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Il personaggio

Nino Caravaglio e il suo “Scampato”: “Il mio Corinto nero sfuggito alla fillossera”

18 Luglio 2022
Nino Caravaglio tra le sue vigne Nino Caravaglio tra le sue vigne

di Titti Casiello

A ben pensarci chiunque decida di vivere nelle Isole Eolie è uno scampato.

Terre così così belle, fertili, ricche eppure costellate da crateri attivi e manifestazioni vulcaniche così energiche da renderle al pari temibili. Quel misto di struggente bellezza e esaltazione della paura, che a viverci verrebbe quasi da pensare, appunto, di essere scampato a un rischio ogni giorno. E questo verbo, scampare, di rimando alla salvezza e alla sopravvivenza, pare che sia la perfetta coniugazione dei tempi della vita di Nino Caravaglio. Che dal passato al presente di scampare ne ha fatto il suo filo conduttore. A 27 anni, da giovane professore qual era, all’istituto tecnico agrario di Messina, scampa da quella vita abitudinaria per salvarsi nella sua Salina. Quella terra natìa, quella dove da ragazzino, al termine di ogni giornata di scuola, trovava la sua vera vocazione dimenandosi tra le battute di pesca con suo padre e le zappature tra i campi di capperi coltivati dalla sua famiglia: “Alle due e mezza, ogni pomeriggio, sentivamo il bollettino dei naviganti e si partiva, poi d’inverno era normale per me seguire tutte le stagionalità dell’agricoltura della mia terra”. Quella stessa terra che poi ad un tempo gli è diventata salvifica, quando, affrancatosi dalla famiglia, decide di acquistare ulteriori ettari e di vivere e respirare per la viticoltura. Terra che gli deve tanto, e terra che deve tanto anche a lui.

(Corinto nero)

Terra rivoluzionata dalle sue idee, e perché no anche salvata dalle sue visioni. Perché se è vero, infatti, che nel 2009 Nino si accingeva, per la prima volta a vinificare nella storia di Salina, la Malvasia nella tipologia secca, è pur vero che era lo stesso anno in cui si giungeva al termine di una forte crisi finanziaria ed una svolta era quanto mai necessaria. ”Amuninni (andiamo dal dialetto, ndr) a casa, qua non vendemmiamo! Questo mi avevano detto gli operai quando quell’anno per la prima volta mi apprestai alla vendemmia per la mia Malvasia secca”. “Eppure ho saputo interpretare il mio tempo. Infatata, la mia prima etichetta di Malvasia secca, è stata riscontrata da subito in modo positivo. Sono uno scampato? Sì, forse alle convenzioni altrui, perché ho sempre creduto in quello che facevo”. Ed in questo gioco di parole è scampato anche il suo ultimo vino, “Scampato” appunto, che è un Igt Salina prodotto a Lipari da sole uve Corinto nero. “Scampato” è letteralmente uno scampato dalla fillossera. “A Lipari ho trovato questo piccolo vigneto centenario franco di piede risalente all’epoca pre- fillosserica”.

(Nino Caravaglio mentre ci versa il suo Scampato)

Perché se alle Eolie la filossera è arrivata con un ventennio di ritardo, a Fossa del Monte – quel piccolo cratere situato tra Monte Guardia e Monte Gallina – dove è situato il vigneto di Scampato – non è quasi mai arrivato. Merito, forse della forte ventilazione. D’altronde il mito racconta che Eolo, raggiunte le isole riuscì ad ottenere da Zeus il ruolo di consigliere degli dei e domatore di venti, custoditi nelle tipiche caverne e dentro un otre nella sua reggia a Lipari. O merito di quel terreno fatta di sabbia, pomice e cenere, o ancora della poca umidità. Tutti elementi, questi, nemici per la filossera. “Fatto sta che essendo un cratere qui c’è sempre un ristagno di aria. Quando arrivo al mattino presto c’è sempre una nebbiolina fittissima, mi sembra di stare nelle Langhe”. ”Non è stato per nulla facile iniziare la vinificazione qui. La vigna era messa davvero male. L’ho presa nel 2019 e ho impiegato più di dieci giorni a zappare a mano questo vigneto, non si capiva dove erano i tralci e dove iniziasse il fusto. Ora piano piano stiamo cercando di creare dei filari”. Negli anni a venire, Nino, ha poi impiantato nuove vigne, moltiplicandole con l’antica tecnica della margotta che consente la riproduzione di una pianta inducendo l’emissione della sua radice partendo da qualsiasi punto del ramo senza però staccarlo dalla pianta madre. Tecniche ancestrali e faticose, eppure da quel 2019 con appena 500 litri vinificati, oggi in botte, ad affinare, ce ne sono 1.500. “L’importante è incominciare”. Ecco la nostra degustazione.

Salina Igp “Scampato” 2019

Uno scampato, un sopravvissuto, ha sempre un piccolo privilegio. Quello di poter ricominciare dalle origini. Questo inizio parla di mare, di vento, di sabbia e pietre nere, poi parla di mirra, di ciliegia selvatica e di macchia mediterranea. Il calore del sole assorbito in ogni grappolo riscalda il palato in una bocca tesa, acida, profumata di sale. E come nella vita anche in questo calice pare esserci un filo conduttore tra scampare e riprendere.