Tra dazi americani, accordi commerciali (sospesi) e il rischio di concorrenza sleale dai Paesi extraeuropei, il settore agroalimentare italiano vive un difficile momento di incertezza.
Un confronto cruciale, tra istituzioni e filiere produttive, è avvenuto a Villa Madama a Roma, tra il Ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste Francesco Lollobrigida e il commissario europeo Maroš Šefčovič. Sul tavolo, due questioni decisive: la partita dell’accordo UE-Mercosur e la nuova impennata di dazi statunitensi che colpiscono pasta, vino, olio e formaggi, pilastri del Made in Italy alimentare.
Convocate le principali organizzazioni del settore, da Coldiretti a Confagricoltura, da Federalimentare a Unionfood, fino a Unione Italiana Vini, il confronto ha messo in luce un’Italia determinata a difendere il proprio sistema agroalimentare ma attraversata da toni differenti.
Se da un lato è emersa la richiesta condivisa di garantire reciprocità negli standard produttivi e maggiore trasparenza nei controlli alle frontiere europee, dall’altro si sono manifestate posizioni diverse sulla strategia da seguire nei negoziati internazionali.
Il commissario Šefčovič ha illustrato l’avanzamento delle trattative con i Paesi del Mercosur e confermato l’impegno della Commissione a collaborare con il governo italiano per ridurre l’impatto dei dazi statunitensi, tutelando la competitività delle imprese. Ma non tutti, al termine dell’incontro, si sono detti soddisfatti.
Il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, ha lamentato la mancanza di risposte concrete sul principio di reciprocità, considerato essenziale per evitare squilibri tra produzioni europee e sudamericane. Ha spiegato: “Non siamo contrari agli accordi commerciali, ma servono regole chiare e controlli veri. Oggi in Europa si verifica appena il 3% dei prodotti importati. Così si alimentano dinamiche al ribasso che penalizzano chi rispetta le regole.” Prandini ha ricordato anche i dati più recenti sull’export alimentare verso gli Stati Uniti, segnato da un agosto nero: -62% per l’olio extravergine, -36% per i derivati del pomodoro, -21% per la pasta. Numeri che raccontano un disagio profondo e un’urgenza condivisa.
Sulla questione della pasta è intervenuta direttamente Margherita Mastromauro, presidente dei pastai italiani di Unione Italiana Food. Ha parlato di un dazio “punitivo e sproporzionato” imposto dal Dipartimento del Commercio americano, che rischia di compromettere un mercato strategico, secondo solo alla Germania per importanza. Ha dichiarato: “Se l’amministrazione statunitense non concederà esenzioni specifiche chiediamo almeno che il dazio del 15% già applicato alle importazioni europee assorba quelli antidumping e antisovvenzione, per evitare una doppia penalizzazione.”
Mastromauro ha colto inoltre l’occasione per richiamare l’attenzione su altri prodotti simbolo di Unione Italiana Food, dal Panettone alla Colomba, dal Savoiardo all’Amaretto, che con la loro crescente diffusione internazionale restano esposti al fenomeno dell’Italian sounding. Ha aggiunto: “Difendere il nome e la qualità dei nostri dolci tipici significa difendere un patrimonio culturale oltre che economico”.
Sulla stessa linea di difesa del valore e della reputazione del Made in Italy si è espresso Lamberto Frescobaldi, presidente di Unione Italiana Vini, che ha sottolineato l’importanza di “coltivare l’alleanza con il trade americano, contrario ai dazi”. Il vino, ha ricordato, è un settore che genera ricchezza anche per gli Stati Uniti: “Ogni dollaro investito in vini europei ne produce 4,5 per l’economia americana. Per questo, i dazi non danneggiano solo noi ma l’intera catena del valore.”
Dall’incontro emerge un quadro complesso ma lucido: il sistema agroalimentare italiano chiede all’Europa un ruolo più incisivo nei negoziati globali, capace di coniugare apertura commerciale e tutela delle proprie filiere. È una partita che non riguarda soltanto l’export, ma l’identità di un modello produttivo fondato sulla qualità, la sostenibilità e la trasparenza.
FP