Il futuro del vino europeo, forse mondiale, passa per la Spagna. E probabilmente è il caso di cominciare a prenderne atto.
Sono stato al Fenavin 2025 fiera biennale del vino spagnolo a Ciudad Real, a un’oretta di alta velocità (quella vera) da Madrid: evento dalla qualità altissima come l’interesse dei buyer presenti. Sostenibilità, terroir e vitigni autoctoni sono i driver su cui si punta per questa fiera organizzata in modo impeccabile e rivolta solo agli operatori professionali, con tanto di motore di ricerca per l’organizzazione degli appuntamenti, nessuno ha il suo calice, i calici sono solo ai banchi di assaggio degli espositori, a cui si accede su appuntamento.
Una Wine Gallery in cui ciascun espositore consegna la sua bottiglia più iconica, a cui si accede nelle ore mattutine, e che permette di degustare col tempo e l’attenzione giusta la selezione delle bottiglie divise per denominazione, in modo da scegliere poi gli appuntamenti, davvero un plauso agli organizzatori, ci sarebbe molto, da imparare.
Tanta attenzione, nessun ubriaco, nessuna situazione sopra le righe, solo centinaia di professionisti da tutto il mondo, armati di attenzione e voglia di scoperta, e tante ce ne sono da fare.
Non soggetti, ancora, a grande hype poco instragammabili, sui vini made in Spain si scrive poco e forse, si bevono ancora meno, cominciano a fare capolino nei portfolio delle distribuzioni con le orecchie più tese ma manca la professionalità e la conoscenza per portarli davvero sugli scaffali e sulle tavole italiche, almeno fin qui. Ed è un peccato perché la qualità è alta, le vibes positive, la varietà stilistica e la capacità di narrazione sono di livello, davvero, molto alto.
Pochi influencers, e tanti buoni vini un po’ il contrario delle fiere a cui vado di solito, una fiera del vino ancora analogica, forse una via altra, da seguire, sembra banale dirlo ma una fiera con al centro i vini e non tutto il resto, che poi assomiglia, tanto, al nulla.
Alcuni assaggi, senza pretesa di esaustività che sono valsi, da soli, il viaggio.
1-Celler de Capçanes, Lesendal: siamo nel Priorat, da vecchie viti di garnacha tinta, una piccola parte di Syrah che spezia il naso, nove mesi di rovere grande, per un grande vino rosso. Sorso contemporaneo e goloso, dove frutto e intensità incontrano la dinamica, audace e curioso, come l’etichetta che lo veste. Da applausi!
2-Batllori, Cava Gran Brut Reserva: Macabeu, Xarel·lo, Parellada, Chardonnay, Pinot Noir, 24 mesi sui lieviti, cremoso, potente, potenziale gastronomico che sfiora l’infinito. Metodo Classico dal Pandes (la zona dei ribelli del Corpinnat), un metodo classico che può sfidare i campioni della categoria, puntando sulle vibes autoctone, produttore iconico, vino enorme.
3-Terras de Compostela, Alma de Compostela: Albariño in purezza, dalla D.O Ras Baixas, un vino straordinario dove la mineralità non è solo una cosa che sa di marketing ma presentissima nel bicchiere, intenso, persistente, magnifico, un bianco di caratura mondiale.
4-Les Vinyes del Convent, Mon Pare: Garnacha negra, Syrah, Cabernet Sauvignon, dalla D.O Terra Alta nel cuore della Catalogna, un rosso di raro equilibrio, taglio bordolese con una vibe territoriale, inizialmente sembra familiare ma poi al sorso si spinge in territori inesplorati. Naso speziato e chiaroscurale, di complessità mai ermetica, suadente ma di freschezza che sorprende, un vino di scalpitante intensità e di persistenza tendente all’eterno.
5-Bodegas Mas que vino, La Pazuela: Tempranillo 80% (da queste parti, Toledo si chiama Cencibel), e Garnacha tinta, nonostante la concentrazione frutto di 18 mesi di barrique francese, un vino dalla dinamica gustativa sorprendente e dalla leggerezza quasi calviniana, un rosso davvero unico, dal potenziale evolutivo enorme, da beva compulsiva nonostante il grado alcolico e la struttura. Complimenti.
6-Parés Baltà, Cava Històric: pionieri della biodinamica in Spagna, metodo classico certificato Demeter. Le uve sono quelle tipiche del Pendés, Xarel·lo, Macabeo y Parellada, 36 mesi di crianza sui lieviti, naso morbido avvolgente che sa di latitudini ben diverse, perlage in linea con l’olfatto pieno ma mai troppo aggressivo, rustica eleganza, persistenza magnifica, una scoperta vera.
7-Pietra Fluida, Liastan Negro: siamo a Tenerife, terreni vulcanici un rosso che sembra venire da un pianeta diverso e più giusto di questo, almeno dal punto di vista enologico. Naso speziato e provocante, tra sottobosco e piccola frutta rossa, piccante. Sorso fluido, magmatico e sorprendente, sapidità minerale che sostiene l’allungo, freschezza e materia, un vino completo, alieno che appaga alla follia.
8-Chapirete Prefiloxérico: verdejo in purezza da vigneti pre philossera (sì, ci sono anche in Spagna). Ovviamente viti centenarie a bassissima resa, balsamico e mediterraneo al naso, minerale dall’allungo sapido straordinario, un verdejo che sfiora l’astrazione tanto è difficile da incasellare. Acidità, freschezza, bilanciate in un equilibrio favoloso. Un vino da antologia, dalla Rueda.