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L'azienda

Torrevento, un’ “altra Puglia” tutta da bere Tre assaggi e una storia tra terroir e fascino

07 Maggio 2016
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(Francesco Liantonio)

di Davide Visiello

La cornice è quella del Parco Rurale d’Alta Murgia, dove l’aggettivo “rurale” sovrasta “naturale” perché il territorio non viene tutelato in quanto entità fisica, ma si valorizza e si esalta grazie allo stretto legame con la sua storia e con il lavoro umano. 

E lo sfondo è il suggestivo Castel del Monte, fortificazione in pietra calcarea fatta edificare nel XIII secolo da Federico II di Svevia, patrimonio dell’Umanità dell’Unesco dal 1996. Al centro di questo contesto geografico-monumentale trionfa un antico monastero del Settecento opportunamente ristrutturato, cuore pulsante della realtà vitivinicola dell’azienda Torrevento. 

Tante fortune da raccontare: la vigna di Castel del Monte, gioiello vitato più alto di Puglia che respira tra i 450 e i 580 metri di altitudine, 450 ettari vitati (di cui 200 in conduzione) che declinano su tre distinti terroir della regione, un volume produttivo di 2.500.000 bottiglie di venti etichette differenti, da quelle “easy” di ottimo rapporto qualità-prezzo a quelle più impegnative con vini da ricordare. Etichette distribuite sui mercati nostrani, ma anche su quelli di Germania, Inghilterra, Canada, Usa, Brasile, Giappone, Australia, Cina, tant’è che il 75% del fatturato “suona” grazie alle bottiglie stappate oltre confine.


(Castel del Monte)

I numeri sono testimonianza tangibile della compiutezza del lavoro svolto dall’azienda di contrada Torre del Vento dal 1948, anno in cui fu acquistata da Domenico e Francesco Liantonio, a oggi. Oggi con lo stesso Francesco, presidente e amministratore della Torrevento che, da presidente del Consorzio vino Doc Castel del Monte, ha saputo dare credibilità commerciale e qualitativa ai vini prodotti nella denominazione del Maniero Federiciano.

I tre vigneti di Torrevento punteggiano la Puglia per tutta la sua lunghezza: Castel del Monte copre la parte più settentrionale delle Murge, il territorio è aspro, selvaggio e color pietra e qui si coltivano i vitigni autoctoni per i top-wine dell’azienda: nero di Troia, bombino bianco, bombino nero e pampanuto. A sud est, nella Valle d’Itria, il territorio si addolcisce e si fa più mediterraneo: questa è la zona dei vitigni autoctoni a bacca bianca come il fiano minutolo. Ancora più a sud, il Salento salmastro e dal profumo di mare è terra fertile per il negroamaro e per il primitivo. Terroir eterogenei, differenti microclimi, vitigni diversi, ma un unico obiettivo: “Vogliamo essereambasciatori nel mondo dei vitigni autoctoni pugliesi e mi sembra che a poco a poco ci stiamo riuscendo”, dichiara Alessandra Tedone, responsabile qualità e comunicazione, “Siamo molto orgogliosi del nostro lavoro e ci piace che si apprezzi il nostro essere “azienda vitivinicola” a garanzia di tracciabilità dei prodotti dalla vite alla bottiglia”.


(I vigneti e la cantina di Torrevento)

Nei terreni argillosi della vigna del Salento crescono i seimila ceppi ad alberello pugliese del primitivo del Since 1913. Dieci mesi di acciaio, sei mesi di barrique, il vino nel bicchiere accende un bel colore rubino dai riflessi granati, al naso si fa amare e stuzzica con aromi di prugna e di amarena matura, sfumature di pepe e vaniglia e delicate tostature. In bocca si apprezzano pienezza di corpo, morbidezza e i tannini ben domati, saporito di giusta acidità e sapidità, conferma le buone impressioni olfattive. È un Primitivo di Manduria Doc tipico e di potenza controllata, imperdibile per equilibrio e buon sapore.

Castel del Monte Nero di Troia Riserva Docg, l’Ottagono si produce con uve di un vigneto di venticinque anni, alto 450 metri sul livello del mare. Il terreno è quello calcareo-roccioso del territorio di denominazione, si vendemmia a inizio novembre, lunga macerazione, otto mesi di cemento e dodici di botte grande di rovere. Il risultato è un grande vino che allo scaffale costerà sui 20 euro. L’annata 2013 si veste di un rubino serrato e impenetrabile, profumi intensi e diretti di mora e ribes in confettura, spezie dolci, echi lontani di humus e note balsamiche; in bocca sorprende per ricchezza, avvolgenza, pienezza di sorso, frutto saporito; la spinta minerale dei terreni rocciosi agevola le sensazioni di freschezza e di sapidità e il tannino si fa sentire, ma con piacere. Golosa dimostrazione delle reali potenzialità dei vini di Alta Murgia.


(Una parte della cantina)

Sempre dall’Alta Murgia, un vino bianco che ha fatto il suo esordio quest’anno, Bacca Rara è un blend di bombino bianco e chardonnay. Terreni calcarei, vigneti a circa 500 metri di altitudine, vendemmia a metà settembre, pressatura soffice a temperatura controllata, sei mesi in acciaio, sei in barrique e poi bottiglia. La raccolta 2015 ha dato un vino giallo paglierino vivace con riflessi dorati, naso fruttato e seducente che ricorda la pesca bianca e la rosa canina, spezie che vanno dal pepe bianco alla vaniglia non banale, eleganti e sfumate le sensazioni minerali. In bocca è un velluto estremamente convincente per estro fresco-sapido e fragranze speziate e balsamiche. Lunghissimo, è un piacere che si rinnova ad ogni sorso. Ed è esaustivo sfoggio di perizia e competenza di Leonardo Palumbo, l'enologo dell’azienda.

Non possiamo non citare anche il Vigna Pedale Castel del Monte Rosso Riserva Docg, 100% nero di Troia, e il rosato Veritas, Castel del Monte Bombino Nero Docg, appena decorato di medaglia d’argento all’ultima edizione del “Mondial du Rosè” di Cannes.

L’essenza di Torrevento si racchiude nelle parole di Giuseppe Agata, responsabile commerciale di nuova nomina con alle spalle una lunga esperienza al servizio di importanti nomi di Franciacorta: “È vitale comunicare il territorio e il lavoro in cui si sta impegnando l’azienda, dare l’idea di una nuova Puglia che produce vini che esprimano tipicità ed eleganza piuttosto che le solite morbidezze e opulenze fini a se stesse”. Sarà per questo che Francesco Liantonio definisce i bianchi e i rossi di Torrevento “vini di un’altra Puglia”.