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L'intervista

“Io, papà, mio fratello e i sapori di Salina”. Martina Caruso racconta la “sua” Stella

14 Dicembre 2015
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da Milano, Michele Pizzillo

Se proviamo a ripercorrere a ritroso i 61 anni italiani della Guida Michelin, difficilmente troveremo qualche chef che abbia conquistato la prima stella a 25 anni di età. E, per di più donna. 

Così, già questo è un primato per la giovanissima Martina Caruso del ristorante annesso all’Hotel Signum di Salina, una delle isole del fantastico (anche sotto l’aspetto enogastronomico) arcipelago delle Eolie dove già brilla una stella, quella del Cappero, il ristorante dell’Hotel Therasia Resort di Vulcano.
Per Martina già è una bella responsabilità aver conquistato una delle 334 stelle assegnate all’Italia dalla mitica “rossa” nell’edizione 2016. Poi si aggiunge la giovane età e, diciamolo pure, il sesso anche se il divario uomo-donna non è più quello di una volta. Martina, da saggia professionista, è consapevole che ha una grande responsabilità e, forse, anche un po’ preoccupata. Si rassicura quando confida al cronista di aver raggiunto questo traguardo “insieme a tutta la mia famiglia e, quindi, mi sento ben protetta nell’impegno professionale. La simbiosi con mio padre, che mi ha lasciato la cucina dopo che abbiamo fatto un po’ di strada insieme, e mio fratello Luca che gestisce la sala; oltretutto possiamo confrontarci ogni giorno, anzi, ogni mattina prima di iniziare a pensare cosa cucinare”. E sì, perché Michele Caruso, il padre di Martina che ha avuto l’idea di aprire questo albergo più di trent’anni fa, è vero che non sta più in cucina ma è anche vero che si è ritagliato il ruolo di responsabile degli approvvigionamenti e quando porta la spesa a Martina, appena fatta al mercato di Salina, può subito valutare se qualcosa non è al posto giusto.

“Come torna dal mercato, coinvolgo subito papà Michele intanto per stimare insieme la merce che ha portato e poi ne approfitto per scambiarci qualche idea magari sul tipo di cottura per il pesce fresco di pesca”, sottolinea Martina quasi a volersi ingraziarsi di più papà Michele che con la sua presenza gli ha permesso di arrivare al successo, in poco tempo.
Martina Caruso ha studiato all’ istituto alberghiero di Cefalù, dove ha vissuto per tutto il periodo del percorso di studi intrapreso. A Cefalù ha cominciato a capire l’importanza della ricerca, dell’innovazione, del lavoro di squadra in cucina. Scoprendo, anche, la cucina della Sicilia che mai avrebbe capito così bene se non si fosse allontanata da Salina. “La permanenza a Cefalù mi è stata molto utile sia per gli studi sia per avermi convinta ad introdurre nella proposta gastronomica di Signum alcuni prodotti tipicamente siciliani – racconta Martina durante la serata dedicata dalla Michelin alle sue stelle e dove si è beata ai tavoli di Massimo Spigaroli e di Gennarino Esposito -. Da quando mi sembra di essere diventato una sorta di chef solo al comando e, se è vero è una bella soddisfazione ma anche una grossa responsabilità, ho subito creduto nella validità della cucina territoriale, con le giuste immissioni di altre esperienze sia italiane sia regionali”. Infatti, la proposta gastronomico di Signum ha come base la cucina eoliana ma con importati presenze di profumi e sapori siciliani e significative immissioni della cucina italiana.

Ha idee ben precise la più giovane stellata italiana. Idee chiare anche grazie all’aiuto di una straordinaria famiglia che spicca per la calda ospitalità che offre a quanti raggiungo località Malfa per sedersi ai tavoli allestito sotto un bel pergolato o anche solo per soggiornarvi. E’ un po’ difficile, per la verità, fermarsi all’Hotel Signum e non godere i piaceri della cucina di Martina che rappresenta un esempio di emozionante miscuglio di rigore tecnico e di passione per la propria terra. Tutti elementi che si trovano in piatti come, per esempio, il gambero con acqua di pomodoro e ricotta, la spatola panata con pesto di mandorle e zuppa di olive verdi, la battuta di manzo con salsa d’uovo nocciole gelato di ragusano e pepe, le linguine con latte di mandorla e vongole, l’assoluto di triglia e zenzero, il dentice con pelle croccante finocchio finocchietto pompelmo e maionese, la zuppa di latte nocciola e caffè.

Piatti che oggi Martina prepara con grande naturalezza perché “mio padre mi portava in cucina per farmi conoscere i prodotti, i produttori,i trasformatori – dice subito dopo l’assegnazione della stella -. Un lavoro accurato quello preteso da papà da chi doveva poi impegnarsi a proseguire l’attività di famiglia”. Per il fratello Luca il percorso è stato diverso, ma la conversione per la ristorazione è arrivata e anche subito, preferendo però la sala, che gestisce con professionalità e bravura, come si evidenzia dalla selezione dei vini più adatti alla cucina di Martina, dove l’attenzione per quello che offre la Sicilia è quasi maniacale.