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Scenari

Agricoltura, l’Italia verso nuovi modelli di governance

31 Luglio 2013
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Anni bui per l’economia italiana che dal 2007 ad 2012 ha perso quasi il 7% del valore di PIL .

 Se inizialmente il settore agricolo ha reagito, posizionandosi come pilastro dell’economia italiana, dal 2012 gli effetti recessivi hanno colpito più duramente il comparto. Secondo il Rapporto sullo stato dell’agricoltura 2013 realizzato dall’Istituto Nazionale di Economia Agraria, a caratterizzare il cambio di rotta per il settore agricolo si segnalano, in primis, la caduta della produzione (-3,3%) e del valore aggiunto (-4,4%), nonché la riduzione delle imprese del settore primario che dal 2007 al 2012 hanno perso oltre 100 mila unità. Davanti alla sfida del ridimensionamento delle dinamiche economiche nazionali ed internazionali, però, l’agricoltura italiana non resta a guardare e punta su nuovi modelli di governance del comparto, basati sia sul retaggio tradizionale che sull’innovazione.

Quali gli asset di tale modello di sviluppo? Cooperazione, strategia, lungimiranza e normativa. Ciò si esprime attraverso il rafforzamento delle intese di filiera, il ricambio generazionale, innalzamento del livello qualitativo delle produzioni, internazionalizzazione delle imprese e riordino della normativa spesso lacunosa o frammentaria sul territorio nazionale. Le imprese, quindi, si possono riorganizzare per raccogliere la sfida dei mercati, in vista della necessità di essere ancora più competitive e sopravvivere alle strategie (leali o sleali) delle imprese concorrenti, sia italiane che estere. A disposizione delle imprese, forme nuove e tradizionali di organizzazione economica basate sia sul coordinamento orizzontale che sull’integrazione verticale. Ad ogni formula corrisponde una chiave per rispondere alla crisi. Uno scenario certamente articolato che determina la complessità del quadro organizzativo del comparto ma che letto in chiave sinergica può dare vita a modelli che reagiscono alla crisi.
Tra le molteplici possibilità a disposizione delle imprese, due si caratterizzano per la più recente normativa e la spinta verso l’integrazioni e l’aggregazione degli attori del comparto: i contratti di rete e quelli di filiera.

Dal 2010, ad esempio, sono disciplinati i contratti di rete che rappresentano una nuova formula di evoluzione delle reti di imprese. I contratti di rete si caratterizzano per la flessibilità e la versatilità degli strumenti a disposizione degli operatori attraverso, ad esempio, lo scambio di informazioni o di prestazioni, forme più intense di collaborazione e la compartecipazione di più imprese alla stessa attività. A fine 2012 se ne contano 11 nel settore dell’agricoltura e ben 51 in quello dell’agroalimentare. Possono parteciparvi tutte le forme giuridiche di imprese e le organizzazioni professionali agricoli con scopo di supporto promozionale e di assistenza. I contratti di filiera, inoltre, nati nel 2002, vedono proprio per il 2013 la rinnovata volontà di sviluppo. Gli investimenti realizzati sono pari a 120 milioni di euro e hanno coinvolto nel primo semestre 2013 ben 175 attori beneficiari
 
Tra gli altri modelli a disposizione delle imprese, poi, si segnala la concertazione e la valorizzazione dei soci che prende vita nelle cooperative, nei consorzi e delle organizzazioni di produttori. L’orientamento alla governance è fortemente sentita, ad esempio, nei distretti rurali e agro-alimentari di qualità, nei contratti di filiera e di rete e nei progetti integrati di filiera (PIF).

Quali le strade da percorre per le imprese agricole che, una volta strutturato un modello di governance efficace, vogliano fare il salto di qualità? Due tra tutte: internazionalizzazione e occupazione, delinea il Rapporto.

Il mercato globalizzato, infatti, non ha confini, ha vuoti normativi ma presenta anche opportunità. L'export, va in controtendenza e traina l'economia italiana, con un recupero del saldo della bilancia commerciale del settore agricolo grazie alla forza delle esportazioni dei prodotti Made in Italy (cresciute del +3,7% tra il 2011 ed il 2012) e il calo delle importazioni (-5,6%). A far parte del paniere delle eccellenze agroalimentari italiane più richieste all'estero, i prodotti trasformati (19 miliardi di euro), le bevande (6,2 miliardi) e i prodotti del settore primario (5,6 miliardi).

Il mondo agricolo, poi, si posiziona a sostegno della crisi anche attraverso la possibilità di creare nuovi posti di lavoro per i giovani. Il problema del ricambio generazionale in agricoltura, spada di Damocle per il settore, si convertirebbe in una opportunità per l’economia nazionale, soprattutto per il Mezzogiorno.
I dati sull’occupazione giovanile nel settore agricolo, infatti, danno respiro e capovolgono lo stivale d’Italia. Nelle aree meridionali, infatti, si conta un numero maggiore di imprese condotte da giovani: su un totale di oltre 120mila imprese presenti nel Mezzogiorno, quasi 21mila sono gestite da giovani fino ai 40 anni di età. Queste 21mila aziende rappresentano il 28% delle imprese italiane gestite da giovani: un “parco-aziende” che può accogliere le sfide del futuro con dinamicità e innovazione, senza trascurare la forza delle produzioni tradizionali.

Lucrezia Balducci