Quale migliore occasione di un menù celebrativo per ripercorrere – o scoprire con l’incanto della prima volta – una selezione di piatti iconici della cucina avanguardista di Heston Blumenthal? La ricorrenza è stata quella del trentennale dell’insegna tristellata The Fat Duck a Bray, a nemmeno 50 chilometri da Londra, da cui partì l’avventura dello chef. Il villaggio è una destinazione gastronomica da pacchia in quanto sono addirittura due i tristellati con il secondo, il Waterside Inn, che propone cucina francese. E si aggiunge, con un macaron, The Hinds Head.
Il menù d’anniversario del ristorante, che è stato in cima nella lista dei 50 Best, è stato proposto anche nel cuore di Londra, a poca distanza da Hyde Park e dalle scintillanti vetrine di Harrods, esattamente al Dinner by Heston Blumenthal del Mandarin Oriental Hyde Park dove il menù è stato disponibile solo nel mese di luglio (225 sterline a cena).
Entrare al 66 Knightsbridge significa dare un morso all’opulenza. Dopo il cordiale saluto dell’impeccabile portiere all’ingresso, si apre la hall con il suo vanto di decorazioni floreali di maestria assoluta, promessa di bellezza e comfort che il vero lusso sa mantenere. Qui, dove le stelle Michelin sono due, l’idea è stata di riportare in vita, tra tecnica e reinterpretazione, pietanze storiche di antiche ricette inglesi.
In molti tavoli arriva un signature dish: il “Meat fruit“, rivisitazione sorprendente e innovativa di una ricetta medievale, servita con le fette tostate di pane a pasta acida. Sembra un mandarino lucidato per bene, con tanto di picciolo e foglie eduli. Il piatto – un setoso patè di fegatini di pollo che vaga tra morbidezza e pungenza, ben bilanciato in acidità dalla gelatina di mandarino – è uno di quelli valgono il viaggio e lo si ordina di nuovo quando si torna con buona pace di tutti gli altri patè.
Il cameriere si presenta con tre carte-codice: il cliente sceglie se a parlare sarà solo il cibo oppure no. La seconda alternativa regala appena un’introduzione a quanto servito mentre l’ultima arricchisce il viaggio gastronomico con più dettagli. Tre le opzioni di abbinamento con cinque vini: Scoperta, The Fat Duck Anniversary e Prestige, rispettivamente al costo di 165, 245 e 495 sterline.
“The Fat Duck 30th Anniversary Celebration Menu” inizia sulle corde ludiche dell’aperitivo lanciato nel 2001. “Nitro-Poached” è un cocktail al tè verde matcha ed essenza di limone “cucinato” in pochi secondi, davanti all’ospite, nell’azoto liquido. Il risultato è una meringa rinfrescante per il palato, da mangiare in un solo boccone appena pronto, giusto dopo essersi goduti il momento della preparazione. E che poi sparisce nel nulla. Se l’azoto liquido non è più una novità un “effetto wow”, anche se smorzato, va comunque a segno.
Non manca uno dei piatti più rinomati di The Fat Duck, che risale al 2003, “Snail Porridge” per naufragare nei meandri di memorie del gusto e stupire. Il brodo di pollo è unito al porridge di avena e alle lumache con un burro di funghi, scalogno, finocchio, mandorle tritate e prezzemolo.
E subito dopo, per esaltare il contrasto dolce-salato, le capesante, caviale e cioccolato bianco (“Roasted scallop”, 2001). Il piatto è audace, vuole mettere in discussione l’accostamento attraversando con piglio il territorio dell’insolito per poi appagare in sapore e scioglievolezza.
Invece la quarta portata, perfezionata nel 2005, omaggia il classico di Escoffier del 1903: “Turbot Véronique”. Un piatto delicato e saporito, in grado di combinare il rombo con una salsa di champagne, cozze, uva e prezzemolo.
All’incirca nel 1430 era in voga una pietanza ripescata dallo chef con “Alows of Beef”. È l’ultimo piatto salato previsto e ridefinisce l’arrosto medievale con una preparazione in sottovuoto a bassa temperatura e rifinita alla brace. Il pensiero di esaltazione del sapore converge in un felice matrimonio di animelle, gel di cipolla affumicata, ketchup ai funghi e lingua di vitello croccante.
Ha l’aspetto di una torre la rivisitazione della torta Foresta Nera degli anni ’70 (Black Forest Gateau, 2006). Su base di mandorle e ganache al kirsch, un pan di Spagna al cioccolato e mousse al cioccolato bianco e fondente. Quindi le ciliegie, che ben bilanciano la grassezza della mousse.
Un’ultima dolcezza per il finale: una pastiglia di barbabietola e ribes nero che deve confondere i sensi tra frutta e verdura. E soprattutto la caramella con l’involucro trasparente: non la si scarta, la si mangia tutta. È un gioco per le papille che arriva dopo una preparazione che impiega sino a 38 ore. Un ultimo tocco per stupire i sensi e ci riesce benissimo.