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Birra della settimana

Risotto alla milanese e birra: un vortice di profumi e sapori

10 Marzo 2024
Risotto allo zafferano Risotto allo zafferano

Risotto “allo zafferano” o anche “giallo”: ancor più conosciuto come “alla milanese”. Sì, perché la ricetta, probabile frutto di contaminazioni tra la cucina europea e quelle mediorientali (araba ed ebraica), si attesta, nei repertori documentali, come tipica del capoluogo lombardo già nel corso del medioevo. Un’icona tradizionale, dunque, della gastronomia italiana. Eresia, allora, abbinarla alla birra? Macché: quando un “classico” incontra un “nuovo classico” non c’è proprio niente da temere; c’è solo da mettersi seduti e godersi lo spettacolo: se ne vedrà, anzi se ne assaggerà, delle belle!

IL PIATTO E LA SUA ARCHITETTURA SENSORIALE
La preparazione, pur non terribilmente complessa, richiede tuttavia attenzione, nell’esecuzione dei suoi passaggi: vediamoli perciò, qui di seguito, nei loro snodi fondamentali. Primo: immergere dei pistilli di zafferano in acqua fredda e tenerli sotto infusione per una notte intera. Secondo: in un tegame far sciogliere sul fuoco una noce di burro, facendovi poi stufare un fine trito di cipolla fino a scioglierla (serve un quarto d’ora circa), aggiungendo via via brodo vegetale. Terzo: aggiungere anche il riso, portarlo a doratura (quattro, cinque minuti) e sfumare con vino bianco (lasciandolo ben evaporare). Quarto: procedere con la cottura (quindici minuti), di nuovo irrorando con brodo vegetale, in modo da mantenere i chicchi sempre coperti, per poi ultimarla (altri 5 minuti) dopo aver unito al tutto l’acqua con l’infuso di pistilli. Quinto: spenta la fiamma, amalgamare con burro e formaggio da grattugia (Parmigiano, Grana…), quindi servire in tavola. Risultato: un boccone ad alta densità sensoriale (opulento, lussureggiante); decisamente ben carrozzato in amidi e grassi; dotato di una tendenza gustativa dal timbro dolce e sapido (con qualche minimo accenno di aciduliltà); segnato da un’aromaticità vigorosa, dominata ovviamente dall’impronta dell’ingrediente cardine. Un “tema” di abbinamento non banale: che abbiamo provato a svolgere seguendo tre strade…

CON LA BELGIAN BLOND
Prima birra a salire sul ring, la “Crus Blond” della scuderia “Soralamà” (Vaie, Torino): una Belgian Blond Ale dal colore dorato carico, i cui 7 gradi, sostenuti da una bollicina vitale e da una lieve acidulità di centro corsa, portano nel complesso “a casa”, anzitutto, la missione di massaggiare e rendere assimilabile la densa massa carboidratico-lipidica del risotto. Sul piano gustativo, poi, la sorsata, sostanzialmente dolce e con un amaro davvero appena accennato, non “attacca questione” con la sapidità del piatto; mentre sotto il profilo olfattivo, le direttrici del bicchiere (miele, un filo di fiori di sambuco e uno di chiodi di garofano), pur chiaramente divergenti da quelle della pietanza, dialogano con queste ultime in una polifonia decisamente armonica.

CON LA BELGIAN GOLDEN STRONG
Seconda ripresa: si cresce nella muscolatura alcolica (siamo a quota 8) e in quella cromatica (entrando in territorio propriamente ambrato). Sul quadrato, ecco la “Super” targata “Baladin” (Piozzo, Cuneo), essa stessa un mostro sacro nella storia della pinta artigianale italiana): una Belgian Strong Pale Ale che, proprio per la maggior stazza etilica, assolve ancor più efficacemente – come prima cosa – il compito di gestione della materia amidacea e grassa della portata. E ulteriore miglioramento arriva in fatto di interazioni gustativo-palatali: ché la birra, addirittura più rotonda e meno amara rispetto alla prima, calza a pennello sul profilo sapido del risotto. Infine, il reticolo degli scambi olfattivi tra piatto e bicchiere: i quali, comparati con quelli emersi nell’ambito del primo abbinamento, presentano elementi di diversità (negli aspetti specifici), ma anche di affinità (nell’approccio generale). Infatti, di nuovo, la sorsata dispiega, rispetto a quelli del boccone, argomenti divergenti (mela cotta, mandorla, vaniglia, liquirizia); ma, di nuovo, tali argomenti, pur nella loro differenziazione, s’intrecciano positivamente con la “tracciante” dello zafferano, generando un gradevole “spartito a più voci”.

CON LA SPICED BEER ALLO ZAFFERANO
Sorpresa: per il terzo “assalto” una sfidante dall’armatura alcolica più leggera. Si tratta della “D’ororosso”, etichetta firmata dal marchio “Anbra” (a Fossa, in provincia dell’Aquila): che si caratterizza per un colore paglierino carico, si registra su una gradazione del 5.2% e viene lavorata a bassa fermentazione, al fine di far meglio risaltare il timbro del proprio ingrediente cardine; quale? Ma lo zafferano stesso! Ed ecco i risultati del corpo a corpo. In termini di gestione della poderosa densità grasso-amidacea del boccone, la birra compie inevitabilmente un passo indietro: relativo, peraltro, ché la perdita di slancio etilico è limitata dalla baldanza di una bollicina comunque vibrante. Quanto alle collimazioni gustativo-palatali, troviamo esiti sostanzialmente allineati a quelli messi in archivio con le prime due prove: appena 16 le unità di amaro in questa sorsata il cui svolgimento è fortemente improntato alla morbidezza. Un prevedibile salto di qualità lo troviamo invece nella sfera delle relazioni aromatiche: dove il Dna odoroso del bicchiere riprende, asseconda e amplifica la percezione di quello espresso dal piatto; dando luogo a quell’assenza di discontinuità tra sorso e morso che è alla base di numerosi abbinamenti confortati dal gradimento del pubblico.

BIRRIFICIO SORALAMÀ
Via Nazionale, 14 – Vaie (Torino)
T. 011 9631977
info@soralama.it
www.soralama.it

BIRRIFICIO BALADIN
Località Valle, 25 – Piozzo (Cuneo)
T. 0173 778013
info@baladin.it
www.baladin.it

ANBRA – ANINOMA BRASSERIA AQUILANA
Via delle Canapine, snc – Fossa (l’Aquila)
T. 393 9904357
info@ambra.it
www.anbra.it