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Scenari

“Tappi a vite anche per il Barolo”: l’appello dal club degli Svitati

05 Marzo 2024
Da sinistra Silvio Jermann, Mario Pojer, Walter Massa, Graziano Prà, Franz Haas Jr Da sinistra Silvio Jermann, Mario Pojer, Walter Massa, Graziano Prà, Franz Haas Jr

“Facciamo diventare tradizione il tappo a vite e abbattiamo i pregiudizi”. Questo è il monito che arriva da Lallio, in provincia di Bergamo, dove si è tenuto l’incontro aperto agli operatori del settore e ai giornalisti degli Svitati.

Sono sempre loro, gli ideatori del progetto culturale nato ufficialmente un anno fa: Silvio Jermann, Walter Massa, Graziano Prà, Mario Pojer,  Franz Haas Jr. Alle cinque aziende si aggiunge una sesta persona, Sergio Germano della cantina di Serralunga d’Alba, in Piemonte, Ettore Germano che ha un sogno: riuscire a imbottigliare il suo Barolo con il tappo a vite. 

Questa pratica non è consentita dal disciplinare di produzione del Barolo Docg ed è proprio questo che emerge dalla conferenza dalle parole di Michele Antonio Fino, professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo, Food Law ed Ecologia Giuridica dell’università di scienze gastronomiche di Pollenzo: “C’è un decreto ministeriale del 13 agosto 2012 che all’articolo 15 consente le imbottigliature con tappo tecnico. Al comma successivo, però, viene detto che ogni consorzio può preservare la propria reputazione attuando il blocco della misura. Stiamo davvero parlando della parola reputazione? La questione sostenibilità è cruciale – dice ancora Fino – e c’è chi mette vini fermi in bottiglie di vetro molto pesanti. Nessuno si fa però problemi sul vetro come si fa per i tappi. Non c’è nessun limite per le bottiglie, se non per il colore e per le forme non tradizionali. Dovremmo avere un decreto etichettatura al più presto e dovremmo poter fare vini varietali in tutta Italia come si fa in Francia e chiuderli come vogliamo”. 

Un appello che arriva anche da Walter Massa: “Dobbiamo far sentire la nostra voce nei Consorzi perché sono solo gli organismi deputati ad approvare regole già in vigore a livello di Comunità europea sull’utilizzo del tappo a vite. È necessario lasciare ai produttori la discrezionalità della scelta”. 

La responsabilità di chi fa studi di settore e studia il vino è fondamentale. Lo dicono da Guala Closures, l’azienda leader del settore che ha permesso la nascita degli Svitati. Il tappo a vite, per una questione culturale, è visto in Italia ancora troppo come una chiusura di scarso valore. “In troppi – dicono gli Svitati – pensano che si perda il romanticismo di stappare una bottiglia di vino ma forse è meglio bere un vino di qualità che pensare alla poesia della stappatura”. 

 

Durante la giornata trascorsa allo Showroom Pentole Agnelli di Lallio, azienda da sempre attenta alla sostenibilità con l’utilizzo dell’alluminio, è stata fatta una degustazione comparativa degli stessi vini imbottigliati con tappo a vite e con tappo a sughero.

Presenti anche i sommelier Oscar Mazzoleni, Edgar Chaccha e Matteo Montone. Secondo loro il tappo a vite, così come avviene già all’estero senza troppi pregiudizi come in Italia, è affidabile e meno rischioso sia per i vini giovani che per quelli da lungo affinamento.

“La sostenibilità dell’alluminio è la comunicazione, il futuro è quello che dobbiamo continuare a rincorrere. La produzione vuole il tappo a vite ma il retaggio ci frena”. Perché è il tappo a vite ciò che chiude il modo di vedere il vino degli Svitati.