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Vino e dintorni

La sfida di Abraxas tra suoli vulcanici, vigneti terrazzati e quei rossi che non ti aspetti. La nostra degustazione a Pantelleria

04 Luglio 2025
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Pantelleria, isola ruvida e luminosa, nera di lava e verde di viti, è la perla più selvaggia del Mediterraneo. In questo scenario unico abbiamo avuto l’opportunità di visitare l’azienda Abraxas che oggi torna a splendere grazie all’impegno della famiglia Scudieri, con il progetto “Tenute Scudieri”.

La cantina Abraxas è la più alta dell’isola e sorge a circa 600 metri di altezza, adagiata sui pendii di Montagna Grande e costruita secondo l’antica tradizione vinicola pantesca. Nei circa 18 ettari coltivati a vite trovano spazio vitigni autoctoni e alloctoni distribuiti a diverse alture. Dalla vigna di zibibbo (o Moscato d’Alessandria) situata a Bukkuram, a due passi dal mare e nella parte dell’isola che si affaccia sull’Africa, fino alle alture di Vipera e Randazzo, due contrade dell’isola. L’azienda produce sessantamila bottiglie.

Tra suoli vulcanici, vigneti terrazzati e brezze marine costanti, abbiamo vissuto un’esperienza immersiva, culminata con una degustazione in cantina guidata da Federico Latteri, critico esperto e wine writer del nostro giornale.

“La differenza più marcata tra i due siti, Kuddia Randazzo e Bukkuram – spiega Latteri – è senz’altro l’altitudine: a Randazzo siamo a quasi 600 metri sul livello del mare, mentre i vigneti dell’altro versante si trovano mediamente intorno ai 170 metri, anche se con qualche variazione. Ma oltre all’altitudine, sono i suoli a cambiare in modo significativo. A Randazzo sono di medio impasto, più compatti e con una buona componente argillosa, sempre su base vulcanica, ovviamente, mentre i suoli dove cresce lo Zibibbo sono molto più sciolti e prevalentemente sabbiosi. Anche lì parliamo di origine vulcanica, ma l’effetto pedologico è del tutto diverso”.

Un elemento che racconta l’adattamento dell’azienda all’ambiente è la scelta dei sistemi di allevamento. “Nei vigneti destinati allo Zibibbo, viene ancora utilizzato l’alberello pantesco – spiega Latteri – che dal 2014 è riconosciuto dall’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità. È una forma di allevamento storica, nata per resistere al vento costante e alla scarsità d’acqua. Nei vigneti in altura, invece, dove si coltivano i rossi, troviamo la spalliera, anche se in una versione più bassa rispetto a quella classica: una spalliera adattata alle condizioni pedoclimatiche dell’isola”.

La degustazione dei vini

Il viaggio nel bicchiere inizia con il rosato e il bianco di Abraxas. “Basta mettere il naso nel bicchiere e siamo subito a Pantelleria, nel cuore del Mar Mediterraneo”. Così apre la degustazione Federico Latteri, e con poche parole ci introduce alla forza espressiva del territorio, subito evidente nei primi due vini.

Il primo vino in degustazione è il rosato Reseda 2024, prodotto con Nero d’Avola e Syrah coltivati nei vigneti in altura, nella parte più fresca dell’isola. “Dal colore chiarissimo – spiega Latteri – ottenuto da una brevissima macerazione. È un vino che non punta a un’espressione varietale marcata, ma piuttosto a una delicata armonia tra freschezza, note fruttate leggere e bevibilità. L’annata in degustazione è frutto di una vendemmia leggermente anticipata, per preservare acidità e tensione, elementi che danno al vino il suo carattere elegante e snello.

Il secondo vino è Alsine 2024, un bianco aromatico dal profilo sorprendente: 85% Zibibbo, completato da Viognier, un vitigno tipicamente settentrionale. “È un vino di fortissima impronta aromatica – spiega Latteri – come spesso accade nei vini isolani, e in particolare qui a Pantelleria, il varietale si fonde con le componenti del territorio. Il Moscato (lo Zibibbo è una sua variante) in genere porta note floreali di rosa, come vediamo in molte versioni continentali o europee. Ma qui, al naso, è il gelsomino che emerge prima di tutto. È una caratteristica tipica del contesto mediterraneo”. Il Viognier, pur presente in piccola percentuale, contribuisce con note di frutta gialla matura e un accenno di rotondità che arricchisce la struttura del vino. “La cosa più interessante – aggiunge – è che spesso nei vini aromatici si trovano delle “code amare”, dovute a molecole aromatiche particolarmente marcate. In questo caso, invece, tutto è perfettamente bilanciato: il vino è aromatico ma pulito, senza alcuna nota amarognola finale”.

I vini rossi

Sabj 2022– Blend di Nero d’Avola e Alicante. È il primo vino che degustiamo, e già qui si percepisce forte il carattere mediterraneo. Nonostante l’Alicante sia in percentuale minore, i suoi profumi – fiori rossi e frutta matura – emergono chiaramente. È un vino agile, fresco, pensato per essere bevuto con facilità, ma che porta in sé tutta l’energia del territorio”.

Oxalis 2023– Merlot, Cabernet Franc e Mondeuse. “Qui si cambia registro – sottolinea Latteri -; la struttura cresce, i tannini diventano più presenti ma restano vellutati. Interessante notare come il Cabernet Franc, solitamente noto per il suo carattere vegetale, qui restituisca piuttosto sentori mediterranei, quasi di garrigue. Un vino che parla di sole e vento, ma con complessità”.

Vipera 2023 – Cabernet Franc e Merlot, prende il nome da una specifica particella vitata situata in altura, nella contrada Randazzo. È il vino che esprime al meglio la prospettiva evolutiva dell’azienda. Le rese sono molto basse, la concentrazione è alta, ma il vino non perde mai finezza. “L’idea è di ispirarsi all’espressione più classica del Cabernet Franc e del Merlot che conosciamo nei grandi vini di Saint-Émilion. Anche qui, però, il risultato è qualcosa di profondamente diverso: un vino solare, giovane ma già complesso, con grande profondità. Al palato, i tannini sono fitti e presenti, ma non eccessivi: non ci sono estremi né nella struttura né nell’astringenza. È un vino che esprime finezza, equilibrio e promette un’evoluzione molto interessante nel tempo. Sicuramente, tra i tre, è quello che mostra le prospettive più importanti di crescita e affinamento”.

Due volti del Passito di Pantelleria: Sentivento e Don Achille

Sentivento 2017

Il primo vino in degustazione è il Sentivento 2017, un passito che nasce da uve raccolte in parte nella contrada di Mueggen e in parte da piccoli conferitori locali. Una parte delle uve viene lasciata ad appassire naturalmente e poi aggiunta durante la fermentazione del mosto fresco. Questa tecnica, classica a Pantelleria, permette di ottenere una ricchezza aromatica più stratificata. “Uno degli aspetti fondamentali nella produzione del passito – spiega Latteri – è capire quando aggiungere l’uva passa e per quanto tempo lasciarla macerare. Ogni annata è diversa, ogni microzona ha i suoi tempi, e proprio questa imprevedibilità rende i passiti di Pantelleria così unici e non standardizzabili”.

Il Sentivento si presenta ancora giovane e vivace, con note dominanti di pesca sciroppata, albicocca matura e frutta gialla. L’aromaticità è intensa ma non eccessiva, e al palato si mantiene ben bilanciato, con un residuo zuccherino importante ma sempre sorretto dalla freschezza. È un vino che parla ancora di frutto, di immediatezza, ma con grande pulizia.

Don Achille 2014

Il secondo vino, il Don Achille, nasce esclusivamente da uve coltivate attorno alla località Baia del Sole, contrada Bukkuram, dove si trovano i vigneti storici dell’azienda. Rispetto al Sentivento, presenta alcune differenze importanti. Una parte del vino viene affinata in legno (dal 2014 in poi). L’origine delle uve è più ristretta e selezionata, provenendo da un singolo areale. Lo stile generale è più evoluto, sia nel profilo aromatico che nell’equilibrio gustativo.

Se nel Sentivento dominavano la pesca e l’albicocca qui si avvertono profumi più complessi: fichi secchi, datteri, miele scuro, e sentori più profondi che suggeriscono un’evoluzione importante. Ma ciò che colpisce davvero è il cambio di equilibrio al palato:

“Il Don Achille è un vino più tranquillo, più disteso, come una persona anziana che ha vissuto molto e ora ha raggiunto una saggezza interiore. La dolcezza è sempre ben bilanciata, ma il vino è più rotondo, più profondo, con una struttura avvolgente che si apre lentamente. È un vino più complesso, ma anche più sereno”, conclude Latteri.