(Fabio Ciconte, Maurizio Carta, Paolo Inglese e Federica Argentati)
di Lorella Di Giovanni
Nell’aula magna Gianpietro Ballatore del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università degli Studi di Palermo, in occasione del seminario dal titolo “Lavoro e sfruttamento nelle campagne siciliane”, è stato presentato il Rapporto “Gli invisibili dell’arancia e lo sfruttamento in agricoltura nell’anno di Expo”.
Il Report e stato realizzato nell’ambito della campagna #FilieraSporca promossa dalle associazioni Terra! Onlus, daSud e terrelibere.org con il contributo di Open Society Foundation.
Il seminario, organizzato e moderato da Paolo Inglese, docente e coordinatore del consiglio di interclasse Pta della scuola politecnica, ha voluto fare da cassa di risonanza alle umiliazioni cui, sempre più spesso, sono sottoposti tanti lavoratori e molte lavoratrici nelle campagne d’Italia, al fine di convogliare energie, opinioni, testimonianze, proposte e soluzioni possibili alla triste realtà del “lavoro abusato”.
Dopo i saluti di Maurizio Carta, presidente della scuola politecnica, sono intervenuti il co-autore del rapporto, Fabio Ciconte di Terra! Onlus e l’autorevole voce del distretto agrumi di Sicilia, il presidente Federica Argentati.
“La campagna va avanti con passo deciso – ha detto Ciconte -. Vogliamo essere solidali con le aziende che lavorano nel rispetto delle regole, proponendo una filiera trasparente attraverso la codifica di un’etichetta narrante che accompagni il consumatore verso una scelta consapevole sull’origine del prodotto ma anche sui singoli passaggi lungo la filiera e l’obbligo di rendere pubblico e consultabile l’elenco dei fornitori delle aziende”.
“Per quanto possa essere interessante il rapporto, la filiera non ha gradito questa focalizzazione sull’arancia e sugli agrumi in genere che rischia di indurre l’opinione pubblica a fare di tutta l’erba un fascio – ha detto la Argentati -. Non è assolutamente questa la realtà delle cose che dovrebbe essere certamente approfondita e analizzata da tanti altri punti di vista. Avremmo voluto confrontarci anche con chi oggi, purtroppo, non ha partecipato all’incontro. Il Distretto Agrumi di Sicilia è stato presente. I partner del Distretto hanno siglato il Patto per individuare le azioni necessarie al reale sostegno delle imprese della filiera, promuovendo i principi della legalità, onestà e coesione. Il Patto di Sviluppo vuole essere anche un patto “etico” volto alla crescita culturale e all’innovazione del sistema; dove ciascuno prenda consapevolezza di fare parte di un progetto più ampio che difficilmente può essere contenuto all’interno del perimetro aziendale ma che si realizza nella confluenza di obiettivi, risorse, idee e azioni provenienti da tutta la filiera”.
(Alessandro Bellavista e Pietro Columba)
Durante il seminario un contributo al dibattito è arrivato anche da Giovanni D’Agati, presidente del Consorzio del Tardivo di Ciaculli e da Salvatore Pannitteri dell’omonima azienda agrumicola. I due imprenditori, hanno messo in luce le tante contraddizioni della fase agricola della filiera produttiva degli agrumi; caratterizzata da una parte, da una struttura dei costi (anche quelli del lavoro) allineata su livelli di difficile sostenibilità e da prezzi alla produzione non remunerativi e dall’altra, da una domanda di lavoro proveniente da un numero sempre maggiore di braccianti agricoli. Le migliori performance dei competitor stranieri poi, contribuiscono a rendere il comparto ancora più debole.
“Non possiamo permetterci che i nostri prodotti di qualità vengano screditati – ha aggiunto Pietro Columba, docente presso il Dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali dell’Università degli Studi di Palermo -. Tuttavia se non si costruiscono sistemi funzionali che consentano alle imprese di lavorare nelle migliori condizioni possibili, allora si lascia che il Paese funzioni di traverso, aprendo varchi alla criminalità”.
“Spostando l’attenzione sul piano reputazionale, allora per i nostri rinomati prodotti agroalimentari non si può più prescindere dal binomio qualità-legalità – ha detto Alessandro Bellavista dell’Università degli Studi di Palermo -. La complessità del fenomeno criminale del lavoro abusato richiede certamente un approccio multiplo alla sua risoluzione: la questione, infatti, non riguarda soltanto la revisione della giurisprudenza a tutela dei lavoratori e la definizione di veicoli legislativi per combattere l’illegalità ma anche azioni volte ad avvicinare le produzioni ai mercati, ridurre i costi delle imprese sul piano fiscale e contributivo, favorire la crescita dimensionale delle imprese o la loro aggregazione, supportare gli imprenditori e i lavoratori con servizi di consulenza, informazione e formazione”.