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Il caso

Giù le mani dai sommelier in Italia, anche se negli Usa si inizia a farne a meno nei ristoranti

08 Marzo 2024
Dall’alto a sinistra Chicco Cerea, Alessandro Pipero, Pinuccio La Rosa, Eleora Cozzella, Enzo Vizzari, Alessandra Dal Monte Dall’alto a sinistra Chicco Cerea, Alessandro Pipero, Pinuccio La Rosa, Eleora Cozzella, Enzo Vizzari, Alessandra Dal Monte

In America lo chiamano il tramonto dei sommelier, in Italia giù le mani da questa figura nei ristoranti. Dopo l’articolo pubblicato dal New York Times da Eric Asimov, in cui sono stati intervistati ristoratori della Grande Mela decisi a fare a meno dei sommelier nei loro locali per i costi troppo alti, noi di Cronache di Gusto abbiamo provato a capire se questa tendenza possa arrivare prima o poi anche in Italia. La risposta degli addetti ai lavori è netta: no, la figura del sommelier è fondamentale. 

“Non si può rinunciare, soprattutto in un ristorante di alto livello”, ci dice Pinuccio La Rosa della Locanda di Don Serafino a Ragusa Ibla. “Grazie alla sua preparazione un sommelier è addetto anche a creare la cantina di un ristorante. Il limite arriva quando non sa vendere: se un sommelier è un bravo venditore riesce a sviluppare un relativo ricavo nel ristorante. Quindi deve sapere comprare e deve saper vendere”. Della stessa opinione è Alessandro Pipero, proprietario dell’omonimo ristorante stellato a Roma. Lui si sbilancia: “La star in sala è proprio il sommelier, come si può pensare di mandarlo via? Si tratta della persona più a contatto con il cliente, che parla e consiglia. Oggi nei ristoranti italiani si potrebbe rimanere senza maître, anche perché è più facile che un sommelier possa ricoprire anche questa figura. Se poi si parla di un bravo professionista che ha rapporti con i fornitori non c’è altro da aggiungere. Puoi limare su tutto ma non sul sommelier”.

E anche se l’America solitamente anticipa le tendenze, c’è chi in Italia va in controtendenza rispetto alla decisione dei ristoranti di New York. Ce ne parla Enrico Cerea, detto Chicco, Executive Chef e proprietario insieme alla famiglia del ristorante “Da Vittorio”: “Siamo partiti solo con un sommelier e oggi ne abbiamo ben quattro. È una figura professionale che può dare un plus anche sul conto finale, oltre ad avere la competenza di fare apprezzare ai clienti un vino importante. È necessario avere in sala una figura che riesca a raccontare e a diffondere la cultura del vino italiana e internazionale”.

 

Concordi anche dalla critica giornalistica. Enzo Vizzari, firma del Gambero Rosso, è convinto che in un ristorante di alto livello la figura sia insostituibile: “Chi ha una cantina non può non avere un sommelier. Ci sarebbe però da fare un ragionamento sulla crisi del mondo della ristorazione. In Italia troppi ristoranti cercano personale qualificato come i sommelier senza trovarne. C’è però da dire che si tratta di un settore nel quale fino a pochissimo tempo fa se non fino all’attualità stessa c’è stata molta “disinvoltura” nel rispetto dei contratti ed è per questo che i giovani vedono non di buon occhio lo sbocco nella ristorazione”.

Un altro punto di riflessione lo dà Alessandra Dal Monte, giornalista di Cook del Corriere della Sera: “Il sommelier è fondamentale ma è una figura non riconosciuta giuridicamente. Nella ristorazione media si preferisce, così come accade in America, puntare su mestieri ibridi anche nella cura della carta dei vini. È chiaro, però, che chi rinuncia a un sommelier non punta nel suo locale sulla carta dei vini”.

Della stessa opinione è Eleonora Cozzella di Repubblica: “”In teoria si può fare a meno di tante cose, in pratica no. Ai fine di una buona esperienza è necessario parlare con qualcuno di competente. Negli Usa molte professioni sono solo a compartimenti stagni, qui in Italia spesso un sommelier è anche direttore di sala e maître, abbiamo figure multidisciplinari. Una cosa è certa: il sommelier è qualcuno che ama ascoltare”.