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Scenari

Olio extravergine, l’Italia sempre più dipendente dall’estero: solo il 45,9% è di origine nazionale

20 Giugno 2025
Olio Olio

I dati pubblicati dai Registri Telematici dell’Olio (RTO), aggiornati al 31 maggio 2025, fotografano una situazione complessa per il comparto oleario italiano: meno della metà dell’olio extravergine di oliva presente sul territorio nazionale proviene da olive coltivate in Italia.

Il dato – solo il 45,9% dell’Evo detenuto è italiano – evidenzia non solo un calo produttivo interno, ma anche una crescente dipendenza dalle importazioni, soprattutto da altri Paesi dell’Unione Europea.

Con 190.638 tonnellate di olio in giacenza – in flessione del 7% rispetto ad aprile e del 6,2% su base annua – l’intero settore risente di una congiuntura sfavorevole. Il calo coinvolge quasi tutte le categorie: -8,4% per l’extravergine, -11,9% per il lampante e -16,9% per l’olio raffinato. Fa eccezione l’olio di sansa, in aumento del 35,6%, probabilmente per effetto di una maggiore valorizzazione degli scarti nei frantoi.

All’interno della categoria principale, l’olio Evo (che rappresenta oltre il 71% del totale stoccato), si assiste a un netto calo delle scorte italiane (-36% su base annua) e a un’impennata di quelle estere, con l’Evo UE in crescita del 57,2%. Una dinamica che riequilibra i volumi disponibili, ma rischia di comprimere i margini per i produttori italiani.

Le difficoltà produttive nazionali sono legate a fattori noti: malattie come la Xylella, lunghi periodi di siccità, eventi meteo estremi e una filiera ancora frammentata. A livello territoriale, quasi la metà delle giacenze totali si concentra nel Mezzogiorno: la Puglia da sola detiene il 26,9% del totale, seguita dalla Calabria con l’11%. Bari e Perugia si distinguono come poli principali per lo stoccaggio, rispettivamente nel Sud e nel Centro Italia.

Nonostante l’Italia conti 50 denominazioni DOP e IGP registrate, il loro impatto reale sul mercato resta limitato: solo l’8,2% dell’olio Evo in giacenza è certificato DOP o IGP. Un dato che solleva interrogativi sull’efficacia commerciale di queste certificazioni, troppo spesso circoscritte a poche etichette conosciute.

Anche l’olio biologico mostra segnali di affanno: le scorte, pari a 22.123 tonnellate, sono diminuite del 28,4% in un anno, pur rappresentando il 16,3% dell’extravergine totale. Le regioni più vocate restano Toscana, Puglia, Sicilia e Umbria. Tuttavia, la contrazione evidenzia difficoltà economiche nel mantenere questo modello produttivo. Dal punto di vista economico, la riduzione delle giacenze può far salire i prezzi, in particolare per l’olio Evo italiano di alta qualità. Ma l’invasione del prodotto estero rischia di rendere meno competitivo quello nazionale, soprattutto nella fascia alta del mercato.

La perdita di 9.661 tonnellate di Evo italiano in un solo mese dimostra quanto fragile sia il sistema e quanto sia urgente intervenire lungo tutta la filiera – dalla produzione alla valorizzazione commerciale – per evitare che l’Italia perda progressivamente terreno su un prodotto simbolo della sua identità agroalimentare.