da Torino Bianca Mazzinghi
Stesso vitigno, ma prodotti estremamente differenti.
È questa la peculiarità che offre la Nuova Zelanda, terra, stretta e lunga, con caratteristiche ampelografiche diversissime a seconda dell’area. Paese originariamente colonizzato da cabernet e merlot, vive adesso l’affermazione del Pinot nero. Al Salone del Gusto ne apprezziamo le doti, equilibrio su tutte; ogni bottiglia si rende tuttavia peculiare, vuoi per la freschezza (vedi La Strada 2009 dei produttori svizzeri Fromm Winery), vuoi per la personalità (emerge il Mature Wine 2009, Rippon Vineyard, dai tannini pronunciati, deciso ed elegante).
Il divulgatore e winemaker Jeffrey Chilcott espone magistralmente le caratteristiche dei prodotti della sua terra, presentando bottiglie del 2009 e del 2010, annate molto favorevoli. Il percorso inizia dal giovane Fromm del 2009, un vino lavorato nella zona più colpita dal sole del Paese, Marlborough, parte settentrionale delle isole del sud; prosegue con un High Country di Trinity Hill, stessa annata ma scovato in un’area celebre per cabernet e merlot ma non propriamente adatta al pinot. Questi terreni argillosi, calcarei e quasi sabbiosi della parte destra delle isole del nord garantiscono un prodotto dai tannini muscolari, assolutamente profondo al naso e in cui evidente è la ricerca verso la ricchezza.
Più complesso il Pinot di Antonio Pasquale, italiano di Trieste arrivato nelle isole nel 2004. Odore di terra, buona acidità e lunghezza. Stupisce al gusto l’Earth Smoke 2010, speziato, non ancora del tutto pronto. Ottenuto tramite diraspatura a mano grappolo per grappolo e pigiato coi piedi. Gli ultimi tre calici celebrano al meglio le qualità del vitigno, con il già citato Mature Vine, quindi il Moutere 2010 di Neudorf Vineyards, carico e morbido, che prelude a una possibile evoluzione, e il Block B 2010 di Shubert Wines in chiusura, vinificato 16 mesi in legno, strutturato, rotondo, con sentori dolci, molto diverso rispetto ai più decisi già degustati.
Ne emerge un a complessità di realtà assolutamente da studiare e sperimentare. Del resto, qualcuno già ci prova. Gli ettari destinai al pinot nero sono passati in dieci anni da 2.600 a 4.800, le aziende da 420 a 700. Dagli anni ’80, quando il vitigno fu importato per la prima volta in Nuova Zelanda, molti piccoli produttori hanno iniziato a interessarsi alla varietà e molti altri stanno approcciando; date le possibilità che il terreno concede, non è illusorio aspettarsi in futuro tante interessanti sperimentazioni e novità.