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Scenari

Ghiaccio alimentare, occhio alle regole per produrlo: “Quasi nessuno le segue”

21 Aprile 2016
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Incontro presso Confindustria di Palermo su una tematica molto attuale e delicata. C'erano anche i vertici dell'azienda siciliana Ice-Cube

di Manuela Zanni

Il ghiaccio è un alimento. Questo presupposto, che ai più potrebbe sembrare per nulla scontato, è stato al centro dell'incontro che si è tenuto nella sala congressi di Confindustria Sicilia, finalizzato ad indagare i numerosi rischi evitabili legati al consumo di ghiaccio imparando a gestirne al meglio la produzione e la conservazione. 

In questa occasione, l’Inga, Istituto Nazionale del Ghiaccio Alimentare, ha presentato il manuale di corretta prassi igienica per la produzione di ghiaccio alimentare approvato dal Ministero della Salute e redatto, per la prima volta in Europa, per stabilire le buone prassi nella gestione del ghiaccio.
Nella maggior parte dei casi, il ghiaccio, non viene trattato alla stregua di un alimento, nel rispetto, cioè di norme di produzione, stoccaggio e somministrazione, ignorando quanto la normativa vigente prevede per la tutela massima del consumatore. Ne deriva un panorama piuttosto caotico simile a quello di altri paesi come la Spagna, dove vi sono tanti piccoli, medi e grandi produttori poco controllati che, solo in parte, seguono seriamente le regole per la produzione di alimenti.

In Italia, infatti, negli ultimi anni sono nati decine di piccoli produttori artigianali che producono con piccole macchine del ghiaccio, imbustano, spesso manualmente e senza seguire regole precise, e vendono ghiaccio senza alcun controllo, a volte senza rispettare la tracciabilità degli alimenti, senza verifiche sui materiali di confezionamento utilizzati, senza un numero di lotto indicato sulle confezioni, senza avere contezza dell’acqua utilizzata. Questa anarchia ha reso necessaria la creazione di un manuale snello e operativo atto a promuovere la cultura del prodotto a favore di un operatore e di un consumatore più informato e sereno.

“Negli Stati Uniti, si consuma moltissimo ghiaccio alimentare mentre in Italia non c’è questa cultura – spiega Leopoldo Lipocelli titolare, insieme al socio Simone de Martino, dell'azienda Ice Cube di Termini Imerese – una volta tornato in Italia, ho deciso, insieme al mio socio, di creare un'azienda innovativa in un mercato innovativo. Stiamo molto attenti alla produzione del nostro prodotto poiché spesso si pensa che il ghiaccio, in quanto congelato, sia immune da batteri, invece è il contrario. Può essere pericolosissimo sia dal punto di vista biologico, chimico e fisico ecco perché ritengo che la nascita di un manuale che disciplini la corretta esecuzione di tutte le fasi della creazione del ghiaccio sia un traguardo raggiunto di fondamentale importanza per la tutela dei consumatori spesso ignari dei rischi a quali sono esposti”.

La Ice Cube ha 10 dipendenti, tutti siciliani, un fatturato da un milione di euro e una produzione di 1.500 tonnellate all’anno di cubetti, il che la pone in testa nel mercato italiano: le loro buste sono nel 90% dei cash & carry del paese, 30% di distribuzione in Sicilia. L’acqua utilizzata arriva dalle Madonie, poi viene filtrata prima di passare in grandi macchinari che producono il ghiaccio che, una volta tagliato in cubetti, viene asciugato e confezionato.