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L'intervista

Aprire o non aprire? La nostra intervista (tripla) con i ristoratori milanesi

30 Maggio 2020
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di Michele Pizzillo

Abbiamo chiesto a tre ristoratori milanesi, con tre tipologie diverse di offerta gastronomica, qualche considerazione su come stanno vivendo la situazione difficile dell’emergenza sanitaria, per tentare di dare una risposta alla domanda: apriamo o aspettiamo?

O ad altre ancora, come “ci aiuteranno o ci abbandoneranno?”, “come stanno andando le cose?” “ce la faremo o dobbiamo chiudere definitivamente? Potrebbe essere spontanea una affermazione tipo “c’è solo la certezza dell’incertezza”, della continua sfornata di decreti come quello della ripartenza che è “solo” di 464 pagine e 256 articoli tra rinvi ad altre leggi e a futuri regolamenti in cui la burocrazia sguazza e tanto che, probabilmente, non basta avere tre lauree in tasca per capirli (considerazioni del costituzionalista Michele Anais). I tre ristoratori che abbiamo interpellato sono una vera diva della tv del suo paese – l’India – Ritu Dalmia, conduttrice di programmi di cucina di grande successo e una fan sfegata della cucina italiana, che due anni fa ha aperto a Milano Cittamani, sorta di punto d’appoggio per l’espansione del suo format in tutta Europa. E, che, sempre nel capoluogo lombardo, qualche mese fa, insieme a Viviana Varese, ha creato Spica; Wicky Priyan che è già un ulteriore piacere specialmente se si ha il privilegio di un posto nella saletta vista banco in modo da seguire Wicky all’opera: un capolavoro di abilità e precisione. Anche Wicky utilizza molti ingredienti nostri (guai a privarlo dei gamberi di Mazara e del tonno italiano); Mentre CantineMilano, creato da due giovanissimi fratelli pugliesi, Daniela e Angelo Altieri, è il ristorante che mancava nell’ampia offerta gastronomica meneghina. Perché, qui, si parte dal vino per approdare alla cucina, ovviamente quella mediterranea fatta con materie prime che gli Altieri si fanno mandare da selezionati produttori di tutte le regioni del Sud, senza trascurare le tipicità Lombardo-Veneto.

Nelle risposte indicheremo i ristoratori con il nome di battesimo.
Già pronto per dare la possibilità agli estimatori della sua cucina di poter riprendere a gustarla seduti ai tavoli del ristorante. Quando ha aperto?
Daniela: “La voglia di ripartire era tanta. Abbiamo aperto il 18 maggio, con il via in Lombardia e dopo aver adottato tutte le misure sanitarie per poter accogliere i clienti in sicurezza, in particolare igiene e prevenzione. Abbiamo posti a sedere più che dimezzati, non facciamo i numeri che facevamo prima, pertanto abbiamo davvero tempo e modo di controllare il rispetto delle norme, riuscendo, cosi, a lavorare in totale sicurezza. Speriamo di tornare presto alla normalità o meglio, ad una nuova normalità”.
Ritu: “Abbiamo aperto giovedì 21, non appena pronti a rispettare tutte le regole per la sicurezza dei nostri clienti e del nostro personale”.

Siete stati fra i primi a dare il via alle consegne a domicilio. Con quali risultati?
Daniela: “L’asporto non è un nostro punto di forza. Però è anche vero che le abitudini degli italiani, e soprattutto dei milanesi, sono cambiate, pertanto abbiamo studiato un menu adattabile anche all’asporto proprio per garantire piatti della cucina mediterranea di qualità a chi per paura o altre ragioni preferisce consumare i pasti a casa”.
Ritu: “Le consegne a domicilio sono state un buon modo per rimanere in contatto con i nostri clienti, per far sentire alle persone che non possiamo arrenderci e dobbiamo continuare a vivere e prenderci cura di noi stessi. Il risultato che volevamo e che abbiamo ottenuto era rendere più felici i nostri clienti”.
Wicky: “I nostri clienti sono ancora chiusi in casa, abbiamo una fascia di clientela molto prudente. Non voglio essere frainteso, ma i miei clienti al momento preferiscono usufruire del delivery piuttosto che mettere a rischio la propria salute. Quando tutti saranno pronti ad uscire, in quel momento l’economia ripartirà, così come il mio ristorante”.

