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L'intervista

“Io ex astemio, la Guida ai vini e Slow Food: vi spiego le bevute imperdibili quest’anno”

08 Ottobre 2022
gariglio gariglio

(Giancarlo Gariglio)

di Titti Casiello

 

A poche ore dall’uscita della tredicesima edizione della Guida Slow Wine 2023, abbiamo intervistato Giancarlo Gariglio, curatore della stessa, che tra ricordi passati, visioni future e osservazioni sul presente ci ha raccontato il suo mondo del vino.

Curatore della guida Slow Wine da tredici edizioni, ma sulla tua carta di identità, quella vecchia, che c’era scritto alla voce professione?
In realtà io ho sempre fatto questo. Ho iniziato a lavorare in Slow Food che avevo 25 anni e da allora non l’ho mai più mollata. Ho una laurea in economia, ma di fatto è rimasta nel cassetto.

Qual è stato l’incontro enoico determinante?
E’ stato proprio Slow Food. Ho svolto il servizio civile lì. E quando ho terminato questa esperienza, il giorno dopo, ero già, a tutti gli effetti, un collaboratore attivo di Slow Food. Considera, poi, che ero completamente astemio quando sono entrato per la prima volta in associazione.

Suppongo allora che da piccolo andavi più per funghi che per cantine?
Si, in casa si beveva davvero male, e non mi sono mai appassionato al vino, se non alla soglia di 25 anni, dopo aver superato, appunto, il “problema” dell’astemia.

Quindi se Giancarlo Gariglio non avesse incontrato il Genio civile (e quello enoico) direttamente in Slow Food oggi Giancarlo Gariglio cosa farebbe?
Penso il giornalista. Mi è sempre piaciuto molto scrivere, già prima di Slow Food scrivevo di economia su un settimanale di Torino. Quindi credo che la strada, almeno quella della scrittura, non mi avrebbe portato tanto lontano.

Però oggi sei Giancarlo Gariglio della Guida Slow Wine arrivata alla tredicesima edizione. All’attivo oltre 200 collaboratori sparsi in tutta Italia e un numero di guide vendute che sfiora ogni anno la soglia delle quarantamila copie. Insomma c’è tanta imprenditorialità e tanto pragmatismo. Ma c’è ancora spazio per quella vecchia passione enoica?
Il mondo editoriale deve essere costantemente supportato con organizzazione di eventi, per far si che il lavoro giornalistico di Slow Wine sia sostenibile, anche, da un punto di vista economico. Quindi sono spesso in giro, per l’Italia e anche per il mondo per promuovere l’Associazione. Però si, senza dubbio, riesco ancora a ritagliarmi uno spazio per le mie curiosità enoiche. Sempre di meno certo, ma per fortuna la passione è rimasta immutata.

Sì? E allora lasciamola rivivere: un passato, un presente e un futuro in tre calici proposti da Giancarlo Gariglio.
Il passato è sicuramente legato alla mia infanzia, ho i nonni valdostani, quindi scelgo lo Chardonnay “Cuvée Bois” di Les Crêtes e poi perché quando ho iniziato a lavorare in Slow Wine nessuno voleva occuparsi della Valle d’Aosta e alla fine proprio con Costantino Charrère (patron di Les Crêtes), anni dopo, abbiamo creato, insieme, la Fivi. Insomma ci sono tanti ricordi e tanto affetto in questo vino e per il suo produttore. Per il presente sceglierei, invece, un calice di rosso, con il Taurasi Poliphemo di Luigi Tecce. Un produttore che, secondo me, interpreta la contemporaneità come pochi altri. Penso che qui la filosofia del naturale e la maestria della tecnica siano unite in quello che ritengo sia uno dei vini rossi più buoni d’Italia. Per il futuro, scelgo una zona nuova su cui puntare anche per Slow Wine Coalition. Qualche settimana fa, a Terra Madre, ho provato un buon un vino argentino della zona di Mendoza: Canopus è un produttore che produce sia Malbec che Pinot nero in agricoltura biodinamica. Molto buono, davvero. L’Argentina è una di quelle nazioni che ancora non è coperta dalla guida, ma non escludiamo che ci sarà per le prossime edizioni.

