(Chiara Quaglia e Piero Gabrieli)
di Michele Pizzillo
Il riconoscimento Unesco darà sicuramente ulteriore impulso alla pizza (leggi questo articolo). Proviamo, però, a fare un passo indietro, all’inizio del Millennio, quando Chiara Quaglia, discendente di una famiglia di Vighizzolo d’Este, in provincia di Padova, che dalla molitura di grani italiani selezionati produce la farina “Petra che diventa arte”, e il marito Piero Gabrieli, cominciarono ad immaginare un progetto per affiancare i pizzaioli a migliorare le proprie tecniche di preparazione della pizza.
Probabilmente avevano solo percepito che le pizzeria poteva migliorare, con relativa conquista di una propria identità. Però, erano convinti che qualcosa poteva succedere e, quindi, volevano partecipare attivamente a questo percorso di qualificazione di un settore che avrebbe potuto dare molto alla ristorazione italiana. Ecco l’idea di dare vita ad una vera e propria scuola, l’Università della Pizza, appunto, che si realizza nel 2006. Siccome l’iniziativa incontra l’interesse degli addetti ai lavori, qualche anno dopo, i titolati di Molino Quaglia, pensano di aggiungere un altro tassello, cioè, Pizzaup, prestigioso simposio tecnico dal quale scaturì, poi, la redazione del Manifesto della pizza italiana contemporanea, per codificare i principi basilari per produrre ottime pizze.
Era il 2012. E, già si percepiva la possibilità di una maggiore considerazione per la pizza, al punto da non sentirsi più il parente povero dei locali che propongono la migliore ristorazione, anche se la strada da percorrere sembrava ancora lunga. Però, Chiara e Piero erano convinti che il rischio di un ritorno al passato era ormai da escludere così, il Manifesto della Pizza sottoscritto insieme ad un gruppo di giornalisti enogastronomici, lo conclusero, al punto dieci, con l’affermazione che “la pizza italiana deve divenire strumento di divulgazione del gusto italiano e della ricchezza della Dieta Mediterranea che dai suoi prodotti trae origine”. Grazie anche alla qualità delle materie prime, a partire proprio dalle farine , in questo caso è ovvio che l’attenzione è su Petra, brand del Molino Quaglia “che noi otteniamo da grano tenero coltivato solo in Italia e con tecniche di agricoltura integrata, un sistema di produzione a basso impatto ambientale, che prevede l’uso coordinato e razionale di tutti i fattori della produzione allo scopo di ridurre al minimo il ricorso a mezzi tecnici che influenzerebbero negativamente l’ambiente”, sottolinea Chiara Quaglia che, adesso, ha indirizzato l’attenzione sui grani antichi, di cui si fa un gran parlare forse anche a sproposito. In occasione dell’ultima edizione di Pizzaup, davanti ad una platea di pizzaioli, è stata proprio la signora Quaglia a porre il quesito “quando si può definire antico una varietà di grano? I tecnici ci devono aiutare a fare chiarezza altrimenti si confondono le idee ai consumatori e allo stesso pizzaiolo, proprio adesso che è cresciuta la figura di questo professionista: è più preparato, più consapevole, più attento nella scelta della materia prima, tanto da aver cambiato la stessa pizzeria”. Grazie anche all’impegno dell’Università della Pizza che, ancora oggi “è un progetto ineguagliato nel suo genere per la completezza degli argomenti di studio e per la competenza dei docenti: tecnologi, medici, cuochi, esperti in gestione e comunicazione che insegnano affiancati da nomi noti della pizzeria italiana”.
All’edizione di Pizzaup a cui abbiamo partecipato, per esempio, come docenti sono intervenuti Laura Franzetti, ricercatrice presso il Dipartimento di scienze degli alimenti dell’Università di Milano, che ha tenuto una lezione sul lievito madre; Ambrogina Pagani, docente nel Dipartimento di scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente sempre dell’ateneo milanese, che ha relazionato sulle differenze fra farine bianche e farine nere; e l’imprenditore agricolo Giuseppe Li Rosa, di Raddusa, che con Terre Frumentarie, è considerato il custode del tesoro dell’agricoltura tradizionale siciliana, soffermandosi molto anche sulla biodiversità che caratterizza la Sicilia. Questo, se qualcuno ha bisogno di conferma sull’unicità del percorso di formazione promosso dal Molino Quaglia.
Conclusione? Potrebbe essere “usare Petra negli impasti è sicuramente il miglior punto di partenza per arrivare ad una pizza più sana e gustosa”. Non lo facciamo perché potrebbe essere interpretato come uno spot a favore dell’azienda patavina. Però, non possiamo fare a meno di riportare quanto dice Gabrieli: “Per raggiungere lo stato dell’arte è importante la giusta tecnica di lavorazione e di cottura. Ecco perché è nata l’Università della Pizza, progetto che ogni anno avvicina nuovi pizzaioli ai consumatori gourmet più esigenti”. E, aggiunge: “Ci siamo specializzati nel fornire le migliori materie prime per raggiungere questi traguardi, in particolare le farine, che sono molto diverse dalle comune farine raffinate”. Intanto, a partire dal 19 febbraio, l’Università della Pizza avvierà “il percorso formativo completo che insegna a trasformare in realtà la propria idea di pizza e la pizzeria in un locale di successo”, con tre moduli che sono “strutture”, “lievito madre”, “gourmet”. Invece il 12 febbraio le attività riguarderanno “il primo e unico corso di approfondimento tecnico sulle ricette e sistemi di produzione delle versioni contemporanee di pizza napoletana, la più apprezzata dai consumatori di oggi. Mentre il master sui “cereali originari e le fermentazioni spontanee” è in programma il prossimo mese di maggio.