Pensa di continuare l’asporto anche quando la pandemia è finita, magari potenziandolo?
Daniela: “Forse continuerò anche a pandemia finita, anche perché penso a genitori che hanno figli o anziani in casa e sono impossibilitati a frequentare ristoranti. Poi c’è tanta gente che lavora in smart working e anche questo ha determinato un cambio di orari legati alla pausa pranzo. Non ho intenzione di potenziarlo, ma sicuramente di continuare ad offrire un servizio di asporto di qualità. Abbiamo adattato il menù per trovare un punto di equilibrio tra la qualità, i tempi di consegna e la trasportabilità. Tutto in ogni caso viene preparato all’istante e subito consegnato a domicilio”.
Ritu: “Per il momento lo stiamo portando avanti, dovremo pensare a cosa fare in futuro. Un passo alla volta, insomma”.

Ha pensato, anche, a come riorganizzare il ristorante secondo le nuove regole? A qualche cambiamento nel menu?
Daniela: “Ho riorganizzato tutto in base alle nuove regole. Con le norme e restrizioni che ci hanno imposto non è facile, ma è questione di abitudine, sia per noi che per i clienti. Anche se per ora non è sempre possibile. Però vogliano offrire ai clienti il servizio che si aspettano. Ovviamente, per quanto detto sino ad ora, anche in cucina ci sono stati cambiamenti, ma i primi a spingere verso una riapertura sono stati proprio i nostri chef: ne ho tre e tutti e tre si sono “impuntati con me” per tenere i fornelli accessi, sia pure con i fuochi a minimo”.
Ritu: “Abbiamo dovuto apportare molte modifiche all’interno del ristorante per rispondere alle regole, soprattutto, per mantenere la giusta distanza tra i nostri ospiti, riprogrammando la disposizione dei nostri tavoli. Stiamo anche lavorando su un nuovo dehor per poter avere più coperti. Abbiamo riaperto con un nuovo menu, privilegiando piatti con materia prima di stagione, che affiancano i piatti storici di Cittamani”.
Wicky: “Ho pensato moltissimo a me come individuo, al mio modo di vivere in relazione a me stesso e agli altri. Non mi reputo solamente uno chef, so fare tante cose e in questo periodo mi sono dedicato molto anche alle mie altre passioni. Quanto al menù, lo cambio sempre, questo è il mio lavoro e continuerò a farlo”.

E’ convinto che dopo lo tsunami del Covid-19 bisogna ripensare l’offerta gastronomica?
Daniela: “Ne sono convintissima. Mai come ora è forte il desiderio di mantenere vivo il rapporto con la gente, portare nelle abitazioni e, almeno in alcuni casi, nelle aziende, quel calore che solo la buona tavola sa dare! E di certo il cambiamento non ci spaventa! Anzi, sarà occasione per tutti per migliorare alcuni aspetti che solo una pandemia così poteva mettere in luce”.
Ritu: “Ovviamente tutti dobbiamo iniziare a pensare fuori dagli schemi, il mondo sarà molto diverso dopo questo trauma. I menu devono essere più piccoli, solo prodotti freschi e tanti ingredienti ad alta immunità, che per fortuna le cucine indiana e asiatica hanno in abbondanza”.
Wicky: “Non credo ce ne sia bisogno. Bisognerà soltanto avere una maggiore accortezza per l’igiene e ci sarà da adeguare sempre meglio la propria offerta al delivery, che andrà avanti per molto ancora”.

Ritiene che l’emergenza sanitaria potrà convincere i suoi ospiti a privilegiare un determinato alimento a discapito di altri che finora erano molto richiesti?
Daniela: “No, non credo”.
Ritu: “Penso che quello che è successo in questo periodo è che le persone hanno davvero iniziato a cucinare a casa e usciranno per occasioni speciali o per gustare cucine che non possono preparare da sole a casa, quindi da quel punto di vista sono ottimista sul fatto che Cittamani e Spica lavoreranno dato che propongono un tipo di cucina che non si può cucinare facilmente a casa”.
Wicky: “Non credo. I miei clienti torneranno a mangiare quello che hanno sempre mangiato e proveranno le mie nuove proposte, come se nulla fosse cambiato”.

La sua proposta del dopo pandemia su quali alimenti punterà di più?
Daniela: “Con il mio team abbiamo studiato per più di un mese, provando e riprovando, cucinando nuove ricette e mettendo insieme ingredienti diversi tra loro proprio per offrire una proposta gastronomica genuina ed equilibrata servita in chiave gourmet, in piatti adattabili anche all’asporto”.
Ritu: “Come ho detto prima, sul cibo sano, su piatti complessi e di alta qualità, sul cibo internazionale, questo sarà il focus per le perone che mangiano fuori, perché la cucina casalinga preparata a casa sarà sempre più forte”.
Wicky: “Sicuramente privilegerò le spezie come la curcuma, fondamentali per il rafforzamento del sistema immunitario”.

E, quindi, non ci saranno problemi: gli ospiti continueranno a comportarsi così come facevano pre pandemia?
Daniela: “Al momento questo non è possibile, ma la voglia di tornare alla normalità è tanta”.
Ritu: “Assolutamente no, non credo che ci siamo resi conto fino ad ora delle conseguenze di questa epidemia. Le persone hanno paura, sono più consapevoli, quindi ciò che è più importante per i ristoranti è il fattore di fiducia, gli ospiti devono fidarsi al 100% del fatto che quando escono non si mettono in pericolo”.
Wicky: “Sì, certo”.

Che effetto ha avuto quando è entrato il primo ospite nel suo ristorante?
Daniela: L’emozione è stata davvero forte. Gli chef avevano gli occhi lucidi, io e mio fratello Angelo ci siamo guardati negli occhi, occhi lucidi, quasi a dirci: dai, ce la faremo anche questa volta. In fin dei conti, tutto questo lo abbiamo fatto per loro, per i nostri clienti! E sono loro a darci la forza per andare avanti, loro che nonostante tutto hanno il coraggio di ricominciare a vivere la normalità”.
Ritu: “Un senso di sollievo. Ho pensato che forse c’è ancora qualche speranza. È stato un momento molto difficile per noi, tra l’Italia e l’India, e sfortunatamente i ristoranti e le attività di ristorazione sono quelli che hanno sofferto di più e impiegheranno anche più tempo per tornare alla normalità, in questo momento si tratta di sopravvivenza, il risveglio è ancora qualcosa per il futuro”.

E’ stato un momento emozionante?
Daniela: “No, di più. Non saprei descrivere l’emozione! So solo che è stato più emozionante questo momento che il giorno dell’inaugurazione del ristorante”.
Ritu: “Al momento, se devo essere sincera, nulla è emozionante. C’è molta adrenalina nel destreggiarsi tra le guerre che stiamo affrontando ogni giorno per sopravvivere, ma un senso di felicità o eccitazione positiva è ancora piuttosto lontano”.

Non sarebbe stato meglio aspettare ancora un po’ prima di alzare la serranda?
Daniela: “Aprire in queste condizione “non conviene”. E mi piange il cuore a dirlo, ma è a dir poco antieconomico e capisco chi ha deciso di rimanere chiuso. C’è bisogno di una grande strategia imprenditoriale, oggi più di ieri. La ristorazione è una vera e propria disciplina e come tale richiede conoscenze gastronomiche ma anche tecniche, giuridiche, di marketing e culturali, del territorio in cui si opera”.
Ritu: Forse sì, ma non dimentichiamo che anche per il nostro team rimanere a casa e non fare nulla è uno stato d’animo molto inquietante. Le persone hanno bisogno di iniziare a fare qualcosa altrimenti, se non sarà il Covid-19 a distruggerle, lo sarà lo stato emotivo della mente. Sono ancora i primi giorni, stiamo valutando un giorno alla volta come andare avanti”.

Wicky probabilmente aprirà a giugno “ma è tutto da vedere, bisogna prima capire come reagiranno i clienti e come offrire un’esperienza del nostro livello in totale sicurezza”.

Perché questa indecisione sull’apertura, quando quasi tutti hanno sollecitato il decisore politico di abrogare il lockdown?
Wicky: “Questa situazione in Italia, e soprattutto in Lombardia, è stata uno choc. Ci stiamo prendendo il nostro tempo per capire la reazione dei nostri clienti. Tuttora molte persone non seguono le norme anti-contagio e, proprio per questo, temo che possa esserci un secondo picco epidemiologico. Ho paura di tornare nuovamente in lockdown e, se ciò accadesse, il mondo sarebbe davvero finito. Dovremmo pensare tutti insieme, ragionare per il bene comune, invece già da tempo vedo molte persone andare a spasso senza preoccuparsi dei rischi”.