Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Tutti i numeri di Valoritalia: certificati oltre 21 milioni di ettolitri di vino, ora si punta all’estero e ai giovani

28 Giugno 2023
Da sinistra Giuseppe Liberatore direttore generale di Valoritalia e Francesco Liantonio presidente di Valoritalia Da sinistra Giuseppe Liberatore direttore generale di Valoritalia e Francesco Liantonio presidente di Valoritalia

Dal vigneto alla fascetta: così si può sintetizzare l’operato di Valoritalia. Le fascette sono quelle di 47 Docg, 134 Doc e 37 Igt per un totale di 218 denominazioni, che hanno prodotto oltre 21 milioni di ettolitri certificati pari al 56% sul totale nazionale delle Do e un valore del vino di più di 9 miliardi e 345 milioni di euro. Cifre da capogiro – e senza aver bevuto! – quelle che emergono dall’Annual Report presentato a Roma e relativo al 2022, il primo anno che registra il segno negativo che da tempo ci si aspetta a causa delle turbolenze che hanno impattato sull’economia globale. Una rete estesa in tutta Italia, in 37 sedi – oltre la metà donne – a gestire oltre quattromila verifiche in campo e altrettante in cantina, per più di 54mila campioni di cui non idonei 398 (0,73%) e, fortunatamente per il comparto, 899 quelli rivedibili (1,65%); 158 le non conformità gravi segnalate all’Icqrf -meglio conosciuta come l’ufficio repressione frodi- e quasi mille quelle lievi gestite da Valoritalia stessa. In totale, oltre un miliardo e 353 milioni di contrassegni di Stato gestiti, con un’alta concentrazione nel Nord Est che detiene i ¾ della produzione Do, di cui il 61% è Doc, il 17% Docge il 22% Igt. Una società quindi che, dal 2009 quando venne creata per adeguarsi ai controlli richiesti dall’Ue relativamente all’Ocm vino, è ben assestata e aspira all’estero “grazie al fattore uomo, ossia la formazione dei giovani, a nuove interazioni con i mercati e a sistemi informatici aggiornati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale”: obiettivi ambiziosi ma per il presidente Francesco Liantonio uno sviluppo futuro potrebbe essere una valenza estera all’estero della certificazione Valoritalia.

Ma prima l’Italia e le sue innumerevoli varietà colturali, che in fin dei conti si difendono. Il periodo è complesso, e lo conosciamo bene: da un +20% del 2019 al 2020 che chiude quasi alla pari rispetto all’anno precedente, alla ripresa del +10% nel 2021 fino ai tragici eventi in Ucraina, i cui effetti si ripercuotono sul settore a causa della crisi energetica e dell’irreperibilità della materia prima. Non esita a definirla “economia speculativa” il presidente Liantonio, annunciando il ribasso al -3,8%, corrispondente a 80 milioni di bottiglie in meno, e il probabile segno negativo ancora quest’anno nonostante il primo quadrimestre del 2023 lasci sperare con cauto ottimismo. Ma mentre i big vitivinicoli – capofila il Prosecco, unica a superare il miliardo di fatturato – grazie alle dimensioni accusano meno il colpo, c’è necessità di interventi strutturali per dare equilibrio al settore, composto non solo da campioni mondiali che dimostrano che il vino è ambasciatore a pieno titolo del made in Italy e pertanto indicatore dell’economia italiana. Bisogna però ragionare sul fatto che se le prime 20 Do coprono l’84% dell’imbottigliato, le ultime 118 l’1.6% e solo 27 su 218 certificate da Valoritalia commercializzano volumi annui superiori ai 10 milioni di bottiglie. È evidente che occorre sedersi a un tavolo e parlare di strategia soprattutto per le piccole denominazioni, al fine di cogliere per tempo quella che potrebbe diventare una sofferenza. Una trentina di denominazioni ha registrato infatti cali contenuti entro la soglia del 5%. Il Brunello di Montalcino registra un calo intorno al 14% ma non imputabile alla situazione generale di luci e ombre, in quanto causato da una carenza di prodotto per via della gelata del 2017. Bene Franciacorta, Asti e Moscato d’Asti, Alta Langa, Collio, Lugana, Oltrepò Pavese, Vino Nobile di Montepulciano, Frascati e Castel del Monte. Mentre esempio di come si possa gestire con un’unica strategia un intero settore è dato dall’Istituto marchigiano di tutela vini (Imt).

Tra le certificazioni, non è una sorpresa che le aziende impegnate nello standard bio siano 2.326 e 5.773 quelle nella produzione integrata Sqnpi, tra biologico e convenzionale. Ci tiene a sottolineare il direttore generale di Valoritalia Giuseppe Liberatore quanto stia prendendo piede Equalitas, ora affermata anche all’estero, molto sentita in Nord Europa: “Il 18% delle certificazioni sono per lo standard Equalitas”, specifica. Agisce secondo indicatori di sostenibilità economici, ambientali e sociali tra loro integrati, relativamente a tutte le fasi produttive, dalla vigna al trasporto del prodotto finito. “Questa attività vale il 15% del nostro bilancio su un fatturato di 36 milioni, e fino a 2 anni fa questa parte valeva a meno dell’1%. Secondo noi questo è il futuro e Valoritaria ha da tempo iniziato una diversificazione in questo senso. Sono certo che non potrà stare sul mercato un’azienda che nei prossimi 5 anni non si rende sostenibile”, chiude Giuseppe Liberatore-.