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Vino e dintorni

Languedoc, lo splendore di una regione dai mille volti

05 Luglio 2025
LaLiviniere LaLiviniere

Il Languedoc è uno dei territori più interessanti del panorama enologico francese, in grado di fondere tradizioni millenarie con un grande dinamismo. La coltivazione della vite in queste terre ha origini antichissime. Dalla Provenza alla Penisola iberica, la costa del Mediterraneo era infatti già punteggiata da scali commerciali fenici e greci nel corso del VII e VI secolo a.C. Il grande sviluppo della viticoltura si deve tuttavia alla conquista dei Romani, che nel 118 a.C fondarono Narbo Martius, la prima colonia fuori dal territorio italico.

L’insediamento si trovava lungo l’antica Via Domitia, di cui si può ancora oggi ammirare un tratto perfettamente conservato proprio nel centro storico di Narbonne. Grazie alla sua importanza strategica, la città divenne ben presto capitale della Gallia Narbonese e continuò per secoli a esercitare un ruolo di primo piano nella storia romana. Delle antiche origini del passato è rimasta una diffusa cultura della vite e la consuetudine di allevare le vigne ad alberello, secondo l’uso greco. La grave crisi economica causata dalla devastazione della fillossera, condusse i viticoltori ad associarsi in grandi cantine cooperative, che per molto tempo hanno dominato il panorama della regione. Un’epoca in cui ci si preoccupava più della quantità di vino prodotto che della sua qualità. Negli ultimi decenni, il Languedoc ha saputo rinnovarsi profondamente, rivoluzionando il suo volto. Sono nati numerosi domaine privati, che hanno contribuito a valorizzare le potenzialità di uno straordinario territorio, proponendo una gamma di vini di eccellente livello a prezzi competitivi.

Un mosaico di terroir
Quando si parla di terroir è bene diffidare delle descrizioni facili e semplici. Purtroppo la comunicazione contemporanea segue spesso la pessima abitudine di utilizzare banali scorciatoie e sembra incapace di accettare e descrivere la complessità del mondo che ci circonda. Queste considerazioni generali valgono ancor più quando si parla di una regione grande e dalle molte sfaccettature come il Languedoc. Sono ben 38 le Appellation che coprono la vasta area affacciata sul mar Mediterraneo tra la Provenza e il confine spagnolo. Il clima è in generale caldo e soleggiato, ma la zona costiera beneficia del mite influsso delle brezze marine. Le aree del primo entroterra sono piuttosto siccitose, le più vicine ai rilievi montuosi sono rinfrescate da correnti di aria fredda e quelle più interne, sono influenzate anche dal clima oceanico più umido e temperato. Alle differenze di microclima, altitudini ed esposizioni, si somma inoltre una straordinaria varietà di suoli, composti da: sabbie, limo, galets roulés, arenarie, marne, argille, calcari, scisti, graniti, conglomerati e basalti di antica origine vulcanica. A rendere ancor più complesso il paesaggio del Languedoc è la presenza di numerosi vitigni. Se siamo soliti ricondurre le grandi regioni del vino francese a poche emblematiche varietà -come accade per la Borgogna, Bordeaux, Loira e Champagne- in Languedoc ci troviamo di fronte a una moltitudine di uve locali, a cui si sono aggiunte anche varietà provenienti da altre zone della Francia, in particolare dalla Valle del Rodano e da Bordeaux. Le uve a bacca bianca storicamente presenti in regione sono: carignan blanc, grenache blanc e gris, bourboulenc, piquepoul, clairette, maccabeu, tourbat, terret bourret; mentre quelle a bacca rossa: carignan, grenache noir, mourvèdre, cinsault, morastel, picpoul noir, terret noir e cournoise noir. Sono stati poi introdotti in Languedoc anche: syrah, viognier, marsanne, roussanne, rolle, chardonnay, chenin blanc, merlot, cabernet franc, cabernet sauvignon e malbec. Come consuetudine di molte regioni del sud della Francia, anche in Languedoc prevale la cultura dell’assemblaggio. A parte rare eccezioni (Picpoul de Pinet) quasi tutte le denominazioni producono vini con diversi vitigni. Una consuetudine che rende ancor più complesso e sfaccettato il profilo aromatico delle cuvée.

Languedoc: una regione e molte identità
Le regioni del vino diventano grandi terroir quando riescono ad esprime attraverso i loro vini i concetti di identità e riconoscibilità. Quando realizzano vini riconducibili a un preciso luogo di produzione, che viene interpretato con autenticità e trasparenza. Un percorso che tende a far convergere i produttori di una determinata area verso un’idea di vino unica e condivisa, in grado di creare uno stile emblematico. Proprio per le caratteristiche naturali della regione, è impossibile parlare in termini generali del Languedoc. È necessario affrontare questo argomento valutando le singole AOC del territorio. Alcune sono già riuscite a costruire una solida identità, molte stanno lavorare per raggiungere questo obiettivo, altre sono ancora alla ricerca della loro stella polare.

I bianchi e i rossi del Languedoc
Tra le AOC più riconoscibili c’è sicuramente Picpoul de Pinet. A suo vantaggio un territorio piuttosto omogeneo e l’utilizzo di un solo vitigno a bacca bianca, che dona il nome all’Appellation. Anche lo stile dei vini è ben definito. In generale si predilige un breve affinamento in acciaio, che dona bianchi freschi e fragranti, con note di agrumi, garrigue e sfumature iodate. Oggi l’AOC è impegnata nel progetto di affiancare alla produzione classica una nuova tipologia denominata “Patience”. Un vino realizzato con un affinamento più lungo, che propone una versione di Picpoul de Pinet più intensa, ricca e complessa, connotata anche un buon potenziale d’evoluzione nel tempo. Un’altra AOC che ha già trovato la sua strada è La Clape. Questa piccola denominazione situata tra Narbonne e il mar Mediterraneo, occupa un rilievo calcareo immerso in una natura selvaggia. I vigneti si trovano nell’area protetta del Parc Naturel Régional de la Narbonnaise, tra i profumi dei pini marittimi e degli arbusti della macchia mediterranea. I vini bianchi di La Clape sono connotati da freschezza, tensione espressiva e sapidità marina. Un risultato ottenuto con una percentuale minima di bourboulenc del 40% e una percentuale di bourbuolenc e grenache blanche superiore o uguale al 60% dell’assemblaggio. Non possiamo dire la stessa cosa dei bianchi delle denominazioni Saint-Chinian e Faugères. In questo caso, la presenza nel disciplinare di un’infinità di vitigni, porta alla produzione di vini dal profilo aromatico molto eterogeneo. Sarebbe opportuno procedere a una semplificazione, concentrando l’attenzione a pochi vitigni identitari del terroir. In termini generali, i bianchi più piacevoli della regione sono quelli realizzati con carignan blanc, bourboulenc, clairette e grenache blanc, con eventuali piccole percentuali di marsanne, roussanne, rolle e viognier. I cambiamenti di consumo a livello globale, che premiano soprattutto i bianchi e gli spumanti, stanno suggerendo ad alcune AOC tradizionalmente rossiste di rivedere i disciplinari. Un passo necessario per rendere l’offerta dei loro vini più attuale e in linea con le tendenze di mercato. Terrasse du Larzac sta già lavorando all’introduzione dei bianchi nell’Appellation e anche Boutenac sta pensando di muoversi in questa direzione. Questa denominazione ha già trovato una buona identità nel campo dei rossi grazie alla scelta del carignan come vitigno principale, integrato da grenache, syrah et mourvèdre. La consuetudine di utilizzare la macerazione carbonica per la vinificazione del carignan, rende i vini piacevolmente fruttati e con tannini morbidi. L’idea dei produttori è di restare fedeli alla tradizione anche per quanto riguarda i bianchi, con l’introduzione in futuro nell’AOC di un carignan blanc in purezza. Nell’ambito dei vini rossi, le due denominazioni che producono le cuvée più interessanti, sia per omogeneità di stile che per qualità, sono senza dubbio Terrasses du Larzac e Pic Saint-Loup. Le due Appellation possono contare su terroir più freschi e su pratiche che privilegiano vinificazioni delicate e affinamenti con un utilizzo del legno ben calibrato. Il risultato è una gamma di vini che esaltano la finezza e la freschezza, rispetto alla potenza e alla concentrazione. Più eterogenei i rossi di Saint Chinian, Faugères, Cabardès, Grés de Montpellier e Malepère, in alcune espressioni fragranti e piacevolmente scorrevoli, in altre ancora legati a un’idea di ricca estrazione e densità espressiva. Molto interessante la denominazione La Livinière, un cru d’altitudine ventilato e dalle buone escursioni termiche, che nelle migliori espressioni regala vini raffinati, con sfumature balsamiche e di erbe aromatiche della macchia mediterranea.

Rosé e Metodo Classico
Nel campo dei Rosé il Languedoc ha scelto di seguire il modello provenzale, con vini sottili, floreali, delicatamente fruttati e supportati da una buona freschezza agrumata. Il Metodo Classico rappresenta un pezzo di storia del Languedoc e ancora oggi è ben rappresentato dall’AOC Limoux. È proprio in questa terra che i monaci benedettini dell’Abbaye de Saint-Hilaire scoprirono nel 1544 il principio della seconda fermentazione in bottiglia, poi resa celebre in Champagne. Ancora oggi si producono versioni di Metodo Classico piacevolmente fresche e fruttate, grazie a un affinamento sui lieviti piuttosto breve (minimo 9 mesi), ma non mancano cuvée che riposano più a lungo sur lattes, in grado di esprimere una buona ricchezza aromatica. Due le tipologie previste dai disciplinari: la Blanquette de Limoux, realizzata con il vitigno autoctono mauzac (minimo 90%) eventualmente integrato con chardonnay o chenin blanc, che dona vini dal tipico aroma di mela verde; e il più complesso e ricco Crémant de Limoux, prodotto con chardonnay e chenin blanc (minimo 90%) eventualmente integrati da mauzac e pinot noir.