Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervista

Bindocci: “Shopping straniero a Montalcino? Lo escludo. E sulle annate vi dico che…”

01 Giugno 2020
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Il presidente del consorzio del Brunello: “Momento difficile per tutti però riconquisteremo i mercati. Ma la crisi non faciliterà la vendita delle cantine, c’è solidità in giro”. Decise le rese per ettaro per la vendemmia 2020.

di Irene Marcianò

Come sta attraversando questo momento il territorio del Brunello di Montalcino, uno dei vini-icona dell’Italia del vino?
“Come tante denominazioni italiane anche il Brunello di Montalcino sta vivendo un momento di difficoltà. Da una parte siamo stati fortunati perché quando Trump, tra fine dicembre 2019 e inizio gennaio 2020, ha cominciato a minacciare i dazi, molte aziende con i propri importatori hanno spedito il vino in America e questo ha chiaramente aiutato. L’annata 2015, attualmente sul mercato, era quindi partita alla grande e i dati del primo trimestre dicevano che le vendite erano comunque andate bene. Poi il mercato di tutto il mondo si è fermato. La speranza è che tutto riparta e con esso anche le vendite dei nostri vini. Siamo moderatamente ottimisti di natura. Se pensiamo alle epidemie avvenute in epoche lontane, come la spagnola, o momenti bui come le guerre mondiali, Montalcino ne era uscito come tanti, con le ossa rotte, però gli ilcinesi tenaci, da buoni agricoltori, avevano rialzato le schiena ed erano ripartiti, riconquistando i loro mercati. Sono sicuro che anche questa volta riacquisteremo i nostri mercati e accontenteremo così i tanti Brunello Lover nel mondo”.

Parliamo di Export. Quanto pesa per il vostro comparto? È fermo adesso anche quello?
“Normalmente pesa per il 70%, il restante 30% della produzione è invece destinato al mercato domestico. Le vendite all’estero inizialmente stavano andando alla grande. Abbiamo subito più che un fermo complessivo, un rallentamento perché il comparto, seppur lentamente, ha continuato a muoversi. La 2015, grandissima annata, era stata osannata. Questo aveva aiutato la partenza e siamo convinti che appena le cose miglioreranno, riprenderanno ad acquistarla. Il nostro ottimismo è dovuto anche alla capacità di invecchiamento dei nostri vini, Il tempo migliora la qualità e questo ci aiuta. Non c’è la paura che rimanga vino in stock. Il brunello, il sangiovese, nei nostri territori fa vedere quello di cui è capace”.

Cosa ci si sta inventando e cosa si può inventare dal punto di vista promozionale e di marketing?
“Il Consorzio sta organizzando investimenti di marketing e pubblicità per mantenere alto il brand. Le vendite online dipendono dalle aziende, le operazioni commerciali vengono portate avanti dalla singola azienda. All’estero ci hanno pensato i nostri importatori e distributori a portare avanti azioni di marketing sul brand e fare vendita online o alle enoteche. Il Brunello è un vino che sta girando e ci siamo accorti che anche in casa non ci si fa mancare una buona bottiglia”.

Quanto conta invece il canale Horeca per le vostre vendite e quanto la Gdo?
“Il 30% della produzione viene venduto sul mercato domestico. Buona parte va proprio al canale Horeca che, come sappiamo, ha subìto un forte arresto. Stanno andando bene invece le vendite alla grande distribuzione, dove abbiamo non solo il Rosso di Montalcino ma anche il Brunello. Il Rosso soffre un po’ di più in termini di vendite perché ha tanti competitor in quella fascia, come il Chianti Classico, Chianti, il Morellino di Scansano. Chi acquista il Brunello invece lo fa perché è un prodotto unico, espressione di tipicità e grandissima qualità”.

Quanti soci coinvolge il Consorzio? Quante bottiglie di Brunello di Montalcino Docg vengono prodotte e quante invece Rosso di Montalcino?
“Il Consorzio consta di 250 soci, 2.100 ettari a Brunello di Montalcino, 500 ettari a Rosso di Montalcino. La produzione media è di 9 milioni di bottiglie per il Brunello e di 4 milioni di bottiglie per il Rosso”.

Il direttore ha comunicato la decisione di lasciare il Consorzio, come farete? Quando sarà scelto il nuovo? Esiste già una rosa dei nomi che state valutando?
“Sì, c’è già una rosa dei nomi. Quando Pondini ha comunicato che sarebbe andato via, abbiamo subito cominciato a fare dei colloqui per trovare il sostituto. Abbiamo bisogno di individuare il nome il prima possibile, tuttavia si tratta di una scelta importante e dobbiamo essere sicuri della figura che scegliamo. Il posto, comunque, non resterà vacante, saremo pronti a sostituirlo non appena Pondini andrà via.”

Sono già state stabilite le rese per ettaro di quest’anno?
“Sì. Normalmente si fa un’assemblea con i soci, dove si discute dei problemi, se ci sono, e si parla ogni anno di rese. Quest’anno abbiamo avuto una consultazione online, con grande interesse e attenzione da parte dei soci. Fermo restando la produzione di 8.000 litri per ettaro, è stato stabilito un quantitativo di 8.000 chili per il primo ettaro, dal secondo in avanti: 7.000 chili rivendicabile a Brunello di Montalcino, 1.000 chili rivendicabili invece a rosso di Montalcino, per un totale di 8.000 chili come quantità massima producibile. L’obiettivo è sempre quello di essere sulla cresta dell’onda, mantenendo una grandissima qualità dentro la bottiglia. In ogni caso, le rese stabilite per il 2020 sono identiche a quelle del 2019 (dal secondo ettaro 7.000 chili a Brunello e 1000 chili a Rosso di Montalcino), ma diverse da quanto stabilito dal Disciplinare di produzione che indica invece 8000kg tutto a Brunello”.

Cos’è Montalcino oggi?
“E’ un territorio che vive solo di agricoltura e dell’indotto, quindi agriturismi, enoteche, ristoranti. Non ci sono industrie e questa ai tempi è stata una scelta controcorrente ma lungimirante e vincente negli anni. Montalcino è un comune prettamente agricolo di 29 mila ettari, di cui metà a bosco, 3.500 ettari di vigneto e una campagna variegata con uliveti, campi seminativi e piccoli appezzamenti a zafferano. L’agricoltura di qualità è la locomotiva trainante della nostra economia. Oggi a Montalcino è in corso un bel ricambio generazionale, tanti giovani lavorano nelle aziende agricole e tanti anche alla guida di queste e che conoscono bene l’inglese. E’ importante avere persone che promuovano all’estero il brand e l’azienda. Altra cosa bella di questo periodo è che, considerato che l’agricoltura ha i suoi cicli e che la vite non aspetta, in campagna come in cantina le aziende hanno sempre lavorato, nella massima attenzione e nel rispetto delle norme. E questo è stato importante perché ha garantito la continuità del salario e quindi la tranquillità. A Montalcino diamo mediamente lavoro a 4.000 mila persone”.

Ci sono misure di tutela per i soci in questa situazione?
“Il Consorzio si sta muovendo per trovare forme di aiuto con le banche verso i propri soci, che possono dare in pegno il proprio vino. Non è facile, gli agricoltori hanno bisogno di sostegno e le banche non sono propense ad aiutare chi non ha grande solidità. Si sta studiando il modo migliore per aiutare a dare il credito”.

Come il turismo sta mettendo in difficoltà la Docg?
“Il turismo legato al vino è molto importante. Agriturismi, ristoranti ed enoteche, vivono grazie al turismo mosso dal vino, che adesso è fermo. Nel territorio, merito anche il non inquinamento, abbiamo avuto solo 4 casi, tutti risolti benissimo. La paura è che il turismo internazionale vorrà prima capire bene cosa succederà nelle prossime settimane. Forse si tornerà al turismo anni ‘60, quello dei viaggi in macchina in famiglia. Bisogna trasmettere un messaggio che infonda sicurezza. Il turista internazionale ha bisogno di essere rassicurato. Chi viene qui deve sapere che arriva in un ambiente sano, curato e che da parte nostra c’è stato il massimo dell’attenzione e questo deve servire da stimolo per il turista straniero. L’indotto turistico in Toscana rappresenta una fetta importante del Pil. Bisogna attivarsi per una promozione seria, corretta, onesta per esaltare le eccellenze del territorio”.

Brunello di Montalcino ha avuto sempre grande appeal per i compratori stranieri. Lei crede che questa crisi possa generare nuove acquisizioni da parte di compratori esteri?
“Quando un compratore estero viene a Montalcino, è perché ha capito che il Brunello e il suo territorio costituiscono un prodotto unico. Noi non ci siamo fatti prendere la mano producendo più bottiglie per avere maggiore guadagno. Duemila e cento ettari a Brunello sono più che sufficienti, non dobbiamo piantare più vigne ma solo tenere alta l’asticella della qualità. I risultati, i punteggi importanti ottenuti su importanti riviste di settore, hanno fatto sì che il brunello fosse uno dei vini tra i più apprezzati al mondo. Questo chiaramente fa gola a tanti (possibili) compratori esteri. Come Castello Banfi, o pensiamo ai produttori francesi di champagne che hanno comprato Biondi Santi. Di base, a meno che non vengano fatte offerte davvero allettanti, non è un mercato che ha tante aziende in vendita. Si tratta di aziende sane, che non hanno trend negativi. Spesso chi decide di vendere lo fa per via del passaggio generazionale, dei figli che non vogliono prendere in mano le redini dell’azienda di famiglia, per problemi quindi legati all’asset societario più che a problemi economici. Montalcino è un brand forte, un vino unico, prodotto solo da uve sangiovese che in questi territori esprime il meglio di se stesso. La crisi che stiamo vivendo, quindi, non alimenta più del solito l’appeal per l’acquisto e siamo convinti che saremo bravi a superare questo momento difficile”.

Commentiamo ciascuna annata di Brunello a partire dalla 2010?
“Non è facile dare una risposta a questa domanda. Partiamo da un dato certo: i produttori hanno chiaro in mente il concetto di qualità, sanno che il prodotto si vende se c’è una qualità altissima. E si lavora nell’ottica di fare non bene, ma di più. Ogni annata ha la sua difficoltà dovuta perlopiù all’andamento climatico e l’agricoltore si impegna a fare certi tipi di interventi piuttosto che altri. Si dice che il vino sia frutto della vite e del lavoro dell’uomo. L’uomo deve essere bravo e attento ma poi il lavoro più importante avviene in vigna. L’annata 2010 e la 2012 sono state grandissime annate, forse la 2012 un pelino più in basso. La 2014 è stata un’annata piovosa, con minore raccolto e maggiori sforzi in vigna ma dentro la bottiglia c’è stata grande qualità all’altezza del blasone del Brunello. La 2015, l’attuale sul mercato, è stata una grande annata, simile alle 2012, che ha suscitato un appeal importante anche all’estero. La 2016 arriverà sul mercato il prossimo anno e posso dire essere simile alla 2010. La 2017 la sto assaggiando, annata tanto bistrattata per via del caldo, che ha portato ad una grossa perdita dal punto di vista quantitativo, ma che sta maturando bene e che darà soddisfazioni. Credo che la capacità del produttore a la potenzialità del vino si veda nelle annate più difficili”.