La cantina Paternoster compie cento anni e celebra il traguardo con un gesto che parla di memoria e rinascita: la riscoperta e il restauro della Cantina del Barone Rotondo, un complesso di grotte ipogee del Quattrocento riportate alla luce e trasformate in un nuovo Caveau dell’Aglianico.
È questo il cuore delle celebrazioni per il centenario della storica azienda di Barile, oggi guidata dalla quarta generazione, con l’enologo Fabio Mecca Paternoster, e dal 2016 parte della Tommasi Family Estates.
Fondata nel 1925 da Anselmo Paternoster, la cantina è stata tra le prime a credere nel potenziale dell’Aglianico del Vulture, quando la Basilicata del vino era ancora un territorio tutto da scrivere. Da allora, un secolo di lavoro ha consolidato un’identità profonda e coerente, rimasta fedele al carattere originario del Vulture: austero, minerale, potente e autentico.
«Questo centenario ha un valore profondamente personale – racconta Fabio Mecca – ma rappresenta soprattutto un nuovo inizio. Paternoster è la storia di una famiglia che ha creduto nel Vulture quando pochi lo facevano. Oggi celebriamo il passato guardando al futuro, con lo stesso spirito pionieristico di mio bisnonno Anselmo, ma con idee e strumenti moderni».
Il racconto di questo anniversario non si consuma in una festa, ma prende corpo in un luogo ritrovato, dove tutto nasce da un ricordo tramandato: «Mio padre e mio nonno parlavano spesso di una neviera sepolta dai rovi, dimenticata dal tempo – spiega Fabio –. Nel 2020 abbiamo liberato il terreno, riportando alla luce le strutture datate 1476: cisterne, camini, cunicoli, frutto di un restauro conservativo condotto con materiali locali».
Quella che in origine era una grotta ipogea naturale, dei Caracciolo di Torella e affidata al Barone Nicola Rotondo per la raccolta della neve e la conservazione dell’acqua, è tornata a nuova vita in soli quattro mesi di lavori. Un’opera compiuta con passione e con le proprie forze, destinata a diventare la nuova “cattedrale” dell’Aglianico.
Il risultato è un luogo di intensa suggestione, sospeso tra roccia e memoria, dove il tempo sembra rallentare e il vino trova una dimensione di silenzio e profondità. «Quando si entra qui – continua Fabio – si percepisce che non è solo una cantina, ma un organismo vivo. È un luogo di respiro, dove ogni pietra ha una voce».
Da qui nasce anche un nuovo progetto dedicato all’accoglienza e all’enoturismo, con spazi aperti al pubblico, percorsi di visita e degustazioni pensate per far conoscere la cultura del Vulture, dai visitatori locali a chi arriva da lontano.
Per Giancarlo Tommasi, enologo e direttore tecnico di Tommasi Family Estates, questa rinascita è la sintesi perfetta della filosofia del gruppo: «Paternoster incarna la nostra idea di viticoltura: valorizzare territori autentici, mettere in dialogo competenza e memoria. Il Vulture ha un potenziale straordinario, e Paternoster ne rappresenta l’anima più sincera».
Le celebrazioni del centenario sono state anche un viaggio nella memoria enologica della famiglia, con due degustazioni dedicate ai vini simbolo della casa: il Don Anselmo, omaggio al fondatore e alle radici, e il Rotondo, tributo alla rinascita e alla continuità.
Il Don Anselmo, Aglianico del Vulture di grande espressività e concretezza, nasce da vigneti storici nel comune di Barile, con ceppi di oltre cinquant’anni affondati in suoli vulcanici ricchi di tufo e minerali. Dopo più di due anni di affinamento in botti grandi e tonneaux, racconta il legame profondo tra vino e territorio. «Prima di Don Anselmo – ricorda Fabio – esisteva solo l’Aglianico del Vulture. Questo vino nasce nel 1985, in un periodo difficile per l’Italia del vino, dopo lo scandalo del metanolo. Mio padre e mio nonno vollero ridare dignità a una terra e a un nome. Don Anselmo è il nostro omaggio al fondatore, colui che ha trasformato un’emozione in un patrimonio di famiglia».
Nella verticale proposta, la 2006 mostra ancora energia e compostezza, con un profilo olfattivo vivo e le sue caratterizzanti note di liquirizia. La 2016, classica e armonica, conferma la finezza e la lunghezza di un Aglianico equilibrato e profondo, mentre la 2017, più calda e concentrata, rivela un carattere fiero e speziato, con un tannino graffiante che ne definisce il profilo. Chiude il cerchio il Don Anselmo 2018, presentato in anteprima: un vino ancora in divenire, che già mostra forza e profondità e che uscirà entro fine anno.
La seconda degustazione ha visto protagonista il Rotondo, Aglianico del Vulture Superiore DOC, oggi Barone Rotondo Aglianico del Vulture Superiore DOCG, tributo al passato e al futuro della cantina. Una mini-verticale che ha attraversato oltre vent’anni di storia: dalla 1998, affascinante e ancora sorprendentemente viva e fresca, alla 2004, elegante e speziata, passando per la 2012, più matura e avvolgente, fino alla 2020, oggi Aglianico del Vulture Superiore DOCG Barone Rotondo.
«Il Rotondo – spiega Fabio – nasce alla fine degli anni Novanta come un esperimento innovativo: un Aglianico da un unico vigneto, affinato in barrique nuove e con la malolattica svolta in legno, per ottenere un profilo più morbido e immediato senza perdere identità. Fu il primo vino lucano a conquistare i Tre Bicchieri del Gambero Rosso, una tappa che ci ha confermato che stavamo andando nella direzione giusta».
Cento anni dopo la prima vendemmia, Paternoster resta voce e simbolo del Vulture, una terra dove il vino nasce dal fuoco e si affina nel silenzio. È una storia di famiglia, di pietra e di tempo, che attraversa le generazioni come un filo rosso. Come accade solo alle grandi storie del vino, la vera modernità è saper restare fedeli alle proprie radici.