Continuiamo sulla scia dell’amarcord. Per il ciclo delle interviste impossibili (storico programma radiofonico della Rai nel ’74) chi vorresti incontrare del passato per strappargli un winetelling?
Henri Jayer, re indiscusso della Borgogna. E’ un vino che ancora non ho mai bevuto, anche perché non me lo posso permettere! La sua Borgogna ha raggiunto prezzi impossibili e forse per prima cosa gli chiederei, proprio, se si sarebbe mai aspettato tutto questo successo (anche in termini economici, intendo). Di lui non so praticamente nulla e mi piacerebbe ascoltarlo. (Cfr: Henri Jayer è morto nel 2006 dopo essersi ufficiosamente ritirato diversi anni prima. Ha continuato, infatti, fino alla fine, a lavorare sia in vigna che in cantina con suo nipote Emmanuel Rouget).

Ritorniamo al presente e alle parole che hai pronunciato non più di qualche mese fa in occasione della prima edizione di Slow Wine Fair: “il vino deve essere buono, pulito e giusto”. Senza addentrarci nel buono, visto che neppure la Treccani riuscirà mai a trovare una definizione che possa mettere tutti d’accordo in tema di vino, parliamo di pulito e di giusto con due domande secche e dirette.
Pulito, per Slow Wine sta per sostenibile: la guida quest’anno ha recensito 1957 cantine, alcune (non tante per la verità) dalle grandi dimensioni e dai grandi numeri. Pensi che grande possa essere sostenibile? E’ un’equazione che sta in piedi?
Piccole e medie dimensioni sono senza dubbio, per noi della guida, le aziende agricole dalle quali, statisticamente, si produce maggiormente un vino buono. Ma questo non è però vero in termini assoluti. Non scegliamo aprioristicamente in base alle dimensioni delle aziende, ma ci basiamo, in ogni caso, sempre sulle nostre degustazioni. Però è sicuramente vero che i costi della ricerca scientifica e gli investimenti verso una maggiore sostenibilità ambientale se li possono permettere di più le grandi aziende. Riuscendo molto più spesso loro che le piccole aziende, ad ottenere risultati in questo termini. L’anno scorso, ad esempio, abbiamo assegnato il premio sostenibilità a Ceretto, un’azienda che conta più di 100 ettari, proprio per i grandi investimenti sul biologico e sulla biodinamica, che probabilmente solo una grande azienda, come Ceretto, può sostenere economicamente.

Giusto, per Slow Wine sta nella necessità di stabilire (giustamente) un equo compenso per chi lavora nel mondo del vino. Parliamo allora dell’altra parte del mondo del vino, quella del consumatore. I prezzi a scaffali dei vini buoni e puliti secondo te sono anche giusti?
Sui prezzi entriamo in una dinamica molto particolare. In alcuni casi esistono dei vini i cui prezzi sono molto speculativi, e lì è il mercato. Per cui nulla quaestio. Ma secondo me c’è una grande fetta di mercato dove si collocano vini fatti bene e con cura, che si possono ancora acquistare in una fascia che va dai 12 ai 20 euro. Certo non sono le solite denominazioni con la B (vedasi Barolo-Barbaresco- Brunello), ma se il consumatore è un curioso, avrà la possibilità di pescare davvero molto bene nel mondo delle piccole denominazioni italiane.

Siamo al giro finale di boa. Ti aspetta un gran bel bagno di folla, a Milano, per la presentazione della guida Slow Wine 2023. Cinque vini recensiti in guida che devo assolutamente provare:
– Collio Bianco Doc – Edi Keber (Friuli Venezia Giulia)
– Roero Arneis Alberto Oggero 2021 (Piemonte)
– Chianti Classico DOCG – Erta di Radda (Toscana)
– Piedirosso Campi Flegrei DOP “Colle Rotondella” – Cantine Astroni (Campania)
– Catarratto DOC Sicilia “Terre Rosse di Giabbascio” – Centopassi (Sicilia)
(n.b. per le annate dovremo sfogliare la guida)

Ma che beve Giancarlo Gariglio stasera?
Stasera birra, devo tenermi leggero per domani.