Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Cibo e dintorni

Le “Rapsodie veg” degli chef Signorino e Vacca: che sorpresa il “filetto” alla Rossini

17 Aprile 2025
Fabio Vacca e Alessio Signorino Fabio Vacca e Alessio Signorino
Terminate le esperienze lontano da casa (tra gli altri da Carlo Cracco e da Matias Perdomo, sino a completare la formazione nella famiglia dell’Enoteca Pinchiorri), Alessio Signorino è tornato da qualche tempo in Sardegna. Oggi, a Cagliari, è l’executive chef del ristorante Terra dell’hotel Palazzo Tirso: due anni fa ha detto di sì ai proprietari della nuova struttura cagliaritana a cinque stelle sotto il marchio Mgallery di Accor. La sua mano creativa cesella una cucina territoriale e mediterranea, con uno sguardo più ampio che include soprattutto influenze asiatiche. Nel format a quattro mani “Variazioni di gusti”, voluto dal direttore Daniele Bassetti per aprirsi alle eccellenze del territorio, si inserisce “Rapsodie veg” in cui Signorino definisce e prepara un menù con Fabio Vacca. Quest’ultimo, da sempre votato alle botaniche locali e allo studio, in un’azienda sarda, di un’alternativa vegetale ai formaggi tradizionali, ha alle spalle valide esperienze nell’isola e fuori, sino all’essere chiamato come executive chef al resort gallurese a cinque stelle Valle dell’Erica. I due condividono l’attitudine alla sostenibilità e la voglia di valorizzare le erbe spontanee autoctone in una regione dove il foraging non arriva spesso nella ristorazione, nonostante una ricca biodiversità che può riversarsi anche nel bere. Ecco che con il menù arriva un pairing privo di alcol: i cocktail a base di erbe e fiori primaverili di Matteo Premolini e le bevande analcoliche fermentate di Michele Cuccu e Andrea Catgiu.
Amuse bouche e pane 
Gli snack di benvenuto sono tre amuse bouche in sequenza variabile di masticabilità. Si comincia dalla foglia di borragine impastellata con una maionese di mare, appena mentolata e di composta acidità. Segue un pane fritto con all’interno una crema di cacio e pepe. Per terminare: rapa con una sferificazione di mela verde, in cui la carezza acida rientra subito verso l’equilibrio. Intanto vengono presentati i grissini e il pane di lievito madre della casa e versato un olio evo isolano di un oleificio emergente, carico di suggestioni di orto e campagna per le gradevoli percezioni di fruttato, piccante e amaro.
L’antipasto
La prima portata, di considerevole impatto visivo, punta dritta ai sapori verdi. Si compone di uno stuzzichino di cardo mariano con all’interno ricotta di mandorle (preparata dallo chef Vacca) coperto da polline e servito in una corona di fiori di pruno selvatico, unica componente non edibile. Ma il ruolo da protagonista spetta all’incontro tra morbidezza e freschezza vegetale di una crème brûlée di ricotta di mandorla affumicata accostata ad asparagina cruda, crema di asparagi e limone candito, un pane pistoccu (tipico della tradizione pastorale) fritto ed erbe di campo. Spiccano, nella definizione di colore, i fiori di borragine e le nuance della superficie caramellata e croccante. I sapori si integrano sino a una rotondità inattesa: un carattere così seducente avrebbe agevolmente consentito di inserire la proposta in chiusura di menù.
Il cocktail verde
In accompagnamento un’acqua di rucola, speziata grazie allo sciroppo al pepe rosa, con un poco di limone. Appare un elegante biglietto da visita di una mixology in pieno dialogo con la proposta culinaria. La presentazione è inoltre un tributo ai colori di primavera: poggia su un sottobicchiere naturale e si circonda di muschio sardo che si arrampica su una linea del vetro finita da qualche petalo. Non importa se può capitare di impastare le dita con il glucosio adoperato per il decoro: il cocktail è piacevolissimo e restituisce aromaticità e freschezza per bilanciare la tendenza alla grassezza del piatto.
Il primo
Sotto un velo di aria di caprino, i tortelli ripieni con una farcia cremosa di piselli conquistano per rotondità di gusto e per le gradazioni vegetali. Sono serviti con la loro insalata di piselli (cotti appena o, diversamente, nel suo insieme sarebbe stato più povero di croccantezza), crema di erbe spontanee e caramello di tuorlo alla soia. Un primo assai riuscito, di grande equilibro e di sapido improvviso ma misurato. A proposito: per tutto il menù la sapidità sarà sempre in perfetto apporto.
La bevanda fermentata
Al tavolo arriva kombucha di tè nero aromatizzato ai fiori di sambuco. Dona un profumo fine, spalla acida di peso ma equilibrato, ideale come antagonista delle note grasse. I consumatori di kombucha, folgorati sulla ormai pop via della fermentazione, troverebbero una distanza profonda rispetto a quelli venduti in bottiglia nella grande distribuzione.
Il secondo
Tocca al piatto più atteso: il filetto alla Rossini declinato totalmente in vegetale. Al posto della carne fa capolino un trancio di sedano rapa arrosto sovrastato dal foie gras di nocciola (che nel gioco ricorda quello d’anatra), tartufo nero, spinaci crudi e fondo bruno vegetale. Ben espressa tutta la croccante freschezza vegetale nonostante una sbavatura: in questo periodo il tartufo locale non esprime la sua migliore aromaticità. Ma il piatto resta intrigante e il divertente gioco estetico viene coronato dal fondo che richiama all’occhio i colori dei succhi persi dalla carne. Probabilmente anche il compositore italiano e celebre gourmand sarebbe rimasto impressionato dal risultato, qui ottenuto con l’aggiunta di vino rosso da cannonau che è stato tagliato con miele e soia: da un lato si attenua la parte tannica, dall’altro si esalta l’acidità.
Un bicchiere di finto vino
Cosa accostare per proseguire gli abbinamenti senza perdere il ritmo ludico? La scelta cade su un calice di rosso, anche se non è vino ma un ricordo che inganna la vista, costruito su barbabietola e mela di montagna. Sorprendente e dissetante.
Il dessert
A chiudere il tiramisù alla saba, battezzato “tirami-saba”: crema di mascarpone alla malvasia, torta caprese tostata, gelato al caffè e un velo di gelatina alla sapa a coprire. Si ondeggia tra dolcezze più preponderanti, punte di amaro e di acido.
Il caffè filtro
Finalmente qualità per un rituale praticato fedelmente dagli italiani, ma a standard mediocri: il caffè. Uno specialty blend di alta quota della Columbia, preparato con la chemex da Alfredo Premolini (da anni studioso della materia), è proposto in calice dove si realizza in una dominanza di frutti gialli e in un bere di dolcezza pulita e fine. Viene servito a una temperatura da immediato consumo per attutire il contrasto con quella del dessert ed essere di vero accompagnamento.
L’anteprima
Tra i fermentati, a sorpresa, un kvass di pane di segale. È un’anticipazione sulla quale si lavora al Terra e che merita la citazione, nella rotta della filosofia di recupero intrapresa. Cosa fare infatti con il pane avanzato nella ristorazione, specie se di pregio? Una birra di pane all’insegna di una pacifica comunanza culturale in Ucraina e in Russia, anche se in generale è tipica dell’Europa dell’Est. L’assaggio ha ricordato un kvass gustato in Armenia da chi scrive: al naso fragrante di lievito e croste di pane eleganti, in bocca una percezione zuccherina importante, buona acidità e beva decisamente rinfrescante.
Il costo
I due chef hanno realizzato un esperimento accattivante senza cedere a ruffianerie. Il prezzo del menù era di 55 euro, bevande escluse. Il pairing tematico senza alcol costava 35 euro (70 euro invece per l’abbinamento con i vini).