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L'intervista

Il futuro della cucina è rosa? Parlano le donne chef

08 Marzo 2013
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Bonetta dell'Oglio, Mariangela Susigan, Marianna Vitale

Non se ne parla o qualcuno lo accenna appena, ma in occasione della festa della donna ci sembra dovuta una riflessione sul fatto che le cucine non solo italiane siano purtroppo ancora oggi appannaggio degli uomini.

Ne sono prova anche i format televisivi, dove a condurre, cucinare ed insegnare sono soprattutto rappresentanti del cosiddetto “sesso forte”, spesso vere star oltre che cuochi. Storicamente, in effetti, le donne cucinavano per necessità e mestiere mentre gli uomini per diletto e passione. Solo a loro inoltre era riservato il titolo di chef contro quello più semplice di cuoca di cui potevano fregiarsi le nostre pur bravissime antenate ai fornelli. E che dire del titolo di alchimista riconosciuto agli uomini che possedevano l’arte culinaria contro quello di streghe destinato alle donne nel Medioevo?

Oggi nel panorama enogastronomico si distinguono grandi talenti al femminile ma in un confronto basato prettamente sui numeri le cucine rosa sono ancora in sfavorevole minoranza rispetto alle retrovie maschili.

Ma cosa ne pensa l’altra metà della mela? Determinazione e competenza sono davvero le carte vincenti per la ribalta della cucina rosa? Tre grandi nomi femminili, dalla stellata Mariangela Susigan, alla globetrotter Bonetta dell’Oglio passando per l’energica Marianna Vitale, hanno accettato questa provocazione raccontando il loro punto di vista.
 
Mariangela Susigan, determinata ed energica chef da 36 anni nella cucina dello stellato Ristorante Gardenia di Caluso, si rivolge con ottimismo a tutte le ragazze stanno intraprendendo questa strada: “Ciò che ci rende uniche rispetto agli uomini in cucina è la nostra originalità nel modo di vedere e pensare le cose. Il fatto che ci siano ancora poche chef donna dipende forse da una nostra mancanza di coraggio e dalla paura di metterci in gioco. In questo loro sono più disinvolti mentre molte donne preferiscono ancora rimanere nell’ombra. Oggi, però, le cose iniziano a cambiare e la discriminante sociale e storica per cui una donna è anche mamma e naturalmente portata a curare la famiglia inizia, anche se ancora in maniera non evidente, ad evolvere. Io ho un carattere molto determinato ed esuberante senza il quale non potrei affrontare un lavoro fisicamente e mentalmente molto duro come questo, adatto certamente a donne decise. Ci mancherà forse la forza fisica degli uomini ma come donne siamo portate ad affrontare delle prove di forza uniche nella vita. Loro saranno più pratici ma noi abbiamo maggiore sensibilità e poi se vali prima o poi emergi. In questo senso mi sento di incoraggiare le sempre più numerose  ragazze che hanno deciso di imparare questo mestiere”.
 
In Brasile abbiamo raggiunto Bonetta dell’Oglio, infaticabile chef globetrotter, che della diffusione dei prodotti enogastronomici e della cucina siciliana nel mondo ha fatto la sua missione, tanto da rinunciare alla gestione del Ristorante La Loncanda del Monsù di Palermo che ha volentieri condiviso la sua riflessione:  “E’ necessario rispettare un’evoluzione del mondo, noi donne occidentali possiamo ritenerci fortunate. Certo le donne hanno avuto un momento di buio cosmico nel medioevo,  si pensava che non avessero  anima, la Chiesa ci ha devastate, ma appunto sono stati momenti evolutivi. Essere donna mi ha dato un sacco di opportunità.  Sono fiera di essere donna. E ho potuto vedere come le donne riescano in ogni cosa, l’ho visto in Norvegia dove il gentil sesso ha preso  il sopravvento. Ma perché la donna è portatrice di una passione che l’uomo non può avere. Sin dati tempi trasformano per nutrire, per accudire, sin dall’antichità quando trasformavano i prodotti agricoli. Abbiamo nelle mani una ricchezza in più e dobbiamo vederla come un’opportunità. Vedo il fare cucina come un atto di grande amore e di grande responsabilità, lo faccio per nutrire i miei figli e così anche i clienti. C’è poi dalla nostra parte la forza. Le donne non si sono mai tirate indietro rispetto a niente, hanno sempre risolto le situazioni e affrontato sempre il lavoro. Se riesci a trasferire tutte queste cose in chiave professionale è fatta. Gli uomini accostiamoli con dolcezza, non come nemici, non dobbiamo annullarli. Devo dire anche che ho trovato uomini dotati di grande sensibilità d’animo e delicatezza. Nella mia carriera ho sempre lavorato con gli uomini, pochissime volte con le donne. E se nelle cucine prevalgono loro il problema credo sia della donna. Forse è il frutto dell’emancipazione. Forse alcune sentono come un complesso lo stare in cucina. Penso comunque che la donna debba darsi un’etica. Penso che se oggi viviamo delle difficoltà è per un problema culturale legato al cattolicesimo, e lo dico con cognizione perché sono cristiana. Gesù Cristo ha dato messaggi rivoluzionari fortissimi, così anche Maria Maddalena, poi cosa è successo? Non sono più stati trasmessi”.
 
Da parte di Marianna Vitale, chef del Ristorante Sud di Quarto (Na), che vive in completa simbiosi il suo essere donna in quanto chef, un appello ad azioni concrete da parte delle donne piuttosto che a semplici apparizioni, sugli schermi come nei palcoscenici: “Purtroppo noto da parte di molte donne sempre meno voglia di rinunciare al proprio tempo per dedicarsi a questo mestiere, fatto di molte rinunce. Per questo non credo che si possa parlare di discriminazione nei confronti delle donne nel mondo della ristorazione, in quanto questa segue come conseguenza naturale: non essendoci presenza non può aversi affermazione. La presenza, però, non dev’essere quella plateale ma quella fatta di gesti ed attività concrete. Molte donne ancora oggi si avvicinano al mondo della cucina spinte solo dalla passione o attratte dal fenomeno del cibo in tv che ci sta invadendo, ma alla passione deve seguire la formazione  professionale senza dare nulla per scontato. In cucina abbiamo sicuramente maggiore senso organizzativo ma non tutte sono in grado di avere fermezza ed esigere rispetto. Qualcosa però negli anni sta cambiando e sta emergendo da parte di  alcune chef l’esigenza di affermarsi innanzitutto come lavoratrici. Sono sicura che tra 20 anni questi ancora piccoli segnali saranno diventati grandi passi avanti”.

Daniela Corso