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Giappone e Veneto nello stesso piatto: Masahiro Homma è riuscito nell’impresa

12 Marzo 2021
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di Enzo Raneri

Dieci anni fa Masahiro Homma, da un sake-bar di Okayama in Giappone, all’età di ventisei anni, iniziava in Toscana la sua prima esperienza italiana, con un corso bimestrale di lingua ed il desiderio di conoscere bene la cucina ed i sapori italiani, con il bagaglio di soli due anni di scuola di cucina e quattro anni in un ristorante di cucina giapponese.

Il suo sogno era la pasta. Dopo una sua prima esperienza di poco più di qualche anno presso la Tenda Rossa a Cerbaia in Val di Pesa (FI) e un breve peregrinare in varie località italiane, Masahiro Homma arriva a Venezia, dove dopo alcune esperienze brevissime di adattamento, approda al ristorante dell’Hotel Giorgione. Qui mette in mostra la sua inventiva radicata negli usi domestici della sua patria e irrobustita dalla varietà degli ingredienti della nostra terra, con un unico filo conduttore: il mantenimento della “naturalità” degli ingredienti e del gusto, in una sorta di incroci paralleli. Quando non commistione di usanze culinarie tradizionali ovvero casalinghe: la cucina katei ryori. “Occorre mantenere questa cultura della tradizione gastonomica”, dice Homma che le propone entrambe (giapponese e veneta), introducendo piccole commistioni, che migliorano la restituzione gustativa di ogni piatto. Da sottolineare il fatto che in questo esercizio, lo chef ha deciso di non comprendere ogni tipo di sushi. Una sorta di “emotività gastronomica” che proietta Homma nell’empireo degli artisti della cucina, per la gioia degli estimatori del gusto, che amano evitare le sempre più ricorrenti banalità largamente disponibili sul mercato di una località turistica come Venezia. Ma veniamo al menu degustazione assaggiato.

Si inizia con Crostini con crema di ricciola, cialda di semole, rapa bianca marinata e maionese di bergamotto: una specie di biglietto di presentazione, che fornisce una antifona di diversità dallo standard offerto dai ristoranti giapponesi italiani.

Quindi una Insalata con tataki di tonno e salsa di scalogno e mela verde: il tonno marinato in salsa di soia, miele, zenzero, wasabi e poi cotto velocemente in padella, quindi rimane crudo al suo interno, “insultato” con un delicato mix di acidità fornite dai condimenti ed ingredienti, vegetali.

Gamberi rossi e scampi crudi con maionese di shiso: arrivano quasi contemporaneamente. Lo shiso è una sorta di basilico giapponese, pianta e gusto simile al basilico che ho trovato nei miei viaggi in Grecia, ricco di acido linoleico, che conferisce una aroma molto gradevole, simile alla melissa e all’anice e un sapore deciso, tanto da evitare l’uso di altre spezie e di sale.

Cetrioli marinati con salsa di miso: per pulire la bocca, vengono messi a fermentare in un composto a base di crusca di riso tostato per 24 ore, secondo una tecnica chiamata nukazuke ed il risultato è il conferimento di un straordinaria crocantezza, senza alterare il fresco sapore dell’ortaggio.

Quindi una teoria di piatti di pesce, uno dopo l’altro, ma in rapidissima successione. Sarde marinate in stile giapponese: assomigliano alle sarde in saor, ma qui le sarde vengono marinate in brodo di dashi e cipolla e carote per conferire loro dolcezza (secondo la tecnica nanbanzuke, derivata dalla tecnica portoghese della escabece), che conferisce al piatto una straordinaria acidità delicata.

 

Insalata di canocchie con gel di tosatsu ovvero di katsuobushi e aceto di riso affumicato, che conferisce una sempre delicatissima acidità al pesce scottato al vapore, insieme ad una particolarissima sapidità.

Sgombro marinato con salsa di bergamotto: il pesce viene marinato con aceto di riso e la salsa ottenuta con il frutto ottiene il risultato del bilanciamento delle due acidità per equilibrare il contrasto con il pesce.

Gamberetti fritti con polvere di cavolo nero: la dolcezza del gambero viene contrastata da un delicato sentore di amaro, per un connubio sorprendente ed insolito.

Quindi, come se avessimo appena concluso la fase degli antipasti, ecco il Riso con ricciola candita, laddove la canditura aromatica viene ottenuta con una riduzione di salsa di soia, vino bianco, zenzero, zucchero.

Manzo e Patate ovvero Nikujaga: gli ingredienti, insieme alle cipolle e carote, vengono stufati nel dashi a base di soia. Un piatto davvero tipico e familiare, che in Giappone viene fatto in casa e ogni famiglia ha la sua ricetta: Masa dice di continuare ad usare la ricetta di sua mamma.

Melanzane agedashi: sono melanzane fritte su cui si versa brodo di dashi (che è un delicatissimo brodo di pesce secco, funghi e alghe), gustativamente arricchito dalla dolcezza suadente semipiccante del mirin (una specie di sciroppo di riso filtrato) invecchiato due anni. Le melanzane frite assorbono il brodo e poi “esplodono” in bocca, condite con cipolla, zenzero sottaceto e semi di sesamo.

Sarde fritte con salsa tartara. Si tratta di normali sarde pastellate e fritte, condite con una sorta di maionese fatta con tuorli di uova sode e fresche, aceto bianco, salsa di soia, mirin, senape, sale e pepe, con l’aggiunta di un trito di capperi, cetrioli e prezzemolo: il risultato è che la fragranza del boccone rimane con il gusto della frittura perfettamente intatto e “ripulito” dalla miscela di sapidità acide, ammorbidita dalle uova.

Zuppa di miso fatta con brodo di canoce (canocchie). La zuppa di miso è la miglior cura per combattere l’inquinamento e per riequilibrare le energie negative della giornata (oltre che del cibo poco salutare, soprattutto quando si mangia “di sfuggita”); qua il brodo e arricchito dai sapori di zenzero e salsa di soia, che impreme una sprint gustativo alla delicatezza del crostaceo.

Amiyaki di guancia di ricciola. La guancia di pesce viene marinata in una salsa di soia, sakè, o anche mirin, zenzero in polvere, zucchero, aglio e cipolla spremuti e l’olio, rendendola al tempo stesso ancor più tenera del solito. Poi viene cotta sulla griglia, accompagnandola poi con il contorno vegetale di stagione. Il risultato è notevole

 

Calamari ichiyaboshi (salati): si tratta di calamari in salamoia da freschi per un’ora e poi essiccati per 3 giorni e quindi scottati prima di servirli. Originariamente questa tecnica veniva usata per conservare più a lungo i calamari.

Zaeti fatti in casa con formaggio erborinato: sono preparati con farina di mais, burro, tuorlo d’uovo e zucchero ed il formaggio erborinato conferisce al boccone una delicata acidità e una contenuto grassezza.

Bigne con tè macha. Abbiamo speso 38 euro a testa (bevande escluse). Mi auguro che lo chef Masahiro Homma possa costituire un validissimo esempio per molti suoi colleghi, ancora troppo dediti al “provvisorio”.

Osteria Giorgione Da Masa
Calle Larga dei Proverbi,  4582/A  – Venezia
tel. 041-5221725
Chiuso: mercoledì
Ferie: Variabili, ma in inverno
Carte di credito: tutte