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L'intervista

Mazzoni (Imt): “Marche d’esempio come primo distretto agroalimentare d’Europa”

03 Febbraio 2022

di Francesca Landolina

Da uomo del fare, concreto e pragmatico.

Alberto Mazzoni, direttore dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini (Imt) risponde alle nostre domande, traendo un bilancio sul 2021 e intravedendo nella tecnologia e nell’enoturismo di qualità il successivo passo avanti delle inarrestabili Marche, prossime a diventare il primo distretto agroalimentare d’Europa con una rete di 4.500 aziende agricole associate. Ormai il distretto unico del biologico nelle Marche è reale e sarà presentato con una conferenza stampa più dettagliata tra circa un mese. “Il 2021 – afferma il direttore – non si poteva chiudere meglio di come si è chiuso. Peccato solo che la nuova ondata di Covid a novembre abbia arrestato nuovamente i consumi durante le festività. Il sistema Marche, fatto di tante denominazioni, comunque, ha retto grazie alla sua capacità di unione, così non abbiamo avuto scossoni. Le vendite non hanno subito grandi restrizioni né variazioni rispetto al 2019 e al 2020, perché le aziende non sono agganciate alla Gdo (su 560 iscritti che imbottigliano, solo 26 sono dentro la grande distribuzione organizzata). Il fattore di successo? Siamo stati parsimoniosi e abbiamo creato una commercializzazione al passo con i tempi, gestendo bene la vendita di prossimità”. E seppur mancanti di grandi infrastrutture e di strutture ricettive extralusso, le Marche hanno tenuto testa ad un anno ancora difficile sotto il profilo economico. “Abbiamo vissuto di un turismo nazionale, che ha apprezzato di più l’entroterra. Tantissimi turisti hanno scelto di trascorrere dei fine settimana in b&b per poi spostarsi in macchina, andare per borghi antichi e acquistare direttamente sul posto”.

E nell’era post pandemica, l’enoturismo per Mazzoni è la chiave vincente per affrontare le sfide di commercializzazione del futuro. “Dovremo puntare sempre di più sulla tecnologia di supporto e sulla vendita diretta – spiega -. La pandemia ha fatto emergere alcune competenze sempre più necessarie per adattarsi ai cambiamenti dei mercati. Pensiamo per un attimo alla nostra spesa al supermercato prima del Covid. Nei fine settimana i carrelli venivano riempiti di cibi di ogni sorta, troppi, e dopo sette giorni si buttava della roba per riacquistarne altra. Oggi non è più così. Richiediamo la stagionalità, vogliamo vivere all’aria aperta e conoscere luoghi e aziende fatte di uomini e donne. E con la legge approvata sull’enoturismo metteremo a punto un sistema d’accoglienza, con corsi di formazione e degustazioni, che permetteranno di fare uno storytelling territoriale ad ogni assaggio. Lo faremo con un’App generalizzata che metterà in rete le aziende in regola, iscritte nell’albo dell’enoturismo, grazie anche al contributo dei Gal (gruppi di azione locale) e istituendo una tassa di ingresso”.

In un periodo generale di caos, insomma, la regione ha trovato una strada da seguire: l’unione in campo agricolo e alimentare. “Se accendi una luce nel buio, la gente viene, ti segue – afferma il direttore dell’Imt che rappresenta il 98% della produzione e controlla la filiera a 360 gradi – Se si sta insieme si possono ottenere ottimi risultati. Questo modello ci ha consentito di unire 652 produttori di ogni dimensione di 16 denominazioni. E tenere insieme denominazioni che hanno produzioni varianti da 56 ettolitri a 150 mila. Ci siamo dati delle regole e non abbiamo obbligato mai nessuno, ma nel tempo abbiamo raggiunto un peso decisionale che oggi ha influenza. Personalmente credo tanto nel futuro, sono ottimista. Sono figlio dei miei tempi e ricordo che a 14 anni, come barista, le prime cose che imparai furono tre: sii puntuale, saluta con educazione e sorridi. Ancora oggi applico questo modo di fare. Il mio ufficio a volte è un confessionale. Non ho sempre tutte le risposte, ma se anche due o tre aziende espongono un quesito, faccio di tutto per risolverlo. Se non ti muovi invece tutto sta fermo”. Il segreto del successo dell’Imt probabilmente sta tutto racchiuso in questo modo di fare. “Bisogna saper trovare risposte ed essere credibili nel momento del bisogno. Il consorzio viene visto come utilità non come peso. Dall’anno di fondazione ad oggi, viviamo un cambiamento radicale e le Marche dell’agroalimentare stanno divenendo un modello da seguire”.

Quanto al vino, la pandemia, come detto, non ha cambiato le cose sotto il profilo delle vendite. Il 35 – 40 per cento della produzione è andato all’estero e il resto in Italia. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi e il Verdicchio di Matelica continuano a fare da traino anche per le Doc minori che non hanno subìto perdite. “Durante la pandemia la nascita dell’hub digitale dell’enogastronomia marchigiana, Studio Marche, ci ha permesso di fare degustazioni online per far conoscere i nostri vini. Un successo straordinario. Continueremo nel 2022 con un nuovo calendario di tasting per focalizzarci di più sulle piccole denominazioni, dando visibilità ai vini di aziende che hanno ottenuto riconoscimenti dalle guide più autorevoli d’Italia”. Poi ci sono gli eventi, le fiere a cui l’Imt si prepara fornendo ampia scelta alle aziende. “Vinitaly? Sì, delle fiere non si può fare a meno, ma bisogna riconvertirle ai tempi di oggi. Ho preferito la special edition perché più filtrata, equa, positiva per gli incontri. Per i tempi che verranno dobbiamo mantenere i nervi saldi, attrezziamoci a casa nostra, restiamo collegati e fidelizziamo con la tecnologia. Sono ottimista. Con il Covid dobbiamo convivere, senza deprimerci e servono coesione e adeguamento. E per la promozione invece c’è una cosa da dire: con l’Ocm vino abbiamo sempre investito tanto, ma oggi siamo in difficoltà e invitiamo la struttura governativa a non applicare sanzioni dato che la mancata spesa non è dipesa da noi”.