Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervista

“Più qualità, più export e più aggregazione, solo così le cantine supereranno la crisi”

30 Novembre 2020

Le indicazioni e i suggerimenti di Pierluigi Monceri di Banca Intesa Sanpaolo alle aziende vitivinicole colpite dai drastici cali di vendite. “In oltre trent’anni il valore medio del vino più che triplicato, proseguire su questa strada senza trascurare la sostenibilità”. E c’è anche una piattaforma dedicata a chi vuol scommettere sull’e-commerce

Il concorso Sud Top Wine (qui tutti i vini premiati>) è stato organizzato anche grazie alla collaborazione di Banca Intesa Sanpaolo. L’istituto di credito più importante d’Italia per numeri e diffusione sul territorio è molto vicina al mondo del vino. Pierluigi Monceri, responsabile della direzione di Lazio, Abruzzo, Molise, Sicilia e Sardegna traccia in quest’intervista la situazione economica delle cantine fornendo indicazioni e suggerimenti per superare la forte contrazione di vendite del vino in questi mesi.

Direttore Monceri, qual è la fotografia del settore vitivinicolo italiano e nelle regioni da lei guidate, alla vigilia della crisi?
“Negli ultimi trent’anni il vino italiano è passato da un sistema produttivo basato sulla quantità ad un’economia che punta su qualità e valore, scommettendo sulla propria identità, sui legami con il territorio, sulle certificazioni di origine. Oggi l’Italia produce meno vino, ma questo vino vale molto di più: nel 1986 gli ettolitri prodotti erano 77 milioni per un valore aggiunto di 1,3 miliardi di euro, oggi gli ettolitri prodotti sono quasi 50 milioni, il 35% in meno, ma il valore aggiunto è salito a 4,3 miliardi di euro, più del triplo. Le cinque regioni Lazio Sardegna Sicilia Abruzzo e Molise totalizzano quasi un quarto della produzione italiana di vino: nel 2019 la Sicilia è stata la quarta regione italiana per produzione di vino, con oltre 5,6 milioni di ettolitri, ma anche l’Abruzzo è ben posizionato al quinto posto con oltre 3 milioni di ettolitri. Più bassa invece la propensione all’export: meno del 10% sul totale italiano. Le aziende del territorio hanno investito molto anche nel processo di miglioramento qualitativo delle produzioni vitivinicole: in totale nelle 5 regioni sono presenti oltre 120 produzioni Dop/Igp Wine (33 in Sardegna, 31 in Sicilia, 36 nel Lazio, 17 in Abruzzo, 6 nel Molise)”.

Poi è arrivata la pandemia da Covid-19. Come ha reagito il settore del vino nel territorio? 
“Il settore vitivinicolo, dopo aver aperto positivamente il 2020, a partire da marzo ha cominciato a risentire pesantemente degli effetti della pandemia di Covid-19, con un crollo del mercato interno che ha toccato il minimo ad aprile (-40,3% rispetto ad aprile 2019 per l’aggregato più ampio delle bevande). Le esportazioni invece hanno tenuto fino a marzo, ma poi sono andate anch’esse in territorio negativo da aprile, chiudendo il semestre a -3,4%. Nel nostro territorio, si va da un leggero calo di Abruzzo (-2,9%) e Lazio (-4,2%), ad una contrazione più marcata per Molise (-12,3%) e Sardegna (-15,4%), ma non mancano i segnali positivi: in Sicilia le esportazioni di vino hanno registrato una crescita del +6,5% rispetto allo stesso periodo del 2019. È ancora prematuro fare bilanci: il settore vitivinicolo ha accusato un duro colpo in relazione alla pandemia di COVID-19; sono state penalizzate soprattutto le imprese maggiormente legate al canale Horeca, fortemente impattato dalle limitazioni imposte per il distanziamento sociale e dal blocco degli spostamenti di piacere, turistici e di business. Le conseguenze dello shock sono state meno rilevanti per gli operatori già legati alla Gdo o organizzati per le vendite on-line. Proprio il canale e-commerce sta crescendo moltissimo durante il 2020, ma ha un peso relativamente contenuto e insufficiente a sostituire le vendite perse nei canali di vendita tradizionali”.

Quali sono quindi le strategie su cui puntare per favorire una ripartenza una volta superata l’emergenza?
“Un’analisi dei punti di forza e debolezza del sistema vino italiano può offrire alcuni spunti interessanti. In primo luogo, continuare a perseguire la via dei mercati esteri, dove l’Italia sta guadagnando costantemente quote di mercato soprattutto in valore, a fronte di un calo delle quote in quantità. Questo fenomeno è particolarmente evidente sui vini fermi, mentre sugli spumanti la crescita in valore si è accompagnata ad un exploit anche sul lato delle quantità, con quote praticamente raddoppiate nel decennio. Per i vini fermi il potenziale di mercato per l’export è alto verso gli Stati Uniti (ai quali si aggiunge la Cina), mentre per i frizzanti potrebbero esserci buone opportunità in tutto l’Estremo Oriente (Giappone, Singapore e Hong Kong oltre alla Cina). La dimensione conta per competere sui mercati esteri: le aziende italiane sono ancora piccole rispetto ai competitor francesi e in quest’ottica le strategie di gruppo o le aggregazioni possono rappresentare una risposta valida, senza intaccare la biodiversità e la dimensione ridotta delle produzioni di nicchia, che in questo settore più che un limite è espressione di vivacità. Puntare sulla qualità è un altro fattore importante e su questo la strada è già ben tracciata. Sardegna, Sicilia e Lazio hanno una percentuale di vini Dop/Igp di circa l’80%, un dato superiore alla media italiana (68%). C’è ancora da fare, però, dal punto di vista della “reputazione enologica”: attraverso un indice che rapporta la quota di etichette premiate dall’Associazione Italiana Sommelier sulla quota di produzione di vino in Italia, le cinque regioni si posizionano tutte al di sotto della media italiana. È poi rilevante il tema della sostenibilità che consente una riduzione del consumo di materia prima, energia, emissioni, e dà ottimi risultati anche in chiave di redditività delle aziende, con un fatturato che è cresciuto, negli ultimi dieci anni, del 66% per le aziende vitivinicole biologiche a fronte di un +28% di quelle “non-bio”. Infine, occorrerà lavorare in sinergia con ristorazione e turismo (l’eno-gastronomia rappresenta una motivazione di viaggio importante) e cogliere le sfide della digitalizzazione da vincere potenziando non solo l’e-commerce, ma anche sviluppando nuove competenze per migliorare l’efficienza produttiva”.

Come una banca come la vostra può stare al fianco delle aziende del settore in questo momento?
“Fin dall’inizio dell’emergenza Covid19 abbiamo attivato la moratoria dei debiti residui di famiglie e aziende e abbiamo sostenuto il tessuto economico italiano con finanziamenti e agevolazioni creditizie sia autonome che in adempimento delle misure previste dal dl Liquidità. Strada aperta anche agli accordi di filiera, che la Banca sostiene dal 2015 attraverso un progetto particolarmente innovativo, al quale ha appena destinato ulteriori 10 miliardi di euro. Nelle cinque regioni della mia Direzione Regionale (Lazio, Sicilia, Sardegna, Abruzzo e Molise) sono 61 le filiere produttive che hanno aderito al Programma filiere, 1.800 i fornitori coinvolti per un giro d’affari di oltre 7 miliardi. In Italia, sono oltre 150 le filiere dell’agroalimentare, di cui 21 vitivinicole. L’obiettivo è creare sinergie tra aziende fornitrici trasferendo loro il merito creditizio del capofiliera. Infine, sul fronte dell’e-commerce, che nel solo settore Food con il lockdown è cresciuto del 55% rispetto al 2019, Intesa Sanpaolo offre l’accesso a Destination Gusto, piattaforma online per la valorizzazione e la vendita delle eccellenze enogastronomiche del Made in Italy”.

C.d.G.