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Scenari

Cerasuolo di Vittoria, il miglior investimento per il futuro

03 Maggio 2013
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Proviamo a scommettere. E diciamo che il Cerasuolo di Vittoria può diventare uno dei territori italiani su cui investire nel breve e medio termine.

 La considerazione è frutto di un breve ragionamento ed è aperto anche ai contributi di chi ci legge. Perché Cerasuolo di Vittoria? Prima di tutto perchè è un rosso non troppo corposo, fruttato, con un'eleganza nascosta e un po' fuori dal tempo. Un vino che ben si concilia con i gusti prevalenti del momento. Un vino su cui, secondo noi, non è stato detto tutto. E avrebbe molto da dire. 

La crescita del territorio è lenta ma costante. Basti pensare che gli ettolitri di Cerasuolo di Vittoria Docg sono passati da poco più di 3.500 del 2005 agli oltre 7.300 del 2011. Che in bottiglie diventano circa ottocentomila. Un quantitativo quasi raddoppiato in sei anni che testimonia un interesse crescente dei produttori, probabilmente rincuorati dalla domanda del mercato. E, attenzione, con grandi possibilità di aumentarle. Niente a che vedere con quell'Etna ormai sotto i riflettori da tempo e che ha avuto nel giro di pochi anni una crescita tumultuosa e inarrivabile. Solo che l'Etna ormai è probabilmente l'unico territorio del vino italiano di cui se ne parla di più di quanto se ne beva. Mentre il Cerasuolo cresce a piccoli passi e potrebbe alla lunga dimostrare grande tenacia e dare ancora ampie soddisfazioni. 

Non si dimentichino altre considerazioni. La prima: uno come Attilio Scienza, grande esperto di viticoltura, oggi non perde occasioni per elogiare il Frappato, vitigno trascurato fino ad oggi ma essenziale se si vuole fare un Cerasuolo di Vittoria. Una varietà di uva su cui si concentrerà l'attenzione di consumatori esigenti. C'è dell'altro. Il prezzo dei terreni è cresciuto e il costo di un ettaro vitato, diritti di impianto compresi, nella zona della Docg (perché esiste ora anche la Doc Vittoria) si aggira sugli ottantamila euro, e forse anche meno. Prezzo non bassissimo ma che resta pur sempre abbordabile rispetto ad altre Docg italiane. Mentre un ettaro non vitato in zona vocata costa meno di 30 mila euro. E poi non va ignorato che quella di Ragusa è la food valley siciliana. Una certa difesa del territorio (ancora splendido in alcune zone con muretti a secco e alberi di carrube), i tanti ristoranti stellati, la tonda iblea, la cultivar che tanta fortuna sta portando ai produttori di olio della zona, una certa ricchezza (la più capillare della Sicilia), la quasi assente microcriminalità soprattutto a Ragusa e Modica, una zootecnia imponente, il Ragusano Dop, un aeroporto a due passi, quello di Comiso, che forse finalmente tornerà a funzionare e tante altre cose ancora che rendono questa zona della Sicila, ricca di prospettive, più sana e serena che altrove. 


Francesco Ferreri

Aggiungiamo: Giancarlo Gariglio, il curatore della guida Slow Wine ha indicato la zona del Cerasuolo come tra le più importanti del prossimo futuro. Ed è musica per le orecchie dei produttori. Certo, qui a Vittoria manca ancora l'arrivo di qualche produttore, magari del Nord, che decide di scommettere e di investire creando una circuito virtuoso di emulazione, così come è accaduto sull'Etna. Tutto questo non è successo. C'è chi dice che sia un bene. Chi è arrivato da lontano, anche scommettendo una bella posta, non ha provocato scossoni. Non è successo per uno come Vito Catania, patron di Gulfi, giunto nel territorio del Cerasuolo da Arcore dove ha un'azienda di componenti chimiche. Ma per Catania, neofita del vino, si è trattato di un ritorno alle origini. Nè per i Planeta che nella zona sono presenti da decenni per altre attività imprenditoriali. Mentre un colosso come Mezzacorona con la sterminata Villa Albius, ad Acate, sonnecchia su quest'idea e ancora oggi non ha deciso di produrre vino Docg. Forse lo farà, vedremo. Mentre aumenta il numero dei soci associati al Consorzio: sono 44 ma di questi a completare la filiera produttiva dal terreno alla bottiglia saranno una ventina, ultima a farne parte è stata Judeka che ha un potenziale produttivo importante. E tra poche settimane si dovrà eleggere anche un nuovo presidente del consorzio, ruolo delicato e impegnativo. Francesco Ferreri, Valle dell'Acate, sta terminando il suo secondo mandato. Si cerca un successore, Ferreri vorrebbe tornare a tempo pieno a lavorare per la sua azienda. Ma, tra i soci, corre l'idea di volerlo rieleggere per un nuovo mandato. Lo statuto non lo esclude. Ferreri come Giorgio Napolitano?

F. C.