Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Numero 76 del 28/08/2008

LA CURIOSITÀ C’era una volta l’anguilla di Sicilia

27 Agosto 2008
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    LA CURIOSITÀ

Ecco uno dei pochi pesci d’acqua dolce presenti nell’Isola. Ancora oggi in alcune zone è possibile trovare anche specie di trota e rana
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C’era una volta
l’anguilla
di Sicilia

Le anguille erano uno dei pochi pesci d’acqua dolce presenti in Sicilia; venivano un tempo allevate in stagni semi artificiali (bivieri), e vivevano anche in molti fiumi dell’isola. I contadini, dopo aver gettato nell’acqua rametti di euforbia, una pianta urticante che le obbligava a uscire dalle loro tane, le catturavano con due particolari trappole di vimini a forma di bottiglia.

In mancanza di frigoriferi le anguille, e i pesci in generale, venivano conservati nelle chiusere, nasse confezionate come gabbie che venivano calate in mare dai pescatori e poi ripescate al momento della vendita. Nei fiumi che scorrono nelle profonde valli (cave) dei fiumi iblei, era un tempo presente la trota, che ha però bisogno di acqua pulita e ben ossigenata, ed era scomparsa. Negli anni ’70, nei pressi di Palazzolo Acreide, grazie all’intraprendenza di Paolo Lamesa e soprattutto di suo figlio Sebastiano, nelle acque del fiume Manghisi fu attivato un impianto di allevamento, presso cui sorse il noto ristorante “La Trota’. Vi si allevano due tipi di trota, iridea e fario, se nutrite in modo particolare le trote assumono il colore e il sapore del salmone (trote salmonate). La trota macrostigma è una particolare varietà locale che vive ancora allo stato naturale nelle acque del fiume Tellesimo ai piedi del Monte Lauro.
Il biviere di Lentini, prosciugato negli anni ’30 per combattere la malaria, era un tempo l’habitat naturale di abbondante fauna ittica. Da un decennio è stato nuovamente riempito, ed è ritornato ad essere luogo privilegiato per la sosta degli uccelli migratori. Oggi è un’oasi naturale, e la pesca non è pertanto consentita, gli abitanti della zona non hanno mai comunque smesso di pescare anguille e tinche nei fiumi vicini. Come in tutte le aree interne dell’isola, i ragazzini in campagna si divertivano a trovare e a mangiare granchi e gamberi di fiume. Le anguille erano un tempo presenti in molte zone: sguazzavano perfino nei canali di Mondello e re Ferdinando di Borbone amava pescarle e nutrirsene quando nel 1799 si rifugiò a Palermo sotto l’incalzare delle truppe napoleoniche e abitò alla Palazzina Cinese con la regina Maria Carolina.
Il ralunchio, un tipo di rana piuttosto grosso e muscoloso, era attivamente ricercato dai ciumaroli (“fiumaroli”) della zona di Lentini, perché gli si attribuivano proprietà salutari e diuretiche: secondo la credenza popolare avrebbe anche giovato ai problemi intestinali dei bambini; a quanto pare se ne trovano ancora nella zona di Scordia. Il ristorante La Maidda di Lentini propone oggi nei suoi menu le ricette tradizionali per questi cibi: risotto con le rane, tinche alla stemperata, e anguille grigliate con peperoni arrostiti. Un piatto più elaborato è il pasticcio o impanata di anguilla che arrivava anche nelle mense aristocratiche. Come è noto le anguille trascorrono parte della loro vita nel mare, i pescatori di Marsala vanno tuttora a pesca di anguille vicino la riva quando il mare è troppo mosso per altri tipi di pesca. Cambiando habitat il pesce assume caratteristiche diverse, al punto che dalle parti di Siracusa i pescatori ritengono che esistano due specie differenti.

Marcella Croce