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Birra della settimana

Storie di birra e formaggio: la “dolce” tuma siciliana che invita la pinta… a nozze

18 Maggio 2025
Tuma siciliana Tuma siciliana

Tuma e toma. Fare due più due e stabilire un’equivalenza è scontato: dal punto di vista linguistico, una simile supposizione è in parte anche logica. Eppure si tratta di prodotti decisamente diversi e distinti. La toma, o più correttamente le tome (ché ne esistono varianti molteplici), stanno al Nord e nascono da latte prevalentemente vaccino. La tuma, o meglio le tume (precisazione motivata da ragioni identiche a quella precedente), sono tra i fiori all’occhiello della tradizione siciliana, in particolare quella dell’interno; e si ricavano da latte prevalentemente ovino: anzi, nella nozione storica, il termine tuma designa il primo livello (cioè il più basso) nella maturazione dei pecorini, in una scala che, a crescere, mette in fila poi il primosale, il secondo sale e lo stagionato.

UN GUSTO DELICATO… CON FERMEZZA
Ricalcando il carattere della gente isolana, la tuma – iscritta nei registro regionale siciliano dei PAT, Prodotti Agroalimentari Tradizionali – presenta un temperamento organolettico, come dire… delicato ma con fermezza: caratteristica che deriva chiaramente dal suo peculiare processo di lavorazione. In caseificio si parte da latte ovino (o meno frequentemente vaccino, se non un misto tra i due), di solito pastorizzato; si procede con la formazione del coagulo (talvolta con caglio vegetale) e con la sua rottura in glomeruli grossolani; si passa quindi alla formatura in canestri, che conferiranno ai pezzi (prevalentemente cilindrici o troncoconici) un fianco tipicamente rugoso; infine si chiude la lavorazione con l’avvio al consumo, saltando l’aggiunta di sale: ciò che impedisce di fatto una capacità di conservazione superiore ai 15 giorni. In parole povere, questo formaggio – dal colore bianco e dalla pasta morbida – è da assaggiare entro pochi giorni: meglio, peraltro, ché così è in grado di esprimere al massimo le proprie prerogative uniche. Ovvero: aroma latteo (burroso in specie), erbaceo (lascito dell’ambiente di pascolo) e lievemente animale; gusto morbido e dolce, giacché l’acidità (di per sé modesta) è sostanzialmente annullata in percezione dalla percentuale di materia lipidica, oscillante tra il 23 e il 28% circa. Un identikit decisamente interessante, insomma, anche (e soprattutto, per quanto ci riguarda) sul piano degli abbinamenti: in virtù di una rinuncia alla sapidità che apre le porte all’incontro con birre dalla timbrica orientata anche all’amaro. Ecco di seguito tre concrete possibilità di sperimentazione.

CON LA BITTER
Partenza con il piede leggero sulla leva del tasso alcolico: con i suoi 4.5 gradi, ecco in tavola la Roger Bitter, una Best Bitter appunto, nell’interpretazione di Birra 100Venti, marchio piemontese di stanza a Borgomanero (Novara). Ambrata e coronata da fine schiuma avorio, con la sua morigeratezza etilica e la bollicina sottile, forse deve sudarsela un po’ contro la materia grassa del boccone: eppure porta a casa il risultato di un discreto riordino del cavo orale. Quanto alle interazioni gustative, la vena amaricante della sorsata (peraltro fine), non solo non trova sul suo cammino alcun intralcio – da parte del formaggio – di tipo sapido o acido; ma al contrario beneficia dell’effetto mitigante garantito dall’appena citata frazione lipidica della tuma. La quale, infine, indirizza la propria profumazione burrosa a sposarsi con le fragranze biscottate espresse, al naso, dalla pinta: un connubio deliziosamente armonico, evocante sensazioni da frollino o da butterscotch.

CON LA PILS
Etilometro in leggera salita: per l’esattezza fino ai 5 gradi della Belvedere, ossia la Keller Pils di casa Rebel’s, marchio laziale operante a Roma. Colore paglierino carico, aspetto appena velato e vistosa schiuma bianca, la nostra bevuta birra propone, con il boccone, regole d’ingaggio assai simili a quelle operate dalla Bitter: sia sul piano gustativo (con una corrente amara un poco più incisiva) sia su quello delle manovre di gestione della materia lipidica (con il vantaggio di quel mezzo grado alcolico in supplemento). Cambia spartito, invece, il valzer delle relazioni olfattive; con le burrosità della tuma che, in questo caso, ricevono, da parte della birra, un duplice abbraccio: da un lato con la propria nota di pane bianco (a suggerire il ricordo di frugali merende casalinghe), dall’altro con le proprie erbaceità, a lasciar immaginare il sapore di una preparazione (gnudi, ravioli, torte salate) a base di ricotta e spinaci.

CON L’AMERICAN PALE ALE
Gradazione praticamente identica (siamo sul 5.2%) quella su cui si attesta l’ultima birra in pista: ovvero la Riverside targata Hammer (a Villa d’Adda, in provincia di Bergamo), un’American Pale Ale dal colore dorato, dalla velatura omogenea e dalla torreggiante schiuma avorio. Non cambiano neanche le geometrie che governano le relazioni gustative e palatali con la tuma: efficacie il lavoro sul suo filamento grasso del boccone; armonico l’intreccio tra la sua dolcezza setosa e la vena amaricante intrinseca alla sorsata. E, come prima, a cambiare è ancora una volta il dialogo tra le argomentazioni olfattive: qui infatti le burrosità del formaggio accolgono le sensazioni agrumato-esotiche della APA (pompelmo, arancia, ananas), generando suggestioni da frappè o da cheesecake alla frutta

BIRRIFICIO 100VENTI
Via Donizetti, 50/B – Borgomanero (Novara)
T. 0322 1979877; 347 1925502
info@birracentoventi.it
www.birracentoventi.it

REBEL’S BREWERY
Via Ardeatina, 931 – Roma
T. 06 87165259
info@rebelsbrewery.it
www.rebelsbrewery.it

BIRRIFICIO HAMMER
Via Chioso 3/A – Villa d’Adda (Bergamo)
T. 035 793207
info@hammer-beer.it
www.hammer-beer.it