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La degustazione

Musetto e birra: “nozze” invernali. Ecco i nostri consigli per non sbagliare scelte

06 Febbraio 2022

di Simone Cantoni

Nel Nord-Est del nostro Paese è un piatto tra i più tipici delle tavole invernali.

Anche di quelle imbandite per il cenone di San Silvestro o per il pranzo del “primo”: il musetto, vanto della gastronomia friulana, di solito accompagnato in tavola dalla “brovada”, un contorno, altrettanto tipico, preparato macerando in vinacce d’uva, piccole fette di rapa a colletto viola, per poi cuocerle in pentola con olio, alloro e spesso un pezzo di carne grassa di maiale. Ma non è affatto una rarità proporre e consumare il musetto senza accompagnamento (se non magari del pane): ed è su questa versione – “in purezza”, diciamo – che nella fattispecie focalizziamo la nostra attenzione

UN PIATTO COMPLETO
Anche “in assolo”, d’altra parte, si tratta di un pasto assai appagante. Cos’è infatti il musetto? Un insaccato cotto il cui impasto – costituito da carni suine da tagli “non pregiati” quali muso (da cui il nome), cotica, muscoletti interni teneri, lardo – viene arricchito con sale, pepe e spezie (cannella, noce moscata più, in funzione della ricetta, altro ancora, come coriandolo e chiodi di garofano – per poi essere raccolta in un budello di maiale di dimensioni intermedie tra quelli utilizzati da un lato per le salsicce e dall’altro per i salami. Sottoposto quindi a stagionatura, almeno un mese, può essere ulteriormente sottoposto a trattamento di affumicatura.

UNA GIOIA PER IL PALATO
Il boccone, oltre che (evidentemente) dotato di elevato potenziale energetico (nella stagione fredda un po’ di calorie non è che facciamo quel gran male…), è poi particolarmente gustoso. Sebbene la consistenza sia morbida e la concentrazione (intesa nella semplice accezione di eliminazione della frazione umida) moderata, la densità sensoriale è tuttavia ugualmente elevata: in virtù del trattamento delle carni e della loro stessa natura, spiccatamente saporita. Un aspetto, quest’ultimo, che orienta ovviamente verso “bicchieri” inclini a morbidezza e dolcezza, rinunciando alle amaricature; ma che, parallelamente, dev’essere considerato nella propria valenza olfattiva; il sentore varietale del suino, e in particolare della sua frazione grassa, può risultare infatti stucchevole in caso di insistita persistenza al palato: e dunque è consigliabile affrontarlo con una sorsata di certa incisività acida, il cui flusso enzimatico risulterà utile ad alleggerire il cavo orale da quella nota gustolfattiva passibile di risultare acuta. Peraltro, e con ciò concludiamo, la stessa acidità – in alleanza con la bollicina, con l’alcol e con, eventualmente, venature di tannicità – sarà provvidenziale anche per gestire e assimilare in tempi ragionevoli il già più volte citato “bagaglio” di grassi in dotazione alla nostra pietanza: accorgimento esso stesso finalizzato a evitare stress eccessivi al cavo orale. Vediamo ora come poter declinare il tema dell’abbinamento con la birra, suggerendo in tale ottica tre interpretazioni di altrettante diverse tipologie.

CON LA WEIZENBOCK
Per ciò che abbiamo appena detto, puntiamo subito su una certa acidulità e, soprattutto, spingiamo subito forte sui pedali della gradazione (qui a quota 7) e della bollicina; all’angolo brassicolo del “quadrato” troviamo la “Cibus” di “BirrOne” (Isola Vicentina, Vicenza): una versione “in chiaro” dello stile (il colore è dorato pieno, ritualmente velato), caratterizzata da note olfattive fruttate (banana) e speziate, tali, queste ultime – con le specifiche del chiodo di garofano e della noce moscata – da riprendere puntualmente quelle rintracciabili nel musetto in virtù della sua aromatizzazione. Inoltre la birra, con la sua tendenza gustativa rotonda e abboccata, opera in efficace contrasto armonico nei confronti della ragguardevole sapidità del suino.

CON LA DUBBELWIT
Stessa “regola d’ingaggio preliminare” – affidarsi al combinato di acidulità, carbonazione e stazza etilica (e ultime due “voci” entrambe ad alta intensità) guida nella scelta della seconda sfidante. Nell’arena scende la “Hangover” (sì, il nome è tutto un programma) targata “Altotevere” (San Giustino, Perugia). Una Dubbel Wit in salsa umbra la cui gittata alcolica è dilatata fino ai 10,5 gradi; e la cui ricetta prevede, peraltro, una speziatura canonica da scorze d’arancia amara e coriandolo. Un duplice tassello odoroso (d’inclinazione agrumata) forse ancora più adatta a domare le note carnee del cotechino; mentre il lievito torna a garantire (come alla Cibus, benché in proporzioni meno esplicite) quella corrente da chiodo di garofano che trova un preciso rispecchiamento nell’impianto gustolfattivo del piatto. Per il resto, abbiamo di nuovo una sorsata dal telaio dolce e sostanzialmente privo di amaricature: tale da replicare la meccanica di positive intersezioni gustative già apprezzate nel corso del primo abbinamento.

CON LA BELGIAN DARK STRONG ALE
Chiusura della “giostra” affidata a un a un pezzo d’artiglieria pesante, anzi pesantissima: la “PhilMat” della scuderia Nix Beer (Pavia), con i suoi 13.5 gradi applicati al canovaccio di una Belgian Dark Strong Ale, dal caldo colore ambrato di primo ingresso. Qui il “blocco offensivo” di alcol ed effervescenza si allinea, in efficacia, a quanto rilevato nelle due prove precedenti. E, allo stesso modo, la connotazione sapida del boccone trova, ad assecondarla, un sorso dall’architetture essenzialmente abboccata; architettura provvistaa, è vero, di un amaro di bordatura: ma un’unghia, appunto, non abbastanza da generare frizioni con le appena citate salature del piatto. Da notare poi come il livello di acidità percepito nella bevuta faccia un passo indietro: tuttavia le funzioni di stimolazione salivale ed enzimatica (provvidenziali per assicurare ordine al palato) sono svolte in maniera egregia dalla carbonazione. Ma il vero punto di divergenza, rispetto a quanto annotato finora, è rappresentato dalla direzione olfattiva della birra: che sfodera un intreccio di caramello, spezie (di nuovo chiodo e noce moscata), frutta matura (mela al forno, prugna, ribes nero) e in guscio (mandorla) capace, a suo modo, di arricchire l’odorosità della pietanza con aggiunte “mirate”, legate cioè a pratiche consolidate di guarnitura delle carni di maiale: che spesso troviamo servite appunto con l’accompagnamento di mele, bacche di bosco e mandorle stesse…

NIX BEERS
Via Volturno, 14 – Pavia
nixbeers@gmail.com
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BIRRONE
Via Fossanigo, 6 – Isola Vicentina (Vicenza)
T. 0444 975702
info@birrone.it
www.birrone.it

BIRRIFICIO ALTOTEVERE
Via Enrico Mattei, – San Giustino (Perugia)
T. 366 4428880
info@birrificioaltotevere.com
birrificioaltotevere.com