilizzo massimo di 80 mg/L. Oggi siamo arrivati a 100 e nei convenzionali si sfiorano anche i 160. Noi siamo quasi sempre sotto gli 80. Ed è’ questo uno degli aspetti del biologico che riteniamo preponderante, non l’uso di lieviti indigeni”.

Fedro 2019 Pas dosè
Da un millesimo considerato dalla critica enoica come eccellente, un Bombino bianco in purezza con sosta sui lieviti per 36 mesi. L’olfatto timido (retaggio di una recente sboccatura) mostra grande finezza. Mentre è l’acidità – elemento distintivo e tipico del vitigno – che diviene l’attore principale di un palato che nel finale registra un senso di avvolgenza e piacevolezza.

D’Arapri

“Nel ‘79 per scherzo i nostri genitori hanno iniziato le prime sperimentazioni da Bombino bianco e oggi siamo noi a continuare” – dice Anna d’Amico che insieme a Daniele Rapini e Antonio Priore rappresentano la seconda generazione alla guida di un’azienda che ha fatto da apripista alla spumantizzazione del Bombino bianco secondo le regole del Metodo Classico. E di strada (letteralmente) ne è stata scavata da quel lontano inizio. “A San Severo sono censite circa 500 cantine ipogee. Oggi oltre mille metri quadri di queste cantine sono diventati i luoghi di affinamento dei nostri spumanti”. E così da Via Zanotti 30, ingresso della cantina, si passeggia in lunghi corridoi sotterranei che percorrono l’intero centro cittadino. Un groviglio di cunicoli e stanze, tutte arredate tra pupitres e cataste di bottiglie in affinamento. Verrebbe da pensare ad una piccola Champagne, ma a sentir parlare Anna la percezione è che non si tratti di un’imitazione: “E’ un progetto pugliese, creato e prodotto con i nostri vitigni autoctoni. Consideriamo come tale anche il vigneto di Pinot nero che abbiamo nell’agro di San Severo. E’ allevato a tendone così come tutti gli altri vigneti della nostra azienda dal Bombino, all’Uva di Troia al Montepulciano”. E a ben vedere di un “quasi” autoctono c’è da riconoscerlo a quei ceppi di Pinot noir: “L’abbiamo ritrovato qui, probabilmente impiantato nel VII durante le migrazioni normanne”. La lungimiranza e la visione sono di questa azienda: unica sul territorio a immettere in commercio bottiglie con lunghi, lunghissimi affinamenti sui lieviti.

D’Arapri Brut RN – Bombino bianco Daunia Igp
RN è un nome creato per celebrare la Riserva di un vitigno Nobile come il bombino bianco che sosta 36 mesi sui lieviti. Attualmente in commercio è l’annata 2019. Sintesi di eleganza e intensità olfattiva. Tripudio di fattezza qualitativa e assoluta maestria della spumantizzazione nel gusto. Impeccabile.

Pisan-Battèl

E’ un gioco di equilibri molto fini la viticoltura ragionata di questa giovane realtà nata nel 2017 ai piedi del Gargano. “La gestione viticola deve adeguarsi all’annata con flessibilità” osserva Antonio Pisante co-fondatore della cantina insieme a Leonardo Battello. “L’uva deve essere illuminata, ma non esposta direttamente alla radiazione solare. E la scelta del momento della cimatura – continua Pisante – ci permette di modulare l’emissione delle femminelle che, se ben sviluppate, imprimono un’accelerazione al ciclo vegetativo”. L’obiettivo, allora, è sempre portare in cantina uve perfettamente mature e con un adeguato livello di acidità. E anche qui nessuna volontà di imitare l’oltralpe, ma ricercare, invece, un proprio stile preservando l’innata biodiversità di carattere, tipica del nostro paese. Del resto, siamo o no un popolo di santi, poeti, navigatori e… vignaioli.

Pas Dosè 30 mesi
Deciso e gastronomico, tra note agrumate e sfumature di miele che anticipano un sorso che della precisione e persistenza ne fa il suo timbro gustativo.