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Il personaggio

Dario Stefàno “salta” la barricata e diventa vignaiolo: “Ma non chiamatemi produttore”

19 Marzo 2021
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di Francesca Landolina

Dario Stefàno passa dall’altra parte della barricata. Lui, senatore pugliese, ex assessore all’Agricoltura con Nichi Vendola governatore, uno che ha fatto, a detta di molti, tantissimo per il vino pugliese, e che ancora oggi molti rimpiangono, diventa vignaiolo.

In Salento. E lo fa con l’aiuto di Riccardo Cotarella, l’enologo italiano più celebre, non fosse altro perché degli enologi è anche presidente. Accade, dunque, che dalla sua passione per i vini rosati e per il Salento, nasce Tacco Rosa, Salento Negroamaro rosato Igt. Noi abbiamo degustato l’annata 2020, condividendo il calice, seppure attraverso un webinar su zoom, insieme all’enologo e al senatore, che per l’occasione ha mostrato un video in cui racconta la sua esperienza in vigna, sulle note di “sempre e per sempre”, canzone di De Gregori a cui affida il suo messaggio: “Ci sono stato e ci sarò sempre per la mia Puglia e per i vignaioli pugliesi, in qualsiasi ruolo e con qualsiasi veste”. E a tal proposito annuncia di volersi impegnare per riportare in vita il Concorso enologico nazionale dei Vini Rosati d’Italia. Per quanto riguarda Tacco Rosa 2020, si presenta al calice con limpidi riflessi ramati, al naso un delicato bouquet di note di melograno, macchia mediterranea, viola. Al palato grande equilibrio. Il sorso è salino e persistente. Un rosato dalla delicata complessità, che non concede dubbi. Ma torniamo al produttore, o meglio al “non produttore”, come Stefàno ama definirsi. Ecco quali domande gli abbiamo rivolto nel corso della nostra intervista.

Perché ha scelto di produrre vino?
“È un sogno che accarezzavo da tempo, affascinato da sempre da questo mondo, che ho conosciuto sin da piccolo, quando il nonno materno mi portava nel piccolo vigneto di famiglia, per il rito annuale della vendemmia, e che ho poi “riscoperto” nella mia esperienza di assessore regionale all’agricoltura, che fra le tante cose mi ha dato l’opportunità di conoscere meglio e più da vicino i valori che rendono unico questo universo, insieme alle storie e alle persone che ne fanno parte, generose e affascinanti. È un modo forse per dare seguito ad un impegno preso in quegli anni, quello cioè di affiancare i produttori pugliesi, che mi hanno esplicitamente invitato a essere “in campo” accanto a loro, anche in questa veste, come uno di loro, che resta sempre accanto a loro. Anche se, ci tengo a sottolineare, amo definirmi un “non produttore”, come grande forma di rispetto che ho nei loro confronti. E poi ancora, insieme ai produttori, alla medesima sollecitazione di Riccardo Cotarella, il “mio” enologo, non ho saputo resistere”.

Dove si trova il vigneto e per quanti ettari si estende?
“Mi sono innamorato di un piccolo vigneto, nell’areale della Doc salentina del Negroamaro, al confine tra le province di Lecce e Brindisi, nell’agro di Cellino San Marco. Un vigneto, di 1 ettaro e mezzo, con gli alberelli di Negroamaro vecchi quarant’anni, accarezzato dalle brezze che vengono dal vicino mare Adriatico. Un luogo carico di magia”.

Tacco Rosa: come nasce l’idea del nome?
“Sono due parole che rimandano al territorio di provenienza – il Salento, cioè il Tacco d’Italia – e alla tipologia enoica, il rosato, che rappresenta una mia passione particolare e che considero l’emblema della storia enologica ma anche culturale del Salento. Per me esprime l’essenza di un territorio vocato alla coltura della vite e del suo vitigno principe, il Negroamaro, fra i più antichi d’Italia, che dall’intensità “nigra – mavros”, sa concedersi a miriadi di sfumature rosa, che ne serbano freschezza, profondità ed equilibrio”.

Quante bottiglie produce?
“Ho iniziato nel 2019 con una piccolissima produzione, appena 2.500 bottiglie, pensate oserei dire per un uso conviviale, quasi “personale”. Poi, in verità, sono cominciate ad arrivare le richieste da parte di amici ristoratori, enoteche e sommelier che lo avevano provato e, attraverso il passaparola e le richieste di poterlo provare, è riuscito ad approdare su alcune piattaforme online e a ricevere, nella sua primissima vendemmia, anche prestigiosi riconoscimenti. Inutile sottolineare la gioia infinita che ho provato. Una emozione fortissima. Quest’anno ho raddoppiato a 5 mila”.

Nel suo progetto seguiranno altri vini?
“Non c’è nulla di deciso, già riuscire a tenere insieme impegni istituzionali che mi tengono lontano da casa, la famiglia e la presenza politica sul territorio non è facile. Però non le nascondo che è un’esperienza talmente coinvolgente dal punto di vista emotivo, che sì mi piacerebbe poter produrre magari un bel rosso, sempre da Negroamaro. Magari regalerò una sorpresa tra qualche mese…

Qual è il futuro del vino pugliese?
“Per il frangente storico che stiamo vivendo, che ci ha schiacciato in una crisi economica senza precedenti, è difficile fare previsioni, in generale, per il vino italiano. Siamo alle prese con difficoltà e criticità di un mercato internazionale sempre più vulnerabile e mutevole. Rimango convinto che la strada imboccata negli ultimi anni dal vino pugliese, quello della grande qualità abbinata alla autoctonia, capaci entrambe di identificarci con chiarezza nel panorama internazionale, sia quella da continuare a percorrere senza esitazioni. Certo, ci sarà moto da fare, anche da parte delle Istituzioni, nel supportare con progettualità innovative e risorse importanti un settore che rappresenta una fetta importante del sistema economico-produttivo del nostro Paese e che, anche dal punto di vista culturale e turistico ci rappresenta all’estero, arricchendo l’appeal che i nostri territori sanno ben esercitare”.