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Il personaggio

Pino Cuttaia: il mio sogno post pandemia? Aprire un ristorante in un hotel a Milano

17 Marzo 2021
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di Stefania Petrotta

Al momento è un sogno. Anzi, siamo certi, qualcosa di più. Perché quando Pino Cuttaia fa il visionario sappiamo per certo che l’idea ha già fatto qualche passo concreto.

Così quando durante l’intervista racconta che il suo sogno post virus è aprire un ristorante in un albergo di Milano, vuol dire che c’è un progetto, magari embrionale, ma c’è. Magari ci sono stati incontri, business plan e quanto necessario per avviare il progetto. Con Pino Cuttaia, chef italiano tra i più acclamati, patron de La Madia di Licata in provincia di Agrigento, due stelle Michelin e presidente de Le Soste di Ulisse, parliamo di tanto altro. Ma durante la conversazione spunta questa idea. “Sì, il mio sogno dopo questa emergenza sanitaria è quello di aprire un ristorante in un bell’albergo di Milano. La Madia non si tocca, ma penso che potrei benissimo avviare un secondo locale. Perché Milano? Perché è l’ombelico di Italia. Sta vivendo un momento complicato. Ma saprà riprendersi alla grande e vorrei esserci. C’e un ragionamento in corso. Dire di più è un poco prematuro. Ma l’idea c’è. Ad essere onesto, ho già ricevuto molte richieste su Milano perché ci sono molte aperture, ma finora se ne è solo parlato. Chissà…”. La chiacchierata con Cuttaia ha toccato altri temi. E ovviamente prevalgono le riflessioni su quanto sta vivendo l’alta ristorazione in ginocchio da mesi.

La Sicilia torna in zona arancione nonostante i numeri non giustificassero questo provvedimento. E voi richiudete a pranzo. Le cene sono un ricordo. Come state ivendo questo momento?
“Aspettando con pazienza, che è quello che ha fatto tutto il comparto della ristorazione da un anno a questa parte. Perché bisogna dare atto che i ristoratori si siano dimostrati grandi professionisti perché hanno sofferto in silenzio aspettando e subendo anche ingiustizie, diciamolo chiaro. È indubbio che la nostra categoria, una volta superato questo periodo, dovrà prendere decisioni importanti. Non è infatti plausibile che chi fa alta ristorazione sia inserito nello stesso studio di settore che comprende pub, furgoncini ambulanti e locali che vendono street food. È chiaro che quelle sono categorie che, per la loro stessa natura, favoriscono l’assembramento, ma nei nostri ristoranti questo non può accadere perché i distanziamenti sono rispettati già dal posizionamento dei tavoli, non c’è alcun contatto con il personale e le misure di sicurezza, partendo da mascherine e gel antibatterici fino ad arrivare alla registrazione dei nostri ospiti, sono sempre rispettate. Ecco perché abbiamo più volte chiesto che venissero fatti i controlli. Io penso che, in una situazione di emergenza come questa, forse sarebbe stato il caso di coinvolgere l’esercito per presidiare. Da un lato la presenza dei militari avrebbe scongiurato spontaneamente situazioni di assembramento anche per strada, in spiaggia, etc; dall’altro si sarebbe potuto avere un controllo continuo e costante, dando così alla nostra categoria la possibilità di continuare a lavorare in condizioni di sicurezza sia per noi che per la nostra clientela”.

Com’è la situazione in questo momento a Licata?
“Qualche caso di contagio c’è anche ma, tutto sommato, la Sicilia in questo momento non è in allarme come altre regioni. Nel frattempo, rispettiamo la legge e aspettiamo il vaccino. Ma, anche in questo caso, io penso che la priorità vada data anche a chi ha esercizi pubblici come i nostri, sia per permettere a noi di poter continuare il nostro lavoro, che per dare maggiore sicurezza al cliente”.

I fantomatici ristori sono arrivati?
“I ristori sono anche arrivati la prima volta, ma la situazione è comunque insostenibile. Come si pensa che possa fare una persona a vivere dignitosamente con una cassa integrazione di 300-400 euro al mese? Noi abbiamo dovuto integrare lo stipendio dei nostri dipendenti perché si tratta di cifre troppo ridicole. Anche nel periodo delle feste di dicembre, se no sarebbe stato un Natale molto più triste di quello che già non si prospettava”.

Che cosa ha fatto uno chef bistellato in questi mesi di chiusura?
“Non mi sono fermato un attimo. Durante il lockdown mi sono dedicato al mondo della lievitazione, facevo tantissimo pane, così tanto che spesso lo davo al vicinato. Sarà perché sono cresciuto con una nonna che mi raccontava le ristrettezze patite durante la guerra e quindi con la consapevolezza dell’importanza del grano. Con la farina puoi fare tutto. Poi è arrivata l’estate e per fortuna si è lavorato. Ho anche aperto il punto mare della mia bottega Uovo di Seppia e quindi, non solo sono riuscito a far rientrare dalla cassa integrazione tutto il personale, ma addirittura ho dovuto assumere una quindicina di ragazzi che, in questo momento di incertezza, è stata una bella iniezione di speranza. Ma non credo di replicare quest’anno perché è stata un’esperienza che ho fatto spinto dal timore di lavorare poco al ristorante e invece tanto è stato il lavoro che quasi quasi ci siamo ritrovati in difficoltà. Piuttosto preferirei un locale sul mare che fosse aperto tutto l’anno, perché la stagionalità non mi consente, per la sua stessa tempistica, di formare adeguatamente il personale. La maggior parte degli stagionali è costituita da giovani che lavorano giusto per arrotondare, o universitari che in questo modo si pagano le spese degli studi. Non lo fanno per passione e, soprattutto, non sono abituati ai sacrifici e quindi se ne vanno. È lì che capisci quanto il nostro lavoro sia difficile e impegnativo. Si torna al punto di partenza: quanto vale questa professione e tutto il sapere che lo supporta? Alla fine basterebbe questa riflessione per comprendere quanto un pagamento alto sia giusto”.

(La Madia a Licata)

In questo anno, chi ha sentito più spesso?
“Tantissimi colleghi, all’inizio per farci coraggio, poi per confrontarci sul da farsi. I fratelli Cerea, Bartolini, Baronetto, Oldani, Knam, Sadler, La Mantia, solo per citarne alcuni. E naturalmente i colleghi delle Soste di Ulisse con cui ci sentiamo quasi tutti i giorni. La riflessione che ho fatto in questo periodo è quanto la ristorazione debba essere sostenuta, più che dallo Stato, proprio dai clienti, e questo vale sempre, a prescindere da chiusure varie. Sarebbe giusto che almeno una volta all’anno le persone venissero a mangiare al nostro ristorante. Ecco, mi sento di fare proprio questo appello ai siciliani – dico siciliani perché io vivo in questa terra: frequentate i ristoranti non solo come un piacere, ma come un dovere morale con la consapevolezza che, sostenendo noi, sostenete un’intera filiera di piccoli produttori e contribuendo materialmente a sostenere l’economia del territorio. Il cuoco è l’ambasciatore di quel territorio e con lui ci sono studio, ricerca, storia, stagionalità, presidi, sostenibilità ambientale. Stiamo parlando di un fattore culturale. Ci sono degli intrecci nel nostro lavoro per cui il cuoco è una figura attorno alla quale ruota un sistema e una microeconomia locale che il cliente ha il dovere di sostenere. Ma in primo luogo perché ne ricava lui stesso per primo dei benefici. Ecco perché insisto sul fatto che la nostra ristorazione venga catalogata in modo diverso”.

Come immaginare la ripartenza? E quando si ripartirà davvero?
“Secondo me, non ce ne accorgeremo nemmeno, perché sarà un work in progress della normalità. Sarà sicuramente quando saremo tutti vaccinati, penso verso ottobre o novembre. D’estate magari ci sarà un po’ di euforia in più, ma spero con più saggezza rispetto all’anno scorso. La mascherina oggi è un accessorio fondamentale e, per fortuna, ci siamo abituati a tenerla. Se non ce l’hai, quasi ti senti nudo. Quindi penso che farà parte delle nostre vite anche ad emergenza finita. Specie nelle attività commerciali, secondo me, diventerà obbligatoria, un po’ come in cucina il cappello e i guanti, anche per una questione di rispetto verso il prossimo”.

Come ripartiranno, ad emergenza finita, La Madia e l’Uovo di Seppia?
“Io ho fatto un lavoro talmente continuo, non solo in questo ultimo anno, ma proprio durante tutta la mia vita, che non ci saranno delle rotture. Anche la mia proposta in cucina procederà evolvendosi nel tempo come ha sempre fatto. Il mio menù è già incentrato sulla sostenibilità perché ho sempre sentito forte la responsabilità sociale nei confronti del pianeta, e questa è la strada che continuerò a percorrere. Al contempo, dopo questo periodo risulta ancora più evidente quanto occorra diversificare questo lavoro, sia per un discorso di sostenibilità, sia affinché, anche nei momenti di stallo, non ci si debba fermare. Questo sarà possibile incrementando i laboratori di produzione e la vendita online. Io ho parecchio investito in questo senso, ma ho anche cambiato la cucina, ho rimodernato il ristorante, insomma voglio farmi ritrovare pronto. Nei miei locali, sinceramente farò di tutto perché il cliente non pensi minimamente più a questa pandemia. Dico sempre ai miei ragazzi che le persone vengono da noi per stare bene e quindi noi dobbiamo essere complici della loro felicità”.

E come sarà la ripartenza della ristorazione e, in generale, della Sicilia?
“Il mondo è molto cambiato in questo ultimo anno. La gente rimane di più a casa perché lavora in remoto. Ci sono sempre meno rappresentanti in giro e quindi, secondo me, da adesso il ristorante sarà quel luogo dove si concluderanno gli affari più importanti, magari dopo lunghe trattative a distanza. In generale, si andrà al ristorante per spendere il tempo in maniera diversa, con più consapevolezza. La Sicilia sarà sempre una terra di ospitalità, andranno avanti le attività che hanno fatto dei valori le proprie fondamenta, e bisogna investire perché, l’abbiamo visto, la gente ha voglia di tornare a fare una vita normale, di condivisione e convivialità. Quando si riaprirà, torneranno anche i turisti e questo sarà davvero il segnale del ritorno alla normalità. Noi avremo tante coccole da fare, proprio perché ci siamo privati noi di farle e la gente di riceverle. Ma perché ciò possa accadere, occorre che davvero ci si vaccini tutti”.

Progetti?
“Sul fronte delle Soste di Ulisse stiamo lavorando sul portale nuovo per proporre a chi vi accede, alle persone che vogliono venire a fare un viaggio in Sicilia, un’esperienza paesaggistica e gastronomica. Il portale darà la possibilità di crearsi in autonomia l’itinerario partendo da vari pacchetti e si potrà prenotare agevolmente online sia il ristorante che l’albergo. Ci sarà la possibilità di acquistare gift card e abbiamo concordato un protocollo d’intesa con Unicredit per le loro strenne. Inoltre, cosa a cui tengo tantissimo, abbiamo creato un bollino di certificazione di qualità dei produttori delle Soste di Ulisse”.

Quale sarà il primo viaggio di Pino Cuttaia quando ripartiremo?
“Andrò sicuramente in Piemonte da mia mamma perché non la vedo dalla scorsa estate e poi mi piacerebbe andare all’estero, magari circumnavigare il Mediterraneo al quale culturalmente sono molto legato. Mi muoverò anche per andare da qualche collega, per fare cene a 4 mani con amici come Perbellini e Cedroni, solo per citarne due, ma anche all’estero, ad esempio in Turchia con lo chef del ristorante Neolokal di Istanbul, Maksut Aşkar. Ecco, sì, direi che il primo viaggio all’estero sarà ad Istanbul